Polemiche sulla nuova barra di Google

L’introduzione di hyperlink automatici suscita perplessità. La società – e a cascata l’utente – ha il diritto di modificare la pagina creata da un altro?

La scorsa settimana Google ha annunciato il rilascio di
un aggiornamento della propria toolbar, arricchita, come è
logico che sia, di una serie di nuove funzionalità.
Ora proprio su alcune di queste funzionalità è sorto un dibattito piuttosto acceso.
Nell’occhio del ciclone, più in dettaglio, una
funzionalità che inserisce dei nuovi hyperlink
nelle pagine Web. Se la pagina contiene ad esempio degli indirizzi stradali, il link di default porta al servizio di mappe di Google; se contiene il codice Isbn di un libro, porta direttamente al sito di Amazon; se contiene un numero di tracking, porta direttamente al sito del vettore.
Le critiche al servizio riguardano due aspetti diversi della questione.
In primo luogo l’indirizzamento. Ovviamente sotto accusa è la scelta di indirizzare verso l’uno o l’altro sito, soprattutto se non di siti di servizio si tratta, bensì di siti commerciali.
Qui la facile di risposta da parte di Google è che una volta conclusa la fase di test, anche il numero di link offerti dovrebbe aumentare, in un’ottica di pluralismo.
Più sottile è invece l’altra questione.


In molti si domandano infatti quale diritto abbia Google di modificare di fatto le pagine Web realizzate da altri, introducendo automaticamente gli hyperlink.
Microsoft ci aveva provato tempo fa con gli smart tags, per poi tornare subito dopo sui propri passi.
Il punto è capire chi abbia il diritto ultimo (anche e soprattutto legale) di decidere come visualizzare i contenuti pubblicati sul Web: l’utente, che dunque può scaricarsi una toolbar che personalizza i link, o il web publisher, al quale spetta comunque l’ultima parola?

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