L’ufficio del futuro? Riguarda le persone, non il luogo di lavoro

Polycom_Marco_LandiPer capire davvero come sarà l’ambiente di lavoro del futuro già oggi  bisogna guardare alle persone, non al luogo.
A sostenerlo è Marco Landi, Presidente di Polycom per l’area Emea, secondo cui sono proprio le esigenze espresse dagli individui quelle destinate a guidare e modellare l’ufficio di domani.

Basato sui risultati di uno studio condotto presso l’Alliance Manchester Business School nel Regno Unito, il ragionamento portato all’attenzione da Landi si basa su flessibilità, autonomia e facilità d’uso delle tecnologie, ossia i tre requisisti fondamentali individuati dal professore di psicologia organizzativa e della salute, Cary Cooper, che dello studio citato è titolare.

Partendo dal presupposto largamente condiviso, che un ambiente di lavoro appagante può favorire il benessere di un’azienda, il primo dato di fatto è che il principale cambiamento nell’azienda moderna è stato l’adozione di nuove tecnologie da parte dei lavoratori.
Inaugurata dalle generazioni più giovani, tra cui i millennials, e velocemente sostenuta dai baby boomers e dalla Generazione Y, il cambiamento di mentalità inaugurato richiede all’azienda l’adozione di un concetto di flessibilità che, però, non è relativa al solo concetto di tempo ma anche di luogo e di stile.
Ne sono prova team di lavoro che, in un mondo sempre più globalizzato, operano con diversi fuso orari e che per essere efficienti necessitano di connettività e collaborazione da qualsiasi ambiente, lavorativo e non.
Ci crede, fra gli altri, il telecom provider Virgin Media Business secondo cui, il 60% dei dipendenti che oggi lavorano dall’ufficio lo faranno regolarmente da casa entro il 2022, grazie ai progressi tecnologici.

Lavorare in modo più rapido, non più a lungo
Sempre attraverso la tecnologia è, poi, possibile per i dipendenti avere un maggiore controllo su posto di lavoro, utile a creare un’esperienza di autonomia nella quale ognuno possa scegliere le tecnologie che meglio si adattano al proprio ruolo all’interno dell’azienda.
Perché ciò si realizzi e il lavoro sia veramente flessibile, occorre che le organizzazioni investano nella tecnologia mobile più appropriata mettendo da parte le resistenze al cambiamento a favore di una più concreta adozione di policy Byod per consentire ai dipendenti di utilizzare ovunque i propri dispositivi mobili.
Facile, tra le pagine dello studio condotto, riscontrare pareri positivi sull’adozione di strumenti di video collaboration, ritenuti utili a realizzare una strategia di lavoro flessibile migliorando la produttività dei lavoratori da remoto, con un maggiore impatto finanziario rispetto al taglio di costi operativi.

Il tutto senza mai dimenticare che il principale driver di adozione di una tecnologia è la facilità d’uso dettata da software e hardware semplici e intuitivi, che non richiedono una laurea per funzionare, e dalla sua integrazione all’interno dei singoli processi di business.

Fondamentalmente, conclude Landi, il modo in cui pensiamo e ci sentiamo rispetto al lavoro è cambiato drasticamente negli ultimi dieci anni, e continuerà a cambiare nei prossimi dieci senza che la Unified communication diventi l’unica tecnologia da implementare.
La richiesta registrata è, infatti, di soluzioni mobile e cloud di alta qualità da intrecciare nelle singole funzioni aziendali, anche se da Snapchat a Twitter, da FaceTime a Hangouts, ogni applicazione social e consumer sta cogliendo l’importanza della real-time communication, a dimostrazione di quanto la Unified collaboration stia diventando sempre più parte integrante per le aziende.

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