C’è vita nella nuvola, magari shared

Un panel al CeBit fra Fujitsu, Google, Ibm, Intel e Vmware dipinge un paesaggio noto. Se in primo piano gli oggetti sono delineati, appena ci si allontana la situazione non pare più molto organizzata.

Il Cloud Computing Summit ha visto i dirigenti di Ibm, Intel, Google, Vmware e Fujitsu affrontare sfide ed opportunità offerte dal cloud.

“Di coloro che hanno adottato il cloud, nessuno è mai tornare indietro”, ha dichiarato Sebastian Marotte (Google). Ma se egli è stato decisamente positivo, gli altri sono stati più accorti ed hanno sollevato più d’un avvertimento, manifestando problemi se non rischi. “L’impressione generale sembrava essere che Il cloud computing arriverà certamente, ma non facciamoci travolgere”, nelle parole di David Price di PcAdvisor.

Paul Strong (Vmware) ha affermato che il cloud computing, edificato su un’evoluzione della tecnologia, potrebbe essere un cambiamento rivoluzionario.
Ma Dirk Wittkopp (Ibm) ha risposto con maggior cautela: “Può essere una rivoluzione, ma non bisogna buttare via ciò che si ha oggi”, ha detto.
Andre Kiehne (Fujitsu) ha espresso un concetto analogo: “C’è vita nella nuvola”, preferendo parlare di una combinazione tra infrastrutture esistenti e nuovi servizi. “Ma il cloud è ancora in minoranza, e c’è ancora una buona opportunità per il software tradizionale”.
Kiehne è stato il ponte tra l’assolutismo di Google e l’approccio degli altri, che per la maggior parte ritengono che il ‘modello ibrido’ sia il giusto approccio, almeno per il momento.

Private Shared Cloud
Ma ci sono anche svariati problemi: i primi due sono sicurezza ed affidabilità. Per questo Kiehne ha suggerito che in alcuni casi la soluzione migliore potrebbe essere nel private cloud, eventualmente condiviso da un certo numero di aziende di fiducia reciproca.

Un ulteriore problema potrebbe riguardare la larghezza di banda. Wittkopp ha sottolineato che, per come stanno le cose, abbiamo ancora bisogno di considerare con attenzione che cosa può e cosa non può essere fatto con il cloud.
Paoul Strong (Vmware) ha convenuto che i dati hanno massa, e che questo presenta una sfida seria per il cloud. Ha poi aggiunto che le leggi internazionali sulla privacy stanno contribuendo al mal di testa degli esperti, obbligando i gestori a considerare le implicazioni legali di memorizzare dati cloud-based in vari datacenter di tutto il mondo.
E il punto finale è l’interoperabilità, come la maggior parte dei membri del panel ha sottolineato. Le norme sono ancora dolorosamente necessarie per rendere il cloud computing una realtà: “Per garantire una buona esperienza utente è molto importante la cooperazione”, ha dichiarato Christian Morales (Intel).

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