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Perché tutti parlano di blockchain ma pochi la usano

Blockchain è la tecnologia emergente più pronunciata e meno utilizzata. le tecnologie emergenti. Risulta da una ricerca sulla Retail Transformation elaborata dal Digital Transformation Institute e Cmft in collaborazione con Assintel ed Swg.

Solamente l’11% degli intervistati dichiara di sapere cosa sia, a fronte di un 19% che ne ha sentito parlare ma non sa di cosa si tratti e un 52% che ammette di non avere mai sentito questa parola.

A mò di confronto, gli stessi consumatori intervistati riguardo i social network ammettono una conoscenza del 69%, intelligenza artificiale (34%), realtà aumentata e virtuale (32%), Big Data (15%) e IoT (14%).

Come è stata fatta l’indagine

L’indagine è stata condotta, tra agosto e settembre 2018, con tecnica Cawi/Cami (Computer Aided Web/Mobile Interview) su un campione nazionale di 1.000 utenti rappresentativo della popolazione italiana per genere, età e zona di residenza. Per le aziende il campione è rappresentato da associate Assintel, associazione nazionale di riferimento delle imprese ICT e digitali di Confcommercio-imprese per l’Italia.

Cosa significa blockchain

Alcuni utenti hanno definito blockchain come “un database distribuito che sfrutta la tecnologia peer-to-peer” o come “un archivio storico aperto che condivide tutte le transazioni ad esempio di bitcoin”. Molti hanno associato la parola a certificazione, sicurezza, criptovaluta e bitcoin.

Come emerso per le altre nuove tecnologie oggetto della ricerca, anche per blockchain, a fronte di una percentuale di utenti che ammette di conoscere il significato della parola, sono pochi quelli che hanno effettivamente sperimentato e utilizzato la tecnologia.

Ad aver effettuato acquisti in criptovaluta in modo regolare, per esempio, sono soltanto il 3% degli intervistati, contro un 81% che afferma di non averle mai utilizzate (15% in non interessati).

Circa le possibili applicazioni della blockchain, i consumatori giudicano migliore l’intermediazione virtuale rispetto a quella nell’acquistare un’auto senza dover gestire la burocrazia del passaggio di proprietà (59%), nel garantire l’autenticità di un titolo di studio o di altro documento (57%), nel riconoscere l’identità di una persona o di un’organizzazione (50%) o nel certificare la provenienza di un prodotto alimentare senza la necessità di organismi di verifica e certificazione (45%).

Blockchain in azienda

Per le imprese la situazione non è diversa da quella dei consumatori: le applicazioni relative a blockchain presentano un utilizzo nullo o molto basso per il 65% delle intervistate, mentre sono solo un 13% quelle che ne fanno un uso medio-alto. Non molto diversa la situazione futura, visto che solo il 22% delle imprese s’immagina di usare blockchain, a fronte di un 43% che pensa a un utilizzo nullo o medio basso.

Nei prossimi tre anni la situazione risulta essere non molto molto differente: criptovalute non saranno prese in considerazione dal 54% delle aziende; crowdfunding dal 35%; smart property dal 32%. Una previsione che va oltre i tre anni fa registrare un 27% delle aziende interessate al prediction market, un 22% al crowdfunding, un 19% agli smart contrats e un 16% agli energy markets.

Tecnologia lontana dai consumatori

Secondo Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute, “I risultati non devono stupire in quanto parliamo di una soluzione che, uscendo dal ristretto nucleo di chi a vario titolo se ne occupa, è ancora giovane e lontana dai consumatori. Molti ne hanno sentito parlare in relazione ai bitcoin, ma la maggior parte degli utenti internet ne ignora completamente l’esistenza. Se consideriamo che nel caso di sistemi di diffusione molto più larga, come il cloud computing, meno della metà degli utenti ne conosce l’esistenza pur usandoli quotidianamente, non è così strano che pochi sappiano di cosa si tratta. Ciò non necessariamente sarà un limite all’adozione di soluzioni basate su distributed ledger technology, ma è bene che le aziende riescano, a medio termine, ad inquadrarne le reali caratteristiche ed i vantaggi concreti, anche per uscire dal momento attuale di hype, nel quale si propongono soluzioni basate su blochchain anche per fare il caffè”.

Per Mario Sassi, Direttore Generale del Centro di Formazione Management del Terziario, Cfmt, “La dimensione di consapevolezza delle imprese è centrale per favorire un corretto sviluppo di questa tecnologia. In questo momento le distributed ledger technology stanno vivendo un momento di passaggio da tecnologia di nicchia a soluzione diffusa, ed è di fondamentale importanza che i manager delle aziende, anche delle Pmi, siano consapevoli delle reali possibilità per comprendere come implementarle nel business”.

Per il presidente di Assintel Giorgio Rapari “In questo contesto ci sono almeno due elementi che vanno presi in considerazione: da una parte l’azione delle Istituzioni, che devono sostenere il corretto sviluppo di questa tecnologia per consentire al nostro sistema di imprese di mantenere un buon livello di competitività. Dall’altra la capacità delle aziende di Information Technology di veicolare in maniera corretta le opportunità di queste soluzioni verso le aziende clienti: il ruolo degli operatori IT è sempre più importante, in un contesto in cui tali attori stanno diventando da fornitori di soluzioni a partner di servizio. La complessità della tecnologia e dei suoi sviluppi è tale da dare un ruolo di grande responsabilità a chi propone soluzioni digitali, in quanto tali soluzioni hanno un impatto sostanziale sul business”.

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