Dopo il cloud ci sarà la vera mobility

Dodici mesi passati a interpretare il “senso della nuvola” e dargli corpo. Cosa bisogna fare adesso per proseguire degnamente? Lo chiediamo a Bruno Melandri di Emc.

A suggello di una serie di incontri avuti in Italia nel corso dell’anno Nextvalue organizza a Milano per il primo luglio il convegno “Cloud Computing un anno dopo. Cio italiani e Cio europei a confronto”.

Vi partecipa anche Emc, che in fatto di cloud non ha mai fatto mancare il proprio impegno alla divulgazione e all’azione. Parliamo allora del fenomeno “nuvola”, delle sue implicazioni e del suo futuro, con Bruno Melandri, Emc Emea Practice Manager.

Cloud computing un anno dopo. In sintesi cosa è accaduto?

Il viaggio del cloud continua: leader di mercato come Emc, Cisco e Vmware hanno reso disponibili tecnologie abilitanti, come Vmax, Vplex, Vblock, Uim, Fast e molte altre; l’ecosistema dei fornitori di IaaS legati alla federazione Atmos si allarga mese dopo mese; alleanze stategiche di ecosistema si saldano per opporsi alle soluzioni monolitiche. È di poche settimane fa l’annuncio che ha visto Sap entrare pesantemente nel cloud rafforzando alleanze solide con Emc, Cisco, Vmware ed Intel.

E da qui ad un anno cosa accadrà?

Il viaggio continuerà. Come da roadmap, Emc continuerà ad integrare sempre più le sue tecnologie con gli ambiti on e off premise. Deduplicazione, sicurezza, evoluzioni della piattaforma di storage, aumento di funzionalità della piattaforma di teletrasporto Vplex, forti collaborazioni sull’offerta di on memory di Sap sono solo alcune delle novità attese nel prossimo futuro.

Avete girato l’Italia, che percezione avete avuto riguardo le differenze
territoriali?

Non vediamo differenze territoriali che vadano oltre quelle classiche del tessuto produttivo italiano. Se la maggior parte delle aziende è in una determinata area, questa sarà anche quella più interessata ad approfondire le innovazioni tecnologiche, tra cui il cloud. Parlando in generale si può dire che riscontriamo il maggiore interesse presso due tipologie di aziende: le realtà più grandi e strutturate e quelle magari più piccole, che però hanno molte interazioni con l’esterno: chi esporta molto, chi ha molti partner e via così.

Virtualizzazione, SaaS e cloud: in percentuale, i responsabili It italiani
che avete incontrato quanto sono consapevoli delle opportunità che offrono?

La percezione è variabile. Se la virtualizzazione ormai è accettata e considerata come un dato di fatto in azienda, il pensiero di spostare una parte dei propri dati e delle proprie applicazioni all’esterno, come accade in una classica infrastruttura cloud è ancora accompagnato da qualche preoccupazione. Riteniamo sia un fattore legato soprattutto all’innovazione dell’approccio, che quindi potrà essere superato con la formazione e soprattutto con il ritorno concreto ottenibile sul campo.

E sempre in percentuale, quanto adottano virtualizzazione, SaaS e cloud?

La prima fase della virtualizzazione come via al consolidamento spinto per risparmiare sui costi di acquisto è nell’agenda di molti Cio. L’ utilizzo di IaaS e PaaS è da noi ancora sperimentazione. Qualche fuga verso il SaaS c’è stata e ci sarà; in particolar modo la piccola e media impresa guarda con interesse ai servizi di collaboration, come la posta e Crm. Con l’entrata in campo di Microsoft e Sap, per citarne un paio rilevanti, scelta e competizione crescono.

Tutto è bene ciò che finisce in cloud o vanno fatti dei distinguo?

Se cloud significa ottimizzazione, razionalizzazione delle risorse, minore impatto sull’ abiente allora sì, tutto è bene ciò che finisce in cloud.

Cio italiani e Cio europei, che differenze ci sono per voi?

Non ci sono differenze strutturali, ovviamente. Spesso i Cio europei hanno una visione di insieme che da noi ancora manca, e penso soprattutto al Regno Unito ed al Nord Europa, dove tradizionalmente l’innovazione arriva prima che in Italia. La congiuntura economica non aiuta, ed i nostri Cio più spesso sono costretti ad amministrare e gestire piuttosto che a innovare. In altri paesi, anche in questi momenti si cerca di mantenere l’innovazione nell’It, con l’ottica dell’investimento sul futuro.

E in generale, C-level italiani ed europei che differenze evidenziano?

Si rispecchiano differenze simili, una maggiore capacità di gestione e una visione di insieme che da noi ancora un po’ manca, e non per scarsa preparazione delle persone, ma per una generale abitudine all’operatività e per un quadro normativo che certo non aiuta e non stimola l’innovazione. Detto questo, ci sono molti casi di eccellenza in Italia, ma sono appunto casi, manca un tessuto generale che in altri paesi è più presente.

Capex e Opex sono oramai nello slang dei Cio? È giusto così?
Lo sono sempre stati anche se in una fase di evoluzione tecnologica esponenziale e di difficoltà economica è solo cambiata la priorità. Invece che investimenti quinquennali su tecnologie che invecchiano in due, standardizzazione, agilità, gestione, anche finanziaria, e spostamento a modelli “per-use” sono sempre piu presi in considerazione.

Dopo il cloud quale tecnologia potrà dare una mano al Cio?

Dopo il cloud? Il vero cloud: la mobility. E non solo ai Cio; alle aziende ed anche al sistema paese. Basti pensare all’ uso sistematico e pervasivo di personal device dallo smartphone all’iPad agli ebook che sono sempre piu presenti come gadget tecnologico tra le mani di fasce sempre piu estese di utenti. Cosi come i mulini e le centrali di distribuzione dell’elettricità non sono apparsi dal nulla ma sono stati il punto di arrivo di complessi processi evolutivi sociali, culturali e tecnologici non sempre percepiti nella loro completezza mentre erano in corso, credo che lo stesso si stia verificando per il cloud computing. L’Amministrazione americana ha già iniziato ad analizzare come consolidare e ottimizzare i servizi del settore pubblico. Da noi lo slancio è ancora molto debole, anche per retaggio culturale. Certo che anche le infrastrutture per la banda dovranno necessariamente continuare ad evolvere.

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