Occupazione, fatturato, export e fiducia tornano a crescere nell’ultima indagine condotta da Unioncamere e Mediobanca su un campione rappresentativo di aziende di medie dimensioni appartenenti al Nord-Ovest del nostro Paese.
È una fotografia dai contorni meno cupi quella scattata da Unioncamere e Mediobanca nell’ultimo rapporto condotto su un campione rappresentativo di medie imprese industriali del Nord-Ovest. Le stesse per le quali i segnali di ripresa più incoraggianti giungono da occupazione, fatturato e da un miglior rapporto con le banche, a fronte di un peggioramento di quello con la clientela, che ha allungato ulteriormente i tempi di pagamento.
Ma tant’è. La notizia migliore resta quel 30,5% di medie imprese del Nord Ovest che, già lo scorso anno dice di aver ricominciato a espandere la propria base occupazionale, riducendo progressivamente il ricorso agli ammortizzatori sociali e puntando principalmente su assunzioni qualificate di professioni tecniche e specializzate. Un processo di innalzamento qualitativo del personale che ha portato il 21% delle medie aziende interpellate a maturare l’intenzione di ricondurre al proprio interno fasi di lavorazione prima affidate all’esterno.
Con ciò, il 66,8% delle aziende interpellate, prevede un aumento del fatturato (era quasi il 28% nel 2010) e il 59,7% un incremento della produzione (rispetto al 26% dello scorso anno), sul quale pesa anche la maggior propensione all’export registrata. Non a caso, la quota di aziende esportatrici è passata dall’88% del 2009 al 94% del 2010 e si prevede rimarrà su questo livello per tutto il 2011 in corso. Su questa falsa riga, il 60% delle aziende si dice convinta che le vendite all’estero cresceranno a buon ritmo, mentre per il 46,4% afferma che anche il mercato domestico riprenderà il giusto vigore.
Certo, affinché questo accada, non mancano raccomandazioni come quella a opera di Ferruccio Dardanello che, in qualità di presidente di Unioncamere, ha ricordato la necessità di ricorrere a politiche incisive per offrire servizi di qualità, infrastrutture materiali e immateriali e un fisco più equo che allinei la tassazione delle realtà imprenditoriali italiane a quella dei concorrenti europei, riducendo anche il peso della burocrazia sulle aziende che esportano.
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