Informatica: la governance non si fa con le parole

La crescita della società letta dal country manager Fredi Agolli. La data integration non consente disattenzioni. Iniziative custom da evitare. E con il cloud la complessità crescerà.

Il 2010 è stato un altro anno di successi per Informatica a livello globale, ma soprattutto in Italia. Lo sviluppatore che dalle tecnologie Etl per il datawarehousing ha allargato negli anni lo spettro delle sue soluzioni diventato oggi uno dei player principali del mercato della data integration ha chiuso il 2010 con un fatturato in crescita del 20% a circa 650 milioni di dollari ed ha aumentato inoltre il numero dei nuovi clienti (+282) e dei nuovi contratti (+1.292).

Per quanto riguarda il nostro Paese la crescita è stata pari a ben il 154%: «Per quanto i risultati a livello globale è il quinto anno consecutivo che la società cresce al 20%, significa che in un periodo che in parte è stato dominato dalla crisi generale dell’economia, Informatica ha comunque raddoppiato i suoi ricavi – spiega Fredi Agolli, country manager della filiale italiana della società -. In Italia abbiamo registrato un buon aumento dei clienti, oggi sono superiori a trenta, ma anche il riacquisto di importanti nuove soluzioni tecnologiche da parte di quelli acquisiti prima del 2010, la forte crescita quindi è stata generalizzata in tutti i settori, e non è riconducibile a specifici deal particolarmente ricchi. I segmenti più attivi sono comunque stati: banche, assicurazioni, pubblica amministrazione, retail e telecom provider».

I risultati confermano, secondo la società, come la domanda di strumenti per la data integration rimanga, comunque dopo anni, ancora attuale.
I dati di una ricerca svolta dall’inglese Dynamic Markets presso grandi aziende europee operative in Germania, Gran Bretagna e Francia ha sottolineato ancora una volta una situazione piuttosto sconfortante per quanto riguarda la gestione complessiva del patrimonio dei dati aziendali.

Il 75% dei professionisti It intervistati (la metà del campione complessivo, mentre il restante 50% era rappresentato da figure di business) afferma che il 25% delle applicazioni presenti nei sistemi informativi aziendali, e i dati relativi, non è mai stato utilizzato negli ultimi tre anni.
L’86% delle aziende consente l’accesso ai database aziendali in modo indiscriminato agli utenti aziendali sia in lettura che in modifica.
Il 40% lamenta l’eterogeneità e l’incompatibilità dei diversi database presenti in azienda e l’80% dei profili business legati alle attività di marketing non ritiene affidabili e precise le informazioni fornite.

Insomma, dopo anni in cui tutti hanno predicato, vendor e aziende utenti, la cura del dato come un obiettivo strategico per chi lavora con le informazioni per fare meglio il proprio business, il risultato è alquanto deludente.

Le ragioni di questa situazione sono tante, secondo Informatica, non ultimo il fatto che sebbene molte aziende dichiarino di disporre di policy e di procedure per la governance dei dati molto precise a cui si deve attenere il personale del dipartimento It, nella realtà non è poi così: «Quando incontriamo un’azienda il primo approccio dei nostri interlocutori è spiegarci che per quanto riguarda il trattamento dei dati tutte le cose sono già a posto – racconta Agolli – quando poi però chiediamo di risponderci a delle semplici domande come, per esempio, “qual è il numero preciso dei vostri clienti”, molti non riescono a rispondere e prendono consapevolezza del fatto che probabilmente c’è qualcosa da mettere a posto».

Il problema principale, secondo il manager, è comunque dovuto al fatto che ancora oggi la gran parte delle aziende a livello mondiale e anche in Italia risolve i problemi di integrazione ricorrendo allo sviluppo custom per realizzare integrazioni punto a punto, con la convinzione che questo faccia risparmiare: «Ma questa è una pia illusione, perchè il costo delle soluzioni custom si fa sentire con il tempo quando aumenta il peso della loro manutenzione, e infatti oggi il 75% delle aziende, ci dice la ricerca di Dynamics Markets, registra costi di manutenzione in crescita».

Inoltre, con l’affermarsi del cloud computing la complessità aumenterà ancora di più, poiché l’esigenza di integrazione applicativa si allargherà alle soluzioni fuori dal perimetro dell’It aziendale: «Si sta andando verso un modello di integrazione ibrida, dove convivono applicazioni e dati interni ed esterni. A questo proposito da diversi anni abbiamo sviluppato soluzioni d’integrazione verso i fornitori del mondo SaaS, da Salesforce.com a Workday, e in ultimo abbiamo annunciato un prodotto anche per NetSuite».

In questo periodo nel complesso dell’offerta di Informatica, emerge un forte interesse da parte delle aziende utenti per le soluzioni di information lifecycle management e master data management. «Le prime ci consentono di liberare l’ambiente di produzione dai dati che fanno riferimento ad applicazioni poco o mai utilizzate – spiega Agolli – riusciamo a spostare questi dati su altri device fisici meno performanti liberando risorse di storage significative; inoltre forniamo soluzioni per permettere il testing delle applicazioni su dati reali, ma salvaguardandone la sicurezza con funzioni di mascheramento dei dati sensibili, e riducendo i costi e i tempi lunghi che di solito l’It affronta quando per fare delle prove copia i database di produzione; in questo caso offriamo delle soluzioni di subsetting che possono essere configurate a seconda dei casi».

Le soluzioni per il master data management vanno invece nella direzione di risolvere il tema, non di oggi, delle tante verità che circolano in azienda che, conclude Agolli: «È ancora un problema di estrema attualità per molte realtà».

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome