I produttori di chip finiscono sotto accusa

A indagare sui possibili comportamenti anti-competitivi che gli stessi potrebbero tenere unendosi ‘a cartello’ è il Governo degli Stati Uniti, che ha già contattato Micron.

21 giugno 2002 Troppi accordi
strategici, troppe partnership, ma soprattutto troppe intese sottese fra i
produttori di microprocessori per stabilirne il prezzo sul mercato mondiale. E
il Dipartimento della Giustizia del Governo degli Stati Uniti indaga sulle
pratiche anti-competitive a opera di alcuni dei principali attori del settore.
Sotto accusa, però, non sarebbero di certo le Dram, le memorie più
comuni in commercio che, sebbene abbiano visto il proprio prezzo triplicare
dallo scorso mese di novembre a oggi, continuerebbero a rappresentare un
business scarsamente profittevole. Ne sanno qualcosa vendor del calibro della
statunitense Micron e delle Sud coreane Hynix Semiconductor sulle cui azioni,
l’annuncio dell’indagine in atto, avrebbe prodotto perdite rispettivamente
nell’ordine dei 15, 13 e 4 punti percentuali. Già contattata dai rappresentanti
del Dipartimento di Giustizia, Micron si è detta certa di non violato le leggi
anti-trust in vigore. Ciò non toglie che l’aumento indiscriminato del prezzo di
alcune delle componenti per memorie si sia tradotto in un ingente perdita
finanziaria per un gran numero di produttori di personal computer, letteralmente
alla mercè dei cosiddetti chipmaker. E ora i possibili accordi, come quello fra
Micron e Hynix (poi sfumato con profondo disaccordo del Governo Sud coreano),
vengono da più parti tacciati di accordo-cartello.
Una cosa è certa, però.
L’indagine statunitense non sembra giungere in un buon momento, visto e
considerato che, dopo un periodo particolarmente negativo, gli analisti di
mercato sembrano scorgere timidi cenni di ripresa per l’industria in questione e
i suoi rappresentanti. 

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