Mobile in Italia, una rivoluzione a metà

Dinamiche asimmetriche, ma per lo più in crescita, caratterizzano l’analisi del Politecnico di Milano evidenziando trend sui quali, tolta la penetrazione degli smartphone e la disponibilità di banda larga, le incertezze non mancano.

Dopo il segno meno registrato nel 2009, torna a crescere del 7% il mercato Mobile Internet, Content & Apps. È questo il primo dato evidente sottolineato dai ricercatori del Politecnico di Milano che, in occasione della presentazione dei risultati attinenti all’omonimo Osservatorio 2011 realizzato in collaborazione con l’Ict Institute e il Mef Mobile Entertainment Forum, hanno tracciato i contorni di uno scenario in cui, in Italia, la rivoluzione Mobile di cui si parla ormai da anni, sta ridisegnando i propri confini.
Gli stessi che, il presidente della School of Management del Politecnico di Milano, Umberto Bertelè, si augura portino bene alla candidatura della città di Milano a Capitale del MobileWorld per il 2015-2017.

Le prime evidenze
Sotto la lente dei ricercatori, quello che è stato ribattezzato “il laboratorio della Digital Economy”, può oggi contare sia su un’ampia diffusione degli smartphone e dei dispositivi dotati di connessione a Internet, sia delle infrastrutture di rete. «Di fianco a consumatori estremamente predisposti a questa nuova tipologia di offerta – è la contestualizzazione di Filippo Renga, responsabile insieme alla collega Marta Valsecchi della ricerca 2011 – fioriscono una serie di operatori a cui è da ascrivere una proposta applicativa per la quale aumenta il numero di download».

In tal senso, dal 2008 al 2010, la parte del leone è riconducibile al segmento del Mobile Internet che, cresciuto del 27%, ha visto il proprio peso complessivo passare da un +32% a un +48% a fronte di una diminuzione misurata in 200 milioni di euro nel mondo dei Mobile Content & Apps a pagamento (-9%). «Nello specifico – sottolinea la già citata Marta Valsecchila crescita nel Mobile Internet va ricondotta, in primis, alle tariffe flat che, cresciute del 43%, pesano per il 38% sul mercato complessivo, rispetto al 23% riportato soli due anni fa, grazie alla spinta in comunicazione ed education operata dagli operatori telefonici presenti sul nostro mercato».

Piani tariffati sempre più semplici e chiari hanno, evidentemente, fatto il resto, «anche se continua a crescere bene la componente dei ricavi da tariffe pay-per-use, ossia per gli utenti, soprattutto occasionali, che navigano a consumo». Volgendo nuovamente lo sguardo sul mondo dei contenuti a pagamento, ossia i Mobile Content & Apps, il calo già evidenziato da Valsecchi risponde a due cause principali e profondamente diverse tra loro. «La prima è una diminuzione del 13% di tutti i contenuti tradizionali basati sui canali telco-centrici».

«A questa – continua la ricercatrice del Politecnico – si contrappone un boom del 113% dei ricavi generati dal Mobile Internet e dagli Application store che, però, sotto la lente dei valori assoluti, valgono “solo” circa 50 milioni di euro e pesano per meno del 10% sull’intero mercato».
Ciò detto, il dinamismo registrato nelle applicazioni resta innegabile e il +9% di crescita riportata è principalmente riconducibile ai giochi, «che coprono la metà del mercato, seguiti da contenuti di utilità e intrattenimento, mentre fanno capolino in questo canale anche i giochi regolamentati con vincita in denaro», in crescita del 700% rispetto, però, ai valori quasi nulli registrati l’anno precedente.

Con questo, nel 2010, le uniche tipologie di contenuto a presentare segno positivo sono quelle appena citate, «con i giochi Java tradizionali che pesano ancora più del doppio del mercato dei giochi venduti tramite applicazioni» è l’ulteriore puntualizzazione. Analizzando, poi, i comparti della Personalizzazione, dell’Altro infotainment e della Comunicazione in community, restano dominanti i contenuti tradizionali veicolati tramite i canali delle telco. «Qui – per Valsecchi – la grande competizione è portata dall’offerta free a opera dei Mobile Internet e degli Application Store, di cui Facebook è l’esempio principe».

Per quanto riguarda, poi, i contenuti tradizionali, occorre ricordarsi che il 2010 è stato l’anno dell’introduzione del nuovo piano di numerazione nazionale, che ha obbligato gli operatori a concentrarsi su qualcosa di diverso rispetto al loro vero business. «Il mercato – ricorda la ricercatrice – sta anche cambiando in termini di assetti, mentre resta innegabile la dominanza dei contenuti tradizionali e una dinamica positiva (+15%) della parte di Mobile Advertising che, in valori assoluti, è passata da 30 a 38 milioni di euro».

I punti di incertezza per il futuro
Ciò detto, i punti di incertezza sul mercato del Mobile Internet, Content & Apps non mancano. A riassumerli è Andrea Rangone che, in qualità di responsabile scientifico dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, parte, per spiegarli, da due trend chiari e nuovamente riconducibili, da una parte, a una penetrazione degli smartphone nella popolazione mondiale pari al +36% «destinata ad aumentare», dall’altra a una penetrazione della banda larga mobile «che, seppur scontata, dovrà vedersela con l’assegnazione delle frequenze Lte».

Gli interrogativi sono, dunque, connessi al modello distributivo dei Mobile content, «che vede l’application-centric contrapporsi a un modello browser-centrico basato su Html5, che apre a doverosi quesiti sul peso e sulla distribuzione dei Mobile content, free o a pagamento che siano». Resta, inoltre, da capire quale tipologia di megastore dominerà il mondo delle applicazioni, quali sono i sistemi operativi e di pagamento che prenderanno il soppravvento «alla luce dell’ingresso sul mercato degli operatori di telefonia mobile, che si sono presentati nell’arena dei player forti del conto telefonico dei propri utenti».

Così, tolto il punto di domanda sul ruolo che, in questo contesto, ricopriranno nel prossimo futuro i Tablet pc, sul piatto del Politecnico resta un’ultima riflessione sulle cifre riportate dai segmenti Mobile Internet, Mobile Content a pagamento e Monile Advertising che, in pochi anni, sono rispettivamente arrivati a pesare per 538, 545 e per meno di 40 milioni di euro. «Se togliamo la parte di connettività – conclude Rangoni -, quello che rimane è un mercato che non arriva a valere nemmeno 600 milioni di euro e che, per di più, in quest’ultimi anni è stato caratterizzato da un trend negativo».

Come se non bastasse, è l’ulteriore precisazione, «di questi 600 milioni solo il 10% è afferibile alla componente basata sul nuovo paradigma di Application Store e Mobile Web». Peccato che, in Italia, il solo mercato dei Media e dell’Entertainment in senso lato richiamato da Rangone, valga qualcosa come 20 miliardi di euro. Mai come ora, allora, «la palla è in mano ai protagonisti della filiera, chiamati a proporre servizi, applicazioni e contenuti di valore che sfruttino le caratteristiche dei dispositivi mobili, sia per i nuovi format di pubblicità, sia per i contenuti a pagamento».

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome