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Come il Nord-Est sta portando il digitale nella produzione

Il 38% delle Pmi manifatturiere del Nord-Est ha già adottato o intende introdurre entro il 2019 tecnologie/processi innovativi tra cui rientrano anche la sicurezza informatica, il cloud computing, la robotica collaborativa e l’Internet of Things.

Gli investimenti in formazione sono la migliore strategia per valorizzare il capitale umano in azienda (48%), ma gli imprenditori del Nord-Est sanno che devono lottare ancora contro certi stereotipi presenti soprattutto nei giovani, che vedono il lavoro in fabbrica faticoso e manuale (44%), poco riconosciuto socialmente (33%), ripetitivo, poco creativo e che lascia poco spazio alla realizzazione personale (30%), e persino un luogo tecnologicamente arretrato (11%), rendendo di fatto difficile il reperimento di profili specializzati da parte delle aziende.

L’Osservatorio MECSPE focus Nord-Est, presentato a Padova da Senaf nel corso del tour dei “LABORATORI MECSPE, la via italiana alla fabbrica intelligente”, ha fatto un bilancio sulle imprese made in Italy dell’area del Nord-Est, raccontando lo stato di salute e il loro rapporto con la trasformazione digitale.

La fotografia che emerge è che 9 aziende su 10 credono nella propria trasformazione digitale avvenuta in questi anni, ritenendo di avere un livello di conoscenza medio-alto rispetto alle opportunità tecnologiche e digitali sul mercato.

Anche nel corso del 2019 si punterà sulle nuove tecnologie abilitanti, continuando nella direzione che vede perlopiù già introdotte la sicurezza informatica (91%), la connettività (85%), il cloud computing (62%) e la robotica collaborativa (24%), e su ricerca e innovazione: il 65% investirà fino al 10% del proprio fatturato e il 16% dedicherà tra l’11% e il 20% di questo, mentre si considerano in generale come strumenti utili al processo di sviluppo, la consulenza mirata (62%), il trasferimento di conoscenza (60%), il confronto con aziende competitor (33%), ma anche i workshop e la tutorship di un’Università (13%).

Proprio l’Università, così come gli Istituti tecnici e le scuole professionali, rimangono dei riferimenti importanti per quanto riguarda la ricerca di nuove professionalità che facciano fronte alle sfide dell’Industria 4.0, preferiti rispettivamente dal 41%, dal 38% e dal 29% degli imprenditori, secondo cui la tecnologia ha sì un ruolo di primo piano, ma solo se supportata da un’adeguata formazione umana e da un cambiamento culturale (68%).

Le persone hanno sempre un ruolo fondamentale, sono al centro dei processi ed è la percezione umana il vero driver del cambiamento: il 59% pensa che l’impatto della digitalizzazione nella vita quotidiana imporrà necessariamente la nascita di nuove figure professionali, con forti competenze in ambito IT.

Per Maruska Sabato, Project Manager di MECSPE, le aziende del Nord-Est stanno reagendo positivamente e con determinazione, manifestando un’ottima propensione alla trasformazione digitale e tecnologica dei processi produttivi, puntando a coinvolgere, maggiormente rispetto al passato, i giovani

Cosa pensano gli imprenditori del Nord-Est dei provvedimenti che il Governo ha messo in campo nell’ultimo Def, per favorire la trasformazione digitale? 

Il 39% valuta le misure positivamente ed è dell’idea che possano fare la differenza consentendo alle aziende di fare un passo in avanti, il 32% le giudica discrete, cioè come una buona base di partenza ma non ancora sufficiente, mentre l’11% ha una visione negativa e avrebbe preferito un piano maggiormente strutturato.

La proroga dell’iper-ammortamento di macchinari e infrastrutture funzionali alla digitalizzazione (77%), così come il bonus alla formazione 4.0 (76%), il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo (75%), la Nuova Sabatini (68%) e gli incentivi agli investimenti in startup innovative (65%) sono considerate le iniziative più rilevanti previste per incentivare la diffusione dell’Industria 4.0.

Le Pmi del Nord-Est nel secondo semestre 2018

L’andamento aziendale attuale risulta complessivamente soddisfacente per le imprese dell’area del Nord-Est del comparto della meccanica e della subfornitura, con il 76% degli imprenditori che parla di performance aziendale molto positiva. Nella seconda metà del 2018 rispetto al 2017, i fatturati hanno registrato una crescita per il 57% delle aziende, mentre il 37% dichiara stabilità e solo il 6% un calo. Il portafoglio ordini è giudicato “adeguato” ai propri livelli di sostenibilità finanziaria dal 84% delle imprese, contro la restante parte per cui è insufficiente.

Per quanto riguarda le previsioni per il 2019, sul fronte dei fatturati il 44% si aspetta una crescita, il 44% stabilità e il 12% prospetta un calo. L’export resta fattore di traino per le PMI con 7 su 10 che dichiarano di esportare i propri prodotti e servizi, con un’incidenza variabile. Il 25% dichiara di realizzare all’estero meno del 10% del proprio fatturato, il 14% “dal 10% al 25%”, il 13% “dal 25% al 45%”, il 10% “dal 45% al 70%” e l’11% “oltre il 70%”. Chi esporta punta prevalentemente verso gli Stati dell’Europa Centro-Occidentale (91%), seguiti da quelli dell’Europa dell’Est (40%), dal Nord America (30%) e dall’ Asia (28%). Circa il 23% esporta in Russia, mentre il 20% in Sud America e il 18% in Medio Oriente, l’Oceania (14%) e l’Africa Settentrionale e Meridionale (13%) rappresentano gli altri mercati di sbocco. Non ci sono dubbi sul futuro del mercato in cui si trovano a operare le singole aziende: nei prossimi 3 anni, il 10% si aspetta una contrazione dello scenario in cui opera, contro un 45% apertamente convinto dello sviluppo del proprio mercato di riferimento e un 44% che crede non ci saranno grosse variazioni rispetto all’andamento attuale.

Dal punto di vista della crescita del personale invece, questa è in aumento nel 52% dei casi, stabile per il 46%, e il 43% prevede di ampliare l’organico nel 2019.

I Deep Trend nel manufacturing

Come i giovani considerano la fabbrica oggi e qual è il ruolo della sostenibilità nelle strategie aziendali?

Blueeggs, società specializzata nei Deep Trend di consumo emergenti e nelle strategie di branding, ha tracciato un’analisi sui Deep Trend principali del manifatturiero del Nord-Est, portando all’attenzione degli spaccati molto interessanti.

Ad esempio, tra gli elementi che potrebbero rendere poco attraente per i giovani il lavoro in un’azienda manifatturiera, rappresentando spesso motivo di disinteresse e di conseguenza rendendo difficile il reperimento di profili specializzati, al primo posto c’è l’idea che nelle aziende manifatturiere si richieda lavoro faticoso e manuale (44%), seguita da una visione di lavoro poco riconosciuto socialmente (33%) e quella secondo cui il lavoro in fabbrica sia ripetitivo, poco creativo, con poco spazio da destinare alla realizzazione personale (30%).

L’11% degli imprenditori intervistati, inoltre,pensa che ad influire possa essere anche l’immaginario dell’azienda manifatturiera come luogo “tecnologicamente arretrato”, e il 12% riconduce ai fattori poco appealing l’idea che gli spazi e i tempi di lavoro siano a “orari fissi e vincolanti”, lontani quindi dall’attuale stile di vita più orientato alla flessibilità e allo smart working. Eppure, se si immagina quale potrà essere il modo di lavorare in futuro, in vista soprattutto dell’introduzione di tecnologie come l’AI, VR e AR, gli imprenditori italiani si esprimono così: il 38% ipotizza la nascita di team di lavoro misti, composti da uomini e tecnologie intelligenti; il 19% prospetta ambienti di lavoro virtuali in cui testare prodotti, scambiare informazioni, dialogare con il committente o cliente finale; mentre il 3% azzarda che il lavoro diventerà quasi un “gioco”, dove il personale avrà un’esperienza più coinvolgente e gratificante, con interfacce molto simili a quelle dei giochi virtuali. Più cauto il 28%, secondo cui cambieranno gli strumenti, ma la vita lavorativa rimarrà la stessa.

Il ruolo della sostenibilità

La sostenibilità oggi ha assunto un ruolo strategico nelle scelte aziendali: il 65% dichiara di avere incrementato il proprio impegno in questa direzione negli ultimi anni, l’11% è consapevole dell’importanza e ha intenzione di curare questo aspetto in futuro. Il 6% lo ritiene un fattore strategico competitivo per distinguersi sul mercato, soprattutto nel rapporto con l’estero, e si impegna anche a comunicarlo, ma è considerevole ancora la percentuale di chi crede sia un fattore marginale e si limiti solo a fare quanto richiesto dalle norme di legge (18%). In un’ottica di attenzione e sostenibilità a 360 gradi, la classifica degli investimenti su cui si sta puntando maggiormente vede al primo posto la riduzione dei consumi (83%), l’attenzione all’inquinamento e all’impatto ambientale (66%), l’eco-sostenibilità dei prodotti (52%).

Seguono l’attenzione verso i dipendenti con progetti CSR (40%), l’attenzione all’etica nel rapporto con fornitori e clienti (28%), il sostegno all’economia del territorio (19%), e in fondo l’adesione a progetti di charity/beneficienza (12%). Se si pensa però al rapporto con il cliente e agli aspetti su cui questi sono più sensibili, è l’ambiente secondo le imprese ad avere la priorità (53%) rispetto all’etica, di interesse secondo gli imprenditori solo per l’8%. Il 20% pensa che entrambi i fattori incidano nelle scelte d’acquisto, mentre ben il 19% è dell’idea che i clienti non siano sensibili a nessun aspetto di sostenibilità per ciò che acquistano.

MECSPE in collaborazione con Tecniche Nuove ha premiato le aziende sostenibili, attraverso la creazione del percorso “Io faccio di più”, che evidenzia le aziende che si distinguono per un atteggiamento green ed ecofriendly.

Per scoprire le prossime, l’appuntamento è con la prima edizione di MECSPE Bari (Nuova Fiera del Levante, 28-30 novembre 2019), occasione di confronto per il Centro Sud e il bacino del Mediterraneo per lo sviluppo delle tematiche di innovazione e 4.0, e successivamente nel tradizionale appuntamento a Fiere di Parmache dal 26 al 28 marzo 2020 ospiterà la 19esima edizione di MECSPE.

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