Tra rane e vino, Ict Trade gioca la carta del realismo positivo

Basta piangersi addosso, è stato il leit motiv dei due giorni di Milano. È il momento di cambiare, abbandonando la comfort zone e trasformando radicalmente le imprese.

Se le premesse che avevano accompagnato il lancio della Special Edition di Ict Trade non erano delle migliori – il mercato in calo, il perdurare della crisi, l’incapacità di fare sistema, un rischio default comunque troppo a portata di mano per poter essere considerato scongiurato – l’aria che si è respirata nei due giorni dell’evento di Milano è stata sicuramente diversa.

Le difficoltà ci sono, e l’evidenza non può essere negata, ma c’è anche la voglia e il bisogno di uscirne.

Nel convegno che come tradizione apre la due giorni di lavoro chi è intervenuto non si è limitato a cercare di lanciare messaggi vagamente rassicuranti, troppo distanti dal sentire medio, ma ha puntato il riflettore sulle onde da cavalcare.
Che per fortuna ci sono.

Perché al di là delle comprensibili divergenze di vedute tra chi considera questa fase di fatto una guerra e chi preferisce evitare l’immagine del conflitto, alla fine su una cosa tutti sono sembrati d’accordo: molti operatori si sono lasciati rassicurare dalla loro comfort zone, scoprendo troppo tardi di essere in pericolo.
A porre l’accento su questo aspetto è stato per primo Giampiero Lotito, founder della startup FacilityLive, che ha citato il famoso aneddoto della rana bollita.
“Anche venti anni fa abbiamo attraversato un momento difficile – ha ricordato -. Eravamo nel pieno della svalutazione della lira rispetto al marco. In quel momento stava partendo la prima rivoluzione digitale. La vera differenza, rispetto ad allora, che in quel caso si poteva davvero parlare di una rottura radicale; oggi siamo in una fase evolutionary, come la si definisce, di una rivoluzione guidata dall’evoluzione, incapace di cambiare completamente le cose. Per questo rischiamo di fare la fine delle rane bollite, ferme nella loro comfort zone, senza accorgersi che stava diventando troppo tardi per reagire!“.
E in questo contesto, nel quale il Paese sembra carente di tutto, rispetto, moneta onestà intellettuale, impegno, bisogna fare qualcosa: ”investire per non essere investiti”.

È sferzante Nicola Ciniero, amministratore delegato di Ibm, quando sostiene con forza che ”piangersi addosso non serve a niente”.
Il Paese ha vissuto ciclicamente periodi di crisi, ricorda citando il 1979, il 1989, il 1999.
Il problema vero oggi è che spariscono i grandi clienti.
”E questo ci porta un problema concettuale-psichiatrico nel tornare dallo champagne al Castellino Bertolli”.
È il momento di cercare le opportunità, ”e questo è un Paese pieno di opportunità”.
La grande opportunità in questo momento secondo Ciniero è rappresentata dalla Pubblica Amministrazione. Dopo l’Agenda Digitaledobbiamo fare l’Italia digitale partendo dalle best practice altrui, girando dunque a nostro vantaggio il ritardo sin qui accumulato. Le cifre sono importanti: già dal consolidamento dei datacenter della Pubblica Amministrazione si recupera un punto di Pil, un altro si recupererebbe portando la best practice lombarda in materia di sanità in tutto il Paese e quasi un punto deriverebbe dall’istituzione dell’anagrafe unica.
”Non abbiamo molto tempo. Ma dobbiamo essere consapevoli che la trasformazione dei modelli di business deve avvenire solo facendo sistema, togliendo rivalità e rivalismi, perché in questo modo la ricaduta sarà su tutti gli operatori”.

E bisogna anche essre consapevoli, sostiene a sua volta Stefano Venturi, managing director di Hp Italia, che ”quando usciremo dal tunnel, il paesaggio che troveremo sarà molto diverso rispetto a quello che abbiamo lasciato”.

Rifiuta le analogie belliche Carlo Purassanta (nella foto), alla guida di Microsoft Italia, che preferisce la metafora della corsa.
Ma una corsa contemporaneamente di velocità e resistenza, una corsa che non è mai stata fatta prima”.
Ritornato in Italia da pochi mesi, Purassanta si dice stanco delle continue critiche che sente circolare: ”Smettiamola di passare il tempo a cercare solo le cose negative. È mai possibile che un Paese con tante potenzialità non riesca a capire le opportunità?”.
Secondo Purassanta non ci si può limitare a guardare la crescita degli altri Paesi, ma bisogna spingere l’innovazione e la creatività nel nostro.
”L’Italia è sottodigitalizzata: è qui che bisogna lavorare, cogliendo anche spunti nuovi, come la gamification”.

Anche Agostino Santoni, alla guida di Cisco in Italia, sceglie la cifra della positività: ”Questa industria in quindici anni ha creato 770.000 posti di lavoro. È evidente che oggi si deve cambiare e che si deve cambiare in fretta. Io sono tuttavia ottimista: c’è un salto da fare, difendendo l’Italia, l’occupazione, la propria organizzazione, imparare a competere con gli omologhi di altri Paesi con i quali non c’eravamo confrontati prima”.

E se la ”vision” dei manager delle multinazionali, incluso Mirko Poggi di Lenovo, punta a non lasciarsi prendere dal pessimismo, è Gianni Camisa, amministratore delegato di Dedagroup che lancia la vera sfida: ”Bisogna avere il coraggio di lasciare alle spalle pezzi e attività non più interessanti, imparando nel contempo a investire là dove ci sono le opportunità. Ci vuole coraggio, ma ci vogliono anche finanza e competenze: se uno sa di Finance in Italia ne sa anche all’estero, così come di fashion o altri vertical”.
La competenza deve essere pervasiva e la competenza è la lente attraverso la quale si devono poter leggere le acquisizioni e le scelte strategiche.
”Bisogna cambiare strada ma non obiettivo, entrando nel cosiddetto Ooda loop (observe-orient-decide-act), sapendo che per andare lontano servono asset, soluzioni, e competenze funzionali”.
È un invito a un cambiamento delle aziende stesso, quello che arriva da Camisa che ricorda: ”Il vino nuovo si versa in otri nuovi, altrimenti ogni cosa che si innesta finisce per essere innestata su un tessuto lacerato”.

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