Nell’Europa che cresce, l’Italia teme la digital disruption

Loic Le Guisquet, Executive Vice President di Oracle Emea, parla degli investimenti della società, a partire dai nuovi datacenter, mentre Mario Derba, VP Sales Systems Southern Europe, propone un focus sull’Italia.

Uno sguardo sull’Europa, mentre l’edizione 2014 di Oracle OpenWorld è in corso, lo offre Loic Le Guisquet, Executive Vice President di Oracle Emea.
Ed è uno sguardo estremamente positivo, alla luce dei risultati dell’ultima trimestrale – la prima del nuovo anno fiscale – che ha visto la Region Emea mettere a segno una crescita del 7% anno su anno.

”I risultati che abbiamo ottenuto – esordisce Le Guisquet – sono da attribuire ai forti investimenti effettuati in tutti gli ambiti e che ci consentono di essere sempre più vicini ai nostri clienti”.
Non può non citare i datacenter, Le Guisquet, che annunciacome il loro numero – 19 attualmente, di cui tre in Europa, due in UK e uno ad Amsterdam – crescerà con l’apertura di due nuove strutture in Germania, una a Francoforte e una a Monaco, per rispondere alla forte richiesta di soluzioni cloud che viene dal Paese. I datacenter saranno operativi a partire dalle prossime settimane.
Inizialmente verranno utilizzati per supportare il provisioning di Erp, Crm, Sales, Service e Talent Management in Cloud verso nuovi clienti.

Proprio sui nuovi datacenter interviene Mark Hurd, co-Ceo di Oracle.
A una precisa domanda sull’ipotesi che i nuovi datacenter in Germania nascano dalla necessità di offrire ai clienti un’infrastruttura in una zona Nsa-free”, il manager risponde: ”Le pressioni dal punto di vista della sicurezza possono essere uno dei motivi che ci hanno portato ad aprire in Germania, oltre alla volontà di rispondere alla domanda proveniente dal Paese”, anche se – mette avanti le mani – non è certo pensabile aprire un datacenter in ognuna delle country in cui Oracle è presete.
Piuttosto, ed è questo il messaggio, ”mi preme sottolineare che anche se abbiamo datacenter in tante location, si parla comunque di un unico cloud, con le stesse configurazioni, le stesse versioni dei prodotti: un approccio univoco.

Prosegue Le Guisquet: ”Altri investimenti sono fatti direttamente con i clienti: ad esempio stiamo lavorando con i protagonisti dell’industria automobilistica sulle connected car”.
Simile è l’approccio nell’ambito della salute, con collaborazioni anche sulla mobile health, o ancora sull’Internet delle cose. Su questo fronte, la novità annunciata a Oracle OpenWorld è una collaborazione con Vodafone, proprio nell’ambito M2M e IoT.
”Le nostre due aziende – commenta Le Guisquet – potranno creare nuove opportunità per i nostri clienti, combinando le competenze di Vodafone in ambito M2M e delle reti digitali e il nostro focus sullo sviluppo del cloud”.

Accanto a questi investimenti – e Le Guisquet non tralascia di menzionare l’impegno di Oracle in Africa per la crescita degli skill It nel Paese, considerati leva per lo sviluppo economico e sociale – ci sono aree focus più tradizionali. In primis le acquisizioni.
”Il nostro approccio è in genere orientato a operazioni verso realtà complementari al nostro portafoglio, che ci rafforzano in mercati per noi importanti o che ci prono verso nuovi mondi”.
Così l’acquisizione di Front Porch ha portato un rafforzamento sul fronte delleo storage per ” very rich media content”, Eloqua e Toa portano il focus sul cloud, mentre Micros ha aperto il mercato dell’hospitality.

Consistente resta l’investiomento in ricerca & sviluppo; in Emea Oracle ha 27 centri in 12 Paesi diversi: per i Big Data in Spagna, su Java nella Repubblica Ceva e ancora in Olanda, Svezia, Norvegia, Polonia, Ucraina, Russia, Armenia.

Uno sguardo all’Italia
Uno sguardo più mirato sull’Italia lo offre Mario Derba (nella foto), Vice President Sales Systems Southern Europe, cui abbiamo chiesto di calare gli annunci di questi giorni nella nostra realtà.
E secondo il manager, a fronte di un’onda di innovazione inarrestabile, nel nostro Paese sono ancora molte le realtà che ”tendono a tirare avanti nella speranza che prima o poi la situazione si riassesti. In realtà dobbiamo riuscire a trasferire il messaggio che gli happy days nn tornano più. C’è un modello da cambiare e non tutti lo hanno capito.
Il settore finanziario, nella visione di Derba, sembra aver capito che un salto di qualità è necessario: là dove si chiede grande capacità di elaborazione dati e di analisi, si comprende l’esigenza di passare a soluzioni come il software on silicon, che abilita il balzo in avanti in termini di prezzo e prestazioni.
Più riluttante è invcece il mondo manifatturiero.
”Deve essere riconfigurato il modo di fare industria” – prosegue – a fronte di una innovazione digitale disruptive”.
Ed è forse questa idea di disruption quella che spaventa maggiormente.
”C’è un freno educativo, ritiene Derba, che arriva ad attribuire un valore positivo alla shadow It, laddove serve ad aprire il passo alle innovazioni e alla sperimentazione, là dove i ”canali ufficiali sono troppo restii.
Riprendendo le riflessioni di Gianfelice Rocca, sull’innovazione incrementale o rivoluzionaria, Derba sostiene che per il nostro Paese, tradizionalmente più propenso all’innovazione incrementale, sia giunto il momento di aggiungere una marcia rivoluzionaria in più.
Certo, si pone il problema di chi possa essere l’animatore di questa innovazione: ”Il Cio dovrebbe diventare un Chief Innovation Manager, ma chi fa andare avanti la macchina può essere la stessa figura che fa innovazione? Oggi è più semplice pensare a due figure distinte, che in futuro potrebbero convergere un una sola, naturalmente a disruption avvenuta”.

Non tutto però è negativo, se è vero come è vero che dei 1.000 sistemi ingegnerizzati installati in Europa , 200 sono nel nostro Paese.
Certo: banche e Telco partono bene, ma abbiamo sviluppato progetti importanti anche nel mondo retail e nella moda, con referenze come Unicoop Firenze, Zara, Gucci, Zegna, Inditex, così come nel settore Pubblico”.

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