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L’IA generativa secondo Workday: più intelligenza, meno artificiale

Più ancora dell’attenzione mediatica, per attecchire definitivamente all’interno del mondo aziendale, l’intelligenza artificiale ha bisogno di dimostrare sul campo i reali benefici. In estrema sintesi, i vantaggi concreti di investire tempo e risorse in quantità non trascurabili. Meglio ancora, se tutto questo arriva da settori per nulla scontati, se non ai più esperti i tecnologia e strategie. «Si parla veramente tanto di IA generativa – osserva Pierre Gousset, vice presidente EMEA di Workday -. Sicuramente, uno strumento in grado di fare tantissime cose e portare altrettanti cambiamenti. Dal nostro punto di vista, ci siamo posti la domanda di come trasferire tutto questi ai nostri clienti in modo sicuro, etico e trasparente».

Pronta come da propria abitudine nel passare dalle parole ai fatti, nel 2024 l’azienda si prepara a rilasciare una prima versione di uno strumento in grado di  migliorare i processi dei propri clienti. Oltre al settore della finanza, dove l’IA si sta già affermando soprattutto all’estero, anche in uno molto meno scontato, ma anche punto forte di Workday, la gestione delle risorse umane.

Una questione personale

«Solo lo scorso anno, Workday Recruiting ha elaborato più di 41 milioni di candidature a livello globale – continua Gousset – Essere in grado di produrre una breve descrizione della posizione lavorativa in pochi secondi partendo da dati di alta qualità riguardanti il lavoro, il luogo e le competenze richieste rappresenta una svolta per qualsiasi azienda HR. Questo infatti semplifica il loro lavoro assicurando di attrarre i migliori talenti. Ma non sostituisce gli esseri umani. Gli esseri umani sono ancora i decisori finali in tutto ciò che l’AI generativa produce. È la combinazione di ciò che l’AI generativa è in grado di fare associata con l’esperienza, le capacità e il giudizio degli esseri umani, che rende il potenziale di questa tecnologia così grande».

Una possibilità offerta prima di tutto ai clienti già attivi, con un contratto esistente. Per chi fosse interessato, in una prima fase senza prevedere costi aggiuntivi e senza dover mettere in preventivo aggiornamenti di sistema. Semplicemente, una funzione in più alla quale affidarsi.

Nel pieno rispetto dello storico modello totalmente in cloud dell’azienda. «Oggi è una modalità consolidata, ma diciotto anni fa quando Workday è nata era quasi una scommessa – interviene Fabrizio Rotondi, chief operating officer EMEA South dell’azienda -. La vera sfida era proporre un servizio di livello B2B ma con una modalità di utilizzo simile al B2C, quindi estremamente immediato e facile».

Ai tempi, se non proprio un’eresia, quasi. La netta distinzione tra mondo aziendale e consumer era una realtà ancora consolidata. Smentita tuttavia dal tempo, sia con l’inevitabile superamento dei confini aziendali per l’infrastruttura IT e il lavoro in generale, sia per gli effettivi benefici dimostrati sul campo. «C’era la scommessa di offrire a ogni azienda la possibilità di diventare flessibili nella velocità del cambiamento e mettere le persone in condizione di operare al meglio».

A migliore conferma di una strategia rivelatasi azzeccata, la rapida ascesa. Se negli USA di parla di una crescita regolarmente raddoppiata per i primi anni, in Italia è stato comunque necessario cambiare sede praticamente ogni anno alla ricerca di nuovi spazi. Alla quale si affianca un parco clienti di tutto rispetto, a partire da nomi di rilevanza internazionale, come Netflix e Just Eat.

Pierre Gousset Workday
Pierre Gousset, vice presidente EMEA di Workday

Il profilo migliore dell’IA

Più in generale, quando di parla di gestire le risorse umane, in pochi possono chiamarsi fuori. Facile quindi intuire l’interesse di uno strumento come l’IA generativa a supporto dei processi. Un argomento però anche molto delicato, e non solo quando si allarga l’orizzonte al mondo finance. «Chiaramente l’AI ha bisogno di dati – continua Gousset – e dobbiamo gestire la massima trasparenza su quelli che usiamo e come li usiamo. I nostri clienti hanno il controllo sull’utilizzo dei loro dati per addestrare i nostri modelli. Capiscono come devono funzionare i nostri modelli, quali dati vengono utilizzati e come, e come i nostri modelli vengono testati per individuare eventuali bias».

Il potenziale tuttavia, è facile da intuire. Attività in questi settori prevedono molti passaggi ripetitivi e poco produttivi. Uno strumento in grado di svolgerli in autonomia riduce il rischio di errore aumentando al tempo stesso la possibilità di dedicarsi alle mansioni più qualificate. Una volta di più, un esempio importante di come non si parli in alcun modo di sostituire l’attività umana ma semplicemente affiancarla.

«Tante aziende hanno le idee chiare in proposito. Parafrasando la definizione, più dell’artificiale, ci chiedono uno strumento intelligente. Basato su una grande quantità di dati affidabili, sottoposto a convalida umana e in grado di operare su larga scala».

Non a caso, dei diecimila clienti Workday, circa la metà è attiva nella gestione delle risorse umane. Duemila di loro, hanno già accettato di contribuire all’attività di machine learning, mettendo a disposizione i dati, nel pieno rispetto delle norme e opportunamente resi anonimi. In pratica, due miliardi di informazioni al giorno, utili ad alimentare l’algoritmo. Una cifra importante, pronta a tradursi in benefici per tutti. Dalla crescente affidabilità del software, a vantaggi concreti sull’attività lavorativa quotidiana.

La persona giusta al posto giusto

«Un impiego già diffuso è per mappare meglio gli skill presenti in azienda e, nel momento di varare un nuovo progetto, assegnare i compiti in modo automatico, con la garanzia di portare il progetto al successo avvalendosi delle persone giuste e sfruttando appieno il potenziale di ognuno».

Esattamente quanto è riuscita a raggiungere PwC. Realtà con oltre centocinquanta sedi locali. Individuati i processi strategici dove era più evidente la necessità di aggiornamenti, l’applicazione degli strumenti di IA Workday ha permesso di seguire l’attività dei singoli e i relativi progressi.

I benefici pressoché immediati nel gestire le competenze del personale, ma anche nell’acquisirne di nuove da parte dei diretti interessati, hanno presto indotto PwC a passare dalla sperimentazione iniziale a una copertura totale, spesso a seguito di una espressa richiesta delle sedi locali una volta inquadrato il potenziale.

Con soddisfazione anche sul fronte dell’investimento. Grazie anche ai vantaggi del passaggio in cloud, i benefici infatti si sono rivelati presto molto più importanti del necessario ritocco al budget. Lasciando anche ampia libertà d’azione a livello locale, così da sfruttare l meglio ogni fattore caratteristico.

Uno scenario sicuramente ottimista per quanto riguarda una diffusione più concreta dell’intelligenza artificiale, e quindi più consolidata. Dove, notizia non scontata,  l’Italia risulta allineata. «È un mercato paragonabile agli altri principali in Europa – conclude Pierre Gousset – Le organizzazioni intendono chiaramente investire di più in AI e ML nei prossimi anni, ma hanno riserve sulla qualità dei dati e sulla privacy, e poche risposte chiare per ora . Vogliamo dare loro la possibilità di trarre vantaggio da soluzioni di AI e ML chiare e trasparenti all’interno del loro naturale flusso di lavoro. Anche se pochissimi hanno avviato progetti operativi, la disponibilità di sperimentare non manca. Siamo ancora nella fase di valutazione del potenziale, ma soprattutto dei rischi. Quando si espongono dati personali, si cercano sicurezza e affidabilità al 100%. Esattamente il nostro impegno».

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