Operazione trasparenza per la società che ha gestito in un mese 1,2 milioni di richieste per l’eliminazione di link dalle pagine dei risultati delle ricerche. Le contestazioni vengono analizzate. I dati raccolti e pubblicati online: aiutano a misurare i livelli di censura nei diversi Paesi.
Google prosegue l'”operazione trasparenza” mostrando a tutti quante richieste di rimozione di contenuti riceve e gestisce quotidianamente. Si tratta essenzialmente di contestazioni legate alla presunta violazione delle norme che tutelano il diritto d’autore da parte di siti web proposti nelle SERP del motore di ricerca. “Non è affatto inusuale ricevere più di 250.000 richieste di rimozione dei contenuti ogni settimana“, ha dichiarato Fred von Lohmann, uno dei responsabili del team che all’interno di Google si occupa delle questione legate al copyright. “Tale valore supera il numero di richieste che abbiamo ottenuto nell’intero 2009“.
L’iniziativa di Google, che d’ora in avanti pubblicherà i dati aggiornati, sembra fungere anche da “spot promozionale” per l’azienda. Più volte il suo ruolo di intermediario è stato messo in discussione in sede legale pretendendo che i risultati fossero filtrati a priori e che la società di Larry Page e Sergey Brin si attivasse proattivamente per impedire la diffusione di informazioni lesive degli altrui diritti sul motore di ricerca.
L’orientamento generale dei giudici è quello di considerare però Google un vero e proprio intermediario della comunicazione che, anche considerata l’immensa mole di dati che si trova a gestire utilizzano algoritmi automatizzati, non può essere obbligato ad imporre filtri o ad effettuare una costante attività di monitoraggio. Lo stesso principio, insomma, che è stato recentemente fissato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e, per quanto riguarda il nostro Paese, dal tribunale di Roma nella vertenza Mediaset-Google.
Con la sua iniziativa di oggi, Google sembra voler rendere partecipe l’opinione pubblica e tutti gli aventi diritto circa la sua sensibilità nella rimozione dei riferimenti al materiale ritenuto lesivo dei diritti altrui. “Nell’ultimo mese abbiamo gestito 1,2 milioni di richieste per l’eliminazione di link dalle pagine dei risultati delle ricerche“, ha proseguito von Lohmann. “Tali comunicazioni sono state inviate, complessivamente, da circa 1.000 titolari di diritti. I siti web interessati dai provvedimenti sono stati 24.000“.
Il responsabile del colosso di Mountain View tiene a precisare che le contestazioni vengono comunque analizzate: se si ritiene che le richieste di rimozione siano ingiuste oppure chi le avanza non abbia alcuna voce in capitolo, queste vengono cestinate.
I dati appena resi pubblici da Google sono liberamente consultabili a questo indirizzo. Il sito web di riferimento è lo stesso che l’azienda utilizza per compilare il cosiddetto “Transparency Report“. Esso si prefigge di evidenziare in quali Paesi del mondo le attività di censura siano più pesanti e frequenti.
Molto interessante è la sezione “Traffic“. Qui viene proposto, in forma grafica, l’andamento dell’utilizzo di ciascun servizio targato Google. Analizzando pazientemente i grafici disponibili per ciascuna nazione, è possibile stabilire se siano in atto azioni di censura o se comunque vi siano problemi di raggiungibilità dei servizi di Google.