Oracle: il futuro è l’integrazione

A colloquio con Mario Derba, Regional Sales Vice President South Europe Systems, sui temi e le novità annunciate dalla società nelle scorse settimane: focus sul cloud e il database si muove verso il concetto di container.

Sono passate poche settimane da quando Oracle ha riunito come ogni anno a San Francisco la sua ”carica dei 50.000” per l’edizione 2012 di Oracle OpenWorld.
Per Mario Derba, dallo scorso dicembre a bordo nel ruolo di Regional Sales Vice President South Europe Systems, una prima volta sicuramente ricco di spunti e novità.
www.01net.it lo ha incontrato, proprio con l’obiettivo di farsi raccontare gli annunci, le impressioni, le riflessioni a freddo, ora che in Oracle l’organizzazione è probabilmente già in moto per preparare l’appuntamento del prossimo anno.

Integrazione hardware e software
”E’ stata un’edizione di grandi annunci – esordisce il manager – per altro tutti rilasciati il primo giorno”.
Dal punto di vista dell’hardware, area di competenza specifica di Derba, le novità hanno riguardato l’introduzione dei processori Sandy Bridge sulle macchine Exadata, Exalogic e SuperCluster, con un incremento prestazionale pari a circa venti volte quello raggiunto con le generazioni precedenti.
”E’ un balzo stratosferico dal punto di vista delle prestazioni, per altro senza variazioni di prezzo. Negli Exadata siamo arrivati a 26 terabyte di memoria cache, tutto in memory: ed è questo un segnale importante di maturità di questa tecnologia”.

Ma le novità non hanno riguardato solo l’avanzamento tecnologico dell’offerta: Oracle ha deciso di fare un passo in più che Derba vuole sottolineare: ”Per me la più grande sorpresa è stato scoprire che Larry Ellison in realtà ha sempre sognato di progettare anche l’hardware. E credo che proprio questo suo interesse stia oggi portando a una novità importante nei centri di ricerca e sviluppo di Oracle. Senza contare, per altro, che oggi Oracle spende sull’hardware molto più di quanto Sun Microsoystems abbia mai investito, anche nei suoi anni migliori”.
Oggi, infatti, tutto l’Ip dei laboratori software viene passato ai laboratori hardware e viceversa, con l’obiettivo di lavorare combinando e ottimizzando hardware e software, in un’ottica software on silicon.
”E’ un approccio globale verso il cliente, che parte dal sistema operativo e va a toccare il database, l’application, l’hardware, i dati”.
Oacle si propone come pure technology player, con l’ambizione di semplificare l’It, rendendo tutti disponibile in modo preintegrato.

”E’ una visione che poggia su quattro pilastri ben definiti – prosegue Derba -. Il primo è quello di lavorare per avere il best of breed in ogni categoria: al momento Oracle occupa 72 posizioni di leadership in altrettante categorie di dettaglio. Ogni laboratorio ha la mission di produrre il miglior prodotto in quell’area. Il secondo pilastro è, per l’appunto, l’integrazione e l’ingegnerizzazione di tutto quanto c’è dal database in giù, tenendo ben presente che l’ingegnerizzazione si può fare solo se si detiene l’Ip e il controllo di tutto lo stake. Il terzo pilastro è il cloud mentre il quarto sono le Industry solutions, un asse davvero importante ce messo tutto insieme farebbe di Oracle la terza più grande azienda di software al mondo”.

Cloud e IaaS, ma gradualmente
Il secondo grande annuncio dell’edizione 2012 d Oracle OpenWorld ha riguardato il cloud.
Ripartendo dalla stesso punto con il quale si era chiusa l’edizione precedente della manifestazione, Oracle ha spiegato il suo approccio.
”Il cloud è qualcosa che si aggiunge al SaaS, alle Application as a Service, alla modularizzazione spinta di Erp e gestione delle risorse umane. Non crediamo che le aziende facciano un Big Bang verso il cloud: procedono piuttosto per moduli, attaccandosi al cloud per utilizzare ciò di cui hanno bisogno”.
Nel suo approccio al cloud (tutte le informazioni sono reperibili qui – Cloud.oracle.com), Oracle ha scelto di utilizzare tutti gli standard aperti e di procedere con gradualità.
Dopo PaaS e SaaS, l’azienda si muoverà anche verso IaaS: ”Significa che porteremo le nostre macchine dentro il firewall dei clienti, lasciandone la gestione in capo ad Oracle e offrendole in modalità pay per use. Questo significa che l’utente si porta in casa la soluzione, ma non capitalizza”.
Per poter spingere questa proposta, Oracle sta lavorando alla costituzione di una rete di global datacenter in tutto il mondo, tre dei quali avranno sede anche in Europa.
In questa vision verso il cloud sono coinvolti anche i partner di canale: per loro sono state annunciate nuove specializzazioni e nuovi percorsi di formazione, con l’obiettivo di accelerare il time to market dei nuovi servizi ai clienti.

E’ l’ora del database Container
Il terzo annuncio, strettamente correlato alla visione cloud, riguarda il database.
Le novità apportate in Oracle 12c si traducono in quello che l’azienda definisce Database Container.
Non è sufficiente consolidare lo storage, ma bisogna pensare anche al consolidamento del database, mantenendone e semmai migliorandone l’efficienza.
In sintesi, con questo approccio si riduce il numero dei singoli database, ottimizzando dunque la richiesta di risorse, mantenendo però invariate le singole applicazioni.
”E’ un modello che ben si adatta al cloud e ai partner. Si velocizzano le procedure di aggiornamento e di patching, c’è un unico backup del container, con un single point of recovery del singolo database”.
Entro i prossimi otto anni, è l’assioma di partenza di Oracle, non ci sarà più storage sufficiente: ”Se i dati crescono del 40 pr cento all’anno e i budget se va bene restano flat, è facile capire come inevitabilmente la gran parte dei budget finiranno per essere allocati alla gestione dei dati”.
Oracle propone dunque una soluzione più radicale: ”Non si tratta semplicemente di applicare fattori di compressione molto elevati, ma di applicare la compressione anche ai meccanismi di backup e recovery. E’ un approccio più datacentrico, che consente di risolvere il problema all’origine”.

Un’ultima riflessione Derba la dedica al nostro Paese.
L’Italia ha un ruolo di rilievo, per Oracle, tanto che ”sono italiani sia il responsabile della divisione Systems della regione Sud sia il responsabile Emea della stessa unit: credo che questo sia un grande messaggio di fiducia. Credo che ci sia spazio per la creatività nazionale, anche bisognerà muoversi”

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