Risolvere il caos del traffico dati: con il fabric, semplicemente

Se c’è troppo movimento est-ovest il datacenter ne risente. La soluzione di Enterasys Networks è OneFabric. Ne parliamo con Renzo Ghizzoni.

Enterasys Networks ha rilasciato OneFabric, nuova architettura
che vuole permettere di “estendere la rete oltre il datacenter”.
Si tratta di un approccio che vuole dare scalabilità, semplicità e controllo sull’intera infrastruttura di rete, dal data center fino all’edge mobile. Ossia rete fissa e wireless in un colpo solo.

Per capire quali soggetti sono interessati a questa visione e le modalità di attuazione abbiamo chiesto al Country manager italiano Renzo Ghizzoni, dapprima, di darci una interpretazione il più possibile semplice proprio del concetto di fabric.

D: Qual è il significato di base del fabric?

G: Negli ultimi mesi l’euforia cloud ha spinto al consolidamento delle capacità computazionali, integrandole alla rete. Il concetto parte dal presupposto che capacità applicative ed elaborative devono supportare le applicazioni di business.

D: Perché c’entra il datacenter?

G: Perché il traffico, che era centripeto, ora si sposta in tutte le direzioni: nord-sud, est-ovest. E si appoggia su più server. Nell’attuale architettura, insomma, il traffico dati è sbilanciato fra edge e core. Ed è un traffico prevalentemente orizzontale, quindi est-ovest, ossia fra distribution e distribution, e genera problemi di latenza e computazione.

D: Risolvibile come?

G: Con una rete il più possibile piatta e gestibile con automatismi.

D: E perché estenderla oltre il datacenter?

G: Perché reti semplici non devono stare solamente dentro il provider, ma anche fuori, nelle imprese. Serve una rete auto abilitante, orientata alla fruizione del servizio.

D: Come il fabric diventa un sostrato comune?

G: L’elemento unificante è il nostro OneFabric Control Center, che consente di riprendersi il controllo della rete, orientandola a gestire le applicazioni e non il traffico. Evitando quello che si faceva in passato per superare il problema, ossia l’over-provisioning della rete. Al centro del concetto non ci deve più essere la porta di rete, ma l’utente e l’applicazione che c’è dietro.

D: La spinta ad andare in questa direzione da dove viene?

G: Dall’utente, cioè dalla consumerizzazione dell’It. Il provider non ha scelta, non può che adeguarsi.

D: Fronteggiando quali tipi di costi?

G: Più identificabili e fruibili. Chi fa provisioning vive sulla pelle il sovraccosto del caos di traffico attuale. La semplificazione che ti dà il fabric è di non pensare più la rete come fatta da enne livelli. Questo fa risparmiare e fa orientare meglio i costi.

D: Un fabric solamente per i provider e per il cloud?

G: No, anche per entreprise con un minimo di staff It e un datacenter. Università, Asl, Regioni, Provincie, Comuni, banche: tutte organizzazioni che erogano servizi a utenti. E non necessariamente per fare cloud. Basta solo unificare i domini wired e wireless che il cambiamento è evidente. Fa conoscere quello che accade sulla rete e abilita al billing per differenziazione del servizio, con assegnazione di risorse differenti a utenti diversi.

D: Sembra stagliarsi un concetto di allocazione di banda 2.0…

G: È un’evoluzione che aggiunge alla bandwidth allocation elementi come qualità del servizio, server, priorità, utenti premium. Da subito. L’OneFabric è adesso, non domani.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome