Serve una rivoluzione nella gestione dei dati

La invoca Cristian Meloni di Commvault. Si tratta di eliminare i contenitori multipli, acquisire il dato una volta sola e poter utilizzarlo in mobilità. Altrimenti il Byod non funziona.

Il data management ha subito un’evoluzione, passando da un focus su backup e recovery negli anni 90 e arrivando poi a soluzioni di protezione integrate. Oggi l’impatto dei big data e la tendenza ad adottare un modo di lavorare più mobile richiedono un approccio radicalmente differente.

Sono opinioni di di Cristian Meloni, District Manager, CommVault Italia.

Che siano archiviati in un unico luogo, distribuiti in azienda o in posizioni geografiche diverse, spiega Meloni, la crescita dei dati si fa sentire in realtà di tutte le dimensioni.
Le attuali strategie legate solo allo storage non sono più in grado di gestire questi volumi di dati e, di conseguenza, di supportare le attuali sfide di business.

Una rivoluzione nel data management è d’obbligo, insiste, per ridurre gli investimenti necessari per proteggere e gestire questi dati sia all’interno sia all’esterno del datacenter.

Cosa significa?
Di base, ripensare ognuno dei processi e delle tecnologie di data management tradizionali e incrementare l’uso dell’automazione tramite policy enterprise per introdurre efficienza e risparmi.

Basta silos
Invece di creare silos di archiviazione, backup e storage, spiega Meloni, ogni elemento deve essere valutato in maniera separata ma poi convergere per semplificare i processi e iniziare a trasformare i dati nell’asset di valore che dovrebbero essere.

Fino a oggi la raccolta dei dati prevedeva la ricerca su ampi volumi distribuiti su storage e location differenti.
L’adozione del cloud e la virtualizzazione sono largamente accettati come metodi per aumentare l’efficienza, ma aggiungono uno strato di complessità al data management che deve essere gestito.

Anche la pratica del Bring Your Own Device offre potenziali risparmi, ma al tempo stesso introduce nuovi rischi alla sicurezza dei dati in periferia, così come il problema della distribuzione delle informazioni su questi dispositivi in modo efficace.

Non sorprende Meloni che, secondo Gartner, nel 2012 solo il 26% dei Cio riteneva di disporre degli strumenti e delle competenze necessarie per gestire queste problematiche e rendere i dati un asset aziendale.

Raccogliere una volta, usare sempre
Quello che serve, spiega, è un’architettura di information management moderna e scalabile che aiuti le imprese a proteggere e gestire più informazioni in modo più efficace, oltre a soddisfare le richieste del mondo virtuale caratterizzato da un pool dinamico di risorse di elaborazione e di storage.

Al centro di questa struttura dovrebbe esserci la capacità di raccogliere i dati una volta sola per ridurre il carico complessivo su storage e infrastruttura, per poi abilitarne l’accesso da qualunque luogo al fine di utilizzarli.

Snapshot, backup e archiviazione già ci sono: perché non associarle in un processo di raccolta che invia i dati deduplicati a un unico content store?, si chiede.

Ciò è molto efficiente e può essere usato per ripristinare i dati; generare metadati sotto forma di contenuti indicizzati è fondamentale per l’accesso downstream.

Accessibilità da qualsiasi dispositivo
Combinato con i necessari controlli di sicurezza questo repository è accessibile da tutti e da qualunque dispositivo. Controllare la quantità di dati sui sistemi live passando a una conservazione automatizzata basata su policy con funzionalità di ricerca aumenterà la possibilità di trovare l’informazione giusta quando necessaria.

Un motore di indicizzazione integrato permette inoltre a un’unica ricerca di spaziare su diversi repository consentendo all’azienda di sfruttare diverse tipologie di storage, dai dischi di deduplica ai media removibili, fino al cloud.

Obiettivo finale di qualunque azienda deve essere come la forza lavoro trova, accede e analizza le informazioni, idealmente senza richiedere l’intervento dell’It.

Un unico repository centrale e virtuale che tiene un’unica copia di tutti i dati al sicuro, in forma deduplicata e su livelli differenti per ottimizzare i costi sarà cruciale per trovare e analizzare gli stessi e facilitare il processo decisionale.

Questo approccio ridurrà le esigenze complessive di storage ma soprattutto trasformerà il processo amministrativo in una raccolta più dinamica di informazioni business critical che possono essere riutilizzate e riciclate.

In un mondo in cui normative, compliance e l’esigenza di dimostrare un valido Roi sono costantemente monitorate dal management, chiosa Meloni, una fonte di risorse come questa migliora in modo notevole la capacità di trovare e accedere alle informazioni aziendali da qualunque dispositivo.

Questa sfida impatta le strategie Byod: anche se offrono la promessa di costi ridotti e dipendenti contenti, presentano il rischio che dati aziendali e sensibili escano dal controllo dell’azienda.
Offrire il giusto mix di dati personali e aziendali su tablet e smartphone può essere difficile.
Se l’organizzazione non offre strumenti di abilitazione efficaci, gli utenti si affidano a offerte pubbliche difficili da gestire e soggette a maggiori rischi di violazione.

La capacità di ottenere informazioni da un content store centrale deve essere associata alla raccolta automatica dei dati creati in periferia. Questo strumento evita che gli utenti utilizzino soluzioni cloud esterne e mantiene i dati da loro generati per lavoro sotto il controllo aziendale.

Focalizzare il data management su un contenuto centralizzato e un’indicizzazione sofisticata invece di occuparsi dei singoli componenti è il modo più efficace per aiutare le aziende di tutte le dimensioni a controllare i big data.

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