Bisogno di configurazione

Quando lo sviluppo in Java diventa indiscriminato, è il momento di pensare all’application management. E per qualcuno questa è anche un’opportunità di business

21 ottobre 2002 Da piu’ parti, complice l’anticipata “era dei Web
service” (che, pero’, pochi hanno visto albeggiare) arrivano inviti a mettere
ordine in quanto sviluppato.
Specie in Java.
Se i
vantaggi del linguaggio creato da Sun sono stati immediatamente percepibili a
quanti hanno avuto la forza di affrancarsi, magari temporaneamente, dal mondo
Microsoft, non altrettanto lo sono stati gli svantaggi.
O, perlomeno, i
rischi che sarebbero provenuti da un indiscriminato sviluppo in Java, idealmente
collegato ai giustificati entusiasmi generati dalla portabilità della
piattaforma.
Fra i risultati di questo ineccepibile successo, ci sono i
guasti” della democrazia.
Ovvero: qualsiasi forma di
partecipazione, va governata, pena il caos. Ed e’ quello che patirebbero alcuni
utenti, sotto forma di senso di confusione da Java. In termini pratici, non ci
sono linee di demarcazione netta al creato e al creabile, in termini di
strutture Java-based, per cui gli utenti risulterebbero spiazzati dalla
sovrabbondanza di tool.
Il che potrebbe accadere anche nel mondo Windows, se
non ci fosse la longa manus di Redmond, che, sara’ antipatico ammetterlo, sotto
questo aspetto funziona.
La situazione non e’ irirmediabile.
Anzi.
Costituisce una finestra di business per aziende (anche italiane; una su tutte:
Hal Ks) che fanno dell’application management un vessillo da
portare ben in alto, in casa di tutte quelle società che hanno creduto anzitempo
nella riutilizzabilità degli oggetti di business e nel
multiplatform.

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