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CSR, Thoughtworks: costruire un futuro equo e sostenibile con la tecnologia

Responsabilità sociale di impresa, in inglese CSR: è la sfida del momento (e del futuro) con cui dovranno fare i conti tutte le organizzazioni, e il mondo It non fa certo eccezione. Intervistiamo per voi i leader di settore, svelandone strategie, impostazioni e focus d’azione. La tecnologia al servizio di società più eque ed inclusive non è uno slogan privo di contenuti, ma un obbiettivo concreto.
Del resto le aspettative dei cittadini sono elevate e impossibili da ignorare:
una ricerca del World Economic Forum realizzata assieme ad Ipsos ha svelato che l’86% delle persone intervistate vorrebbe miglioramenti significativi in termini di inclusività ed equità sociale.
01net ha quindi deciso di intervistare le aziende più prestigiose del mercato It, chiedendo loro in che modo è cambiato il loro modello di business per accogliere queste importanti istanze.

Thoughtworks è una società di consulenza tecnologica internazionale che integra strategia, design e sviluppo software per guidare l’innovazione digitale. L’azienda impiega oltre 11.000 persone in 49 uffici in 17 Paesi. Da più di 25 anni Thoughtworks produce risultati concreti per le aziende clienti, aiutandole a risolvere problemi di business complessi attraverso la tecnologia e a creare la propria personale impronta digitale. Thoughtworks è presente in Italia con una propria filiale e uffici a Milano.

Ha risposto alle nostre domande Valeria Della Rosa, head of Client Services di Thoughtworks Italia.

La Corporate Social Responsibility sta determinando importanti cambiamenti nel modo di operare e produrre delle organizzazioni. Etica e profittabilità sono ancora temi opposti, oppure possono convivere con successo?

Prima di parlare di responsabilità sociale d’impresa, mi permetto di fare una piccola premessa personale. Dopo venti anni all’estero, quasi due anni fa, sono rientrata in Italia per entrare in Thoughtworks.

Questo periodo fuori l’ho passato lavorando per diverse organizzazioni internazionali focalizzate su paesi emergenti ed in via di sviluppo. Mi sono occupata a lungo di imprenditoria, inclusione ed altre tematiche importanti per la crescita sostenibile di un Paese. Poi sono passata alla tecnologia, non solo per il ruolo che poteva avere nel rendere l’operato dell’istituzione per cui lavoravo più efficiente ed efficace, ma per il potenziale che poteva avere come strumento ed acceleratore d’impatto, sia economico che sociale.

Il passaggio da un’istituzione finanziaria internazionale pubblica ad una consulenza tecnologica piuttosto di nicchia come Thoughtworks in realtà non è stato per niente casuale.

Thoughtworks nasce negli anni Novanta a Chicago, USA con l’ambizione audace di voler rivoluzionare l’industria tecnologica.

Il nostro Chief Scientist, Martin Fowler, è stato co-autore del Manifesto for agile software development nel 2001 che effettivamente ha profondamente cambiato il modo di sviluppare software nel mondo. Allo stesso modo approcci quali DevOps, microservices e Infrastructure As Code sono anch’essi nati in Thoughtworks.

Eppure, meno persone sanno che i nostri dipendenti di anno in anno ci ritengono nei primi 10 contributori globali di software open source. Bahmi il sistema operativo gestionale ospedaliero che abbiamo sviluppato in open source ed in uso in 50+ Paesi con oltre 2 milioni di fascicoli sanitari proprio quest’anno è stato riconosciuto Digital Public Good, pochi mesi dopo essere stati quotati sul NASDAQ. Ogni anno pubblichiamo nel nostro Social Impact Report, tutto il nostro operato in ambito di social change.

Valeria Della Rosa, head of Client Services di Thoughtworks Italia
Valeria Della Rosa, head of Client Services di Thoughtworks Italia

Ad oggi Thoughtworks, che nell’ultimo quarter ha annunciato un fatturato di 320.9 milioni di dollari nel primo quadrimestre del 2022, ha nella propria missione quello di creare un impatto straordinario nel mondo attraverso la nostra cultura e la nostra eccellenza tecnologica. L’idea di rivoluzionare il settore tecnologico rimane esplicita, così come il desiderio di generare un cambiamento sociale positivo e promuovere un futuro tecnologico equo.

Ho fatto questa premessa perché i fatti parlano da sé: ambire oltre la bottom-line è chiaramente possibile. A titolo personale aggiungerei inoltre che ripaga. Non tanto perché oramai la CSG (Corporate Social Governance) così come gli obiettivi di ESG (Environmental, Social, Corporate Governance) sono fortunatamente passati dall’essere facoltativi a un imperativo di business. Quanto invece perché credo siano ormai le persone, sia in loro vece di consumatori che di dipendenti, che hanno sempre di più un’esigenza intrinseca di fare scelte ed adottare stili di vita allineati con i propri valori. Per questo credo che etica e profittabilità debbano necessariamente convivere tra di loro.

Essere inclusivi e aperti ad ogni tipo di minoranza: un’affermazione che, in passato, è stata più dichiarazione di principio che concreta realtà. Quali sono le vostre policy da questo punto di vista?

Ad oggi Thoughtworks, che nell’ultimo quarter ha annunciato un fatturato di 320.9 milioni di dollari nel primo quadrimestre del 2022, ha nella propria missione quello di creare un impatto straordinario nel mondo attraverso la nostra cultura e la nostra eccellenza tecnologica.

La cultura di un’azienda si respira come l’aria, non basta scrivere che è pulita. In Thoughtworks crediamo che la diversità, l’equità e l’inclusione hanno il potere di creare cambiamenti sociali trasformativi. È per questo che puntiamo ad includere tutta la società, sia nella nostra comunità di impiegati, che attraverso la nostra tecnologia. Rifiutiamo categoricamente la discriminazione e miriamo a creare per le nostre persone un luogo di cui potersi sentir parte, dove poter crescere e dove si può avere la certezza di essere rispettati, al sicuro e valorizzati.

Al di là delle parole, mettiamo sia gli obiettivi che i risultati di cui siamo fieri ma sempre consapevoli di poter migliorare. A stretto giro puntiamo al 40% di donne e minoranze di genere sottorappresentate (WUGM – Women and Underrepresented Gender Minorities) nei ruoli tecnologici entro la fine del 2022. Nel nostro settore è un’ambizione che richiede impegno ma i nostri risultati alla fine di marzo 2022 sono incoraggianti.

Thoughtworks

D’altronde, in ogni caso, le persone poi traggono le loro conclusioni. Il passo del cambiamento della tecnologia non è mai stato così veloce; quindi, è chiaro che anche la cultura da sé non basta nel nostro settore. Trattenere il talento oggi è sempre più complesso, soprattutto perché siamo in un mercato ormai globale; ma noi approcciamo il problema esattamente nello stesso modo in cui ci poniamo verso le sfide dei nostri clienti e definiamo per loro le soluzioni tecnologiche più appropriate. Ad oggi, il nostro turnover di staff globale è del 20% al di sotto della media del settore.

Parlare di responsabilità sociale sarebbe impossibile senza riflettere sull’integrazione con le comunità in cui le società operano. Che progetti avete per il nostro Paese?

Se pur sin dall’inizio in Thoughtworks avevamo un’idea molto definita di come poter creare tecnologia in modo giusto, nel tempo abbiamo iniziato a incapsulare nel nostro lavoro una nozione di tecnologia responsabile, sviluppata non solo per risolvere un problema, ma anche in modo da agire creando il minor danno possibile. Alla base c’è la capacità di riconoscere le conseguenze non desiderate delle scelte che compiamo.

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Mettendo insieme tecniche strutturate, strumenti e metodi definiti da altri soggetti, abbiamo realizzato recentemente, il Responsible Tech Playbook, una guida che aiuta le aziende a prendere decisioni migliori sulla tecnologia. Porsi delle domande è essenziale. I gruppi di persone che testano i prodotti e servizi in fase di sviluppo conoscono veramente gli utenti finali a cui si rivolgono? E c’è un’adeguata rappresentanza? La qualità e l’accuratezza dei dati usati per alimentare le soluzioni data-driven è sufficiente, e i dati sono liberi dal bias? Nella progettazione, si tiene conto adeguatamente dell’usabilità e dell’accessibilità? Le scelte sono in linea con gli obiettivi di sostenibilità o potrebbero avere un impatto negativo sull’ambiente? Questo approccio rappresenta il modo in cui da sempre sviluppiamo software. I metodi sono diventati più sofisticati negli anni ma il principio alla base è rimasto lo stesso: non fare la cosa sbagliata. Vogliamo sviluppare soluzioni tecnologiche che siano non soltanto utili, ma giuste.

In Italia miriamo a fare esattamente questo. Con i piani già messi in atto dal PNRR, l’Italia vedrà un salto quantico in materia di digitalizzazione per il Paese, e ci auguriamo che sia fatto con la nostra ottica di tecnologia responsabile, garantendo i diritti fondamentali delle persone, il benessere della nostra società e la sostenibilità del nostro pianeta. Nella nostra pipeline abbiamo dei progetti molto interessanti e speriamo di poterli realizzare.

Il welfare aziendale, molto sviluppato nelle nazioni del nord Europa, ha fatto fatica ad affermarsi in modo organico in Italia. Nelle vesti di leader It, in che modo agevolate la vostra forza lavoro?

In Thoughtworks crediamo che la diversità, l’equità e l’inclusione hanno il potere di creare cambiamenti sociali trasformativi.

Creare un ambiente di lavoro non solo accogliente ma anche dinamico che appassioni la nostra comunità di professionisti tech, per noi vuol dire anche offrire benefit a 360 gradi che supportino gli obiettivi di crescita personale e professionale oltre alla salute fisica e mentale. Ci distingue il nostro percorso formativo che inizia dalla Thoughtworks University, un programma immersivo al nostro approccio di lavorare. La formazione poi è continua, i nostri impiegati hanno accesso illimitato a risorse interne ed esterne di online learning ma non solo. Da sempre promuoviamo lo sviluppo della nostra conoscenza in ambito tech e per questo abbiamo sostenuto i nostri colleghi a pubblicare più di 100 libri.

Inoltre, in Thoughtworks c’è spazio per modi di pensare differenti e divergenti: la neurodiversità per noi è un valore aggiunto e di questo andiamo fieri. Dopotutto produciamo idee e soluzioni e per fare questo bene coltiviamo la diversità e anche qualche pausa con periodi sabbatici pagati da 6-12 settimane a seconda dell’anzianità in azienda.

In ultimo, impossibile non parlare di sostenibilità ambientale, anche alla luce della COP26 e della fortissima sensibilità sulle tematiche da parte dell’opinione pubblica. Come avete progettato la vostra roadmap per ridurre la vostra impronta ecologica?

Vogliamo sviluppare soluzioni tecnologiche che siano non soltanto utili, ma giuste.

La considerazione degli impatti ambientali sta diventando più rilevante tanto per i nostri clienti, quanto per noi operatori di tecnologia. La tecnologia presenta sia sfide che opportunità quando si parla di sostenibilità. Da una parte, la tecnologia è una delle principali fonti di cambiamento climatico e molte aziende tecnologiche stanno cercando di affrontare questo problema sia costruendo data center efficienti – dal punto di vista energetico – sia adottando fonti di energia rinnovabile, analizzando i loro fornitori e le catene di approvvigionamento, o sviluppando applicazioni che consumano meno sia nella loro creazione che nel loro funzionamento continuo. Dall’altra parte la tecnologia può anche aiutare a rendere la nostra vita quotidiana più sostenibile, per esempio quando si parla di smart city e di ottimizzazione del traffico per ridurre l’inquinamento.

Per i nostri clienti abbiamo sviluppato un’intera offerta di sustainability solutions che vanno dal green cloud alle considerazioni di sistema e sulle supply chain proprio per ottimizzare l’impronta ecologica di ogni azienda. Per quanto riguarda il nostro contributo più diretto, siamo tra i fondatori della Green Software Foundation e stiamo lavorando attivamente su un numero di progetti per rendere lo sviluppo di software stesso più green.

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