quantum computing Ibm

In occasione dell’American Physical Society March Meeting del 2019, Ibm ha reso noti i notevoli risultati ottenuti nel quantum computing. In particolare lo ha fatto annunciando il più alto Quantum Volume ottenuto fino a oggi.

Il Quantum Volume, spiega l’azienda, è una procedura di misurazione, sviluppata da Ibm, che determina quanto sia potente un computer quantistico. Più il Quantum Volume è alto, più i computer quantistici hanno la potenzialità di risolvere i problemi complessi del mondo reale. Problemi quali simulazioni di chimica, modellizzazione del rischio finanziario e ottimizzazione della supply chain.

La corsa del quantum computing

Ibm ha reso noto di aver raddoppiato la potenza dei suoi computer quantistici ogni anno dal 2017. L’azienda ha reso disponibili al pubblico per la prima volta i computer quantistici nel maggio 2016, attraverso il servizio cloud Ibm Q Experience. Ne abbiamo parlato qui e qui.

quantum computing IbmDi recente, l’azienda ha svelato il computer quantistico Ibm Q System One, con un processore da 20 qubit di quarta generazione. Questo sistema ha prodotto un Quantum Volume di 16. Circa il doppio rispetto agli attuali dispositivi, che hanno un Quantum Volume di 8.

Una varietà di fattori, spiega Ibm, determinano il Quantum Volume. Tra questi ci sono: numero di qubit, connettività e tempo di coerenza, errori di gate e di misurazione. Nonché cross-talk del device ed efficienza del compilatore del software del circuito.

Oltre a produrre il più alto Quantum Volume di sempre, le prestazioni dell’Ibm Q System One mostrano alcuni dei più bassi tassi di errore mai misurati da Ibm. Per costruire un computer quantistico completamente funzionale, su larga scala, universale e fault-tolerant, sono richiesti tempi di coerenza lunghi e bassi tassi di errore.

Una nuova roadmap per l’informatica quantistica

Per Ibm, il Quantum Volume è una metrica fondamentale delle prestazioni, che misura i progressi nel perseguimento del Quantum Advantage. Vale a dire il punto in cui le applicazioni quantistiche offrono un vantaggio significativo e pratico rispetto ai computer classici.

Potenziali casi d’uso sono già stati studiati dai partner di Ibm Q Network. Per raggiungere il Quantum Advantage negli anni 2020, Ibm ritiene che avremo bisogno di continuare almeno a raddoppiare il Quantum Volume ogni anno.

Una timeline che sembra ricalcare nell’ambito del computing quantistico quello che rappresenta la “Legge di Moore” nell’ambito classico. È infatti la stessa Ibm a fare un parallelo con la scoperta di Gordon Moore del 1965.

I progressi del sistema Q dal 2017, evidenzia Ibm, presentano un analogo modello di crescita iniziale. Con ciò supportando la premessa secondo cui il Quantum Volume dovrà raddoppiare ogni anno. E presentando una chiara roadmap verso il raggiungimento del Quantum Advantage. Quella che Ibm indica e propone, dunque, è una nuova roadmap per l’informatica quantistica.

Importanti risultati anche in Italia

Di recente uno studio del Dipartimento di Scienze Matematiche, Fisiche e Informatiche dell’Università di Parma è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Physics. Lo studio tratta un importante risultato in cui un computer quantistico viene utilizzato per interpretare complessi esperimenti su nano-magneti molecolari. Questo dimostra la potenza di un hardware quantistico nello studio di nanosistemi.

Il lavoro è frutto di una collaborazione tra Università di Pavia (prof. Gerace e dott. Tacchino), Ibm Research Laboratory di Zurigo (dott. Tavernelli) e Ibm Italia (dott. Grossi).

La ricerca per la progettazione di nuovi materiali, spiega il team, richiede di comprendere la dinamica di nanosistemi. E questa è governata dalle leggi della Meccanica Quantistica. Simulare tale evoluzione è un obbiettivo estremamente difficile per calcolatori tradizionali. Per questo la ricerca è limitata attualmente a sistemi molto ridotti.

Al contrario un computer quantistico, che basa il suo funzionamento sulle stesse leggi, è in grado di mimare l’evoluzione di altri sistemi quantistici sconosciuti in modo estremamente più efficiente. Ciò apre enormi prospettive nella ricerca di nuovi materiali, in particolare nell’ambito di future nanotecnologie.

Quantum computing per le future nanotecnologie

La ricerca ha sfruttato i prototipi di chip quantistici di Ibm basati su circuiti a superconduttore, tra cui il nuovissimo Ibm Q 20 Tokyo. Al contrario dei bit usati per codificare l’informazione nei calcolatori tradizionali, le unità elementari di questi computer del futuro sono bit quantistici. I quali possono esistere in stati di sovrapposizione di 0 e 1, rendendo tali dispositivi enormemente più performanti.

Lo studio ha dimostrato, tramite simulazioni sui chip quantistici di sistemi modello, che un computer quantistico può essere utilizzato per interpretare avanzati esperimenti di diffusione anelastica quadri-dimensionale di neutroni su nanomagneti molecolari.

Tali esperimenti, infatti, costituiscono un punto di partenza fondamentale per lo studio di queste molecole, che potrebbero costituire le unità elementari di future nanotecnologie quantistiche, nonché memorie ad alta densità in dispositivi elettronici.

All’alba della seconda rivoluzione quantistica, in una fase in cui i computer quantistici sono ancora prototipi in via di sviluppo, un contributo importante del team è stato dato anche nella caratterizzazione delle principali sorgenti di errore durante l’implementazione dei calcoli quantistici. Ciò ha permesso di correggere tali errori e fornire importanti indicazioni per lo sviluppo di chip più performanti.

La collaborazione tra Università di Parma e Ibm continuerà nell’ambito della convenzione recentemente firmata tra i due partner.

Maggiori informazioni sono disponibili sul sito dell’Università di Parma, a questo link.

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