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Sewbot nuova frontiera della robotica per il fashion

Automazione e robotica sono di solito considerate come un elemento negativo dal punto di vista dell’occupazione, in particolare quando si tratta di prodotti di massa.

Potrebbe non essere così nella produzione di capi d’abbigliamento, almeno non lo è nelle intenzioni di alcune aziende e singoli imprenditori – soprattutto statunitensi – che stanno sviluppando sistemi automatizzati in questo campo.

La loro idea è che automatizzare il processo produttivo di alcuni tipi di capi d’abbigliamento attraverso componenti come i cosiddetti sewbot non farà perdere posti di lavoro nelle economie industrializzate, semmai il contrario.

Il tema è quello del reshoring, che viene sempre più spesso associato all’applicazione di nuove tecnologie ai processi produttivi. Negli anni passati poteva avere un suo senso trasferire la produzione in luoghi dove la manodopera ha un costo più basso.

Oggi però, sostengono in molti, l’adozione di nuove tecnologie di manufacturing che puntano a produzioni più veloci e reattive richiede invece manodopera più qualificata e una logistica più snella, due elementi che non vanno molto d’accordo con l’offshoring tradizionale.

Uno dei sewbot di Softwear al lavoro

Il problema del costo del lavoro viene risolto con nuove tecnologie di produzione che, per l’abbigliamento, possono essere componenti robotici per processi tradizionali – i sewbot, per usare una denominazione che va diffondendosi per generalizzazione – o processi del tutto nuovi che alla fine comunque portano a un capo d’abbigliamento.

Robot che cuciono e macchine che modellano

Sewbot è un termine (o meglio un marchio) che per essere precisi è legato ai sistemi prodotti da Softwear Automation. L’azienda americana sviluppa sistemi robotici che cuciono (da cui il nome sewbot) i vestiti e possono passare dal filamento al prodotto finito senza alcun intervento umano.

Approccio analogo per un’altra azienda – Sewbo – che produce anch’essa robot in grado di cucire. Nel suo processo prima “indurisce” i tessuti usando una speciale sostanza e questo permette ai robot industriali di maneggiarli come se fossero lastre rigide.

Opera in maniera diversa Susarel (il nome deriva da sustainable apparel). Non progetta sistemi per altri produttori ma fa direttamente capi di abbigliamento. Ha sviluppato un sistema innovativo per la colorazione e il disegno di vari tipi di tessuti (la Kinetic Colorization) e in generale si propone come una fabbrica integrata che parte dall’ordine e arriva ai prodotti finiti in 30-45 giorni.

Un braccio robotico di Sewbo

Ma ci sono anche approcci più estremi come il Formalift Process dell’industrial designer Brett Stern, un sistema ancora in fase di sviluppo che promette di realizzare alcuni tipi di abbigliamento in 45 secondi. Qui non ci sono robot che cuciono ma una macchina di produzione che “modella” fibre sintetiche con il calore e le unisce con altri materiali usando gli ultrasuoni. Non va bene per qualsiasi tipo di abbigliamento per alcuni, come i capi sportivi o usa-e-getta, è indicata.

Il punto di vista delle nuove aziende del fashion manufacturing è che l’automazione non elimina posti di lavoro semplicemente perché questi sono già scomparsi anni fa, con la delocalizzazione della produzione tradizionale.

Dare invece il via a nuove attività produttive automatizzate genera occupazione, anche se coinvolgendo personale a maggior valore aggiunto e con una preparazione più tecnica.

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