L’export sostiene la moda, tessile in affanno

Secondo una ricerca di Sistema Moda Italia, il fatturato del settore nel 2007 è cresciuto complessivamente del 2,6%

Il 2007 è stato un anno complessivamente positivo per il settore tessile-moda italiano, anche se le aziende del tessile hanno dovuto fare i conti con una netta marcia indietro delle esportazioni. Lo segnala una rapporto elaborato da Sistema Moda Italia (Smi): grazie alla buona dinamicità che ha caratterizzato la prima parte dell’anno, il 2007 si è chiuso con un incremento medio di fatturato del 2,6%, che ha consentito alle vendite di riportarsi sopra quota 54 miliardi. Anche la dinamica del valore della produzione (una sorta di stima del valore dell’attività realizzata in Italia, al netto dei proventi derivanti dalla commercializzazione di beni/prodotti acquistati all’estero) si è confermata positiva (+2,4%).

Male il tessile, bene l’abbigliamento
Il 2007 è stato tuttavia un anno “diviso a metà” per le aziende del comparto: se, infatti, fino a tutto il primo semestre le condizioni di operatività sia sui mercati esteri, che (in parte) su quello interno, erano state soddisfacenti, nei mesi successivi si è registrato un rallentamento sempre più consistente. Si è in sostanza assistito a un profilo congiunturale inverso rispetto a quello del 2006, quando il secondo semestre era stato particolarmente positivo, mentre la prima parte dell’anno era stata caratterizzata da stagnazione. Altro elemento di differenziazione fra il 2007 ed il 2006, segnala il rapporto Smi, è da ricercare nei risultati relativi ottenuti ai vari stadi della filiera. Infatti, mentre due anni fa erano state soprattutto le imprese del tessile a beneficiare della fase di sviluppo del ciclo economico, nel 2007 sono stati i comparti del vestiario a registrare le performance più soddisfacenti.
















L’andamento dell’industria tessile – moda (file .pdf)



Continuano le chiusure
Nonostante il recupero del fatturato, continuano le difficoltà sul lato occupazionale: il report stima oltre 1700 chiusure aziendali (-2,9%). Le cessazioni d’attività si sono concentrate, ancora una volta, fra le realtà più piccole e quindi gli effetti sui livelli occupazionali sono risultati meno che proporzionali. La stima del calo degli addetti è infatti dell’ordine dello 0,7% (ovvero circa 3.700 unità). Per quanto riguarda il saldo commerciale, le vendite estere sono aumentate a un ritmo  dimezzato rispetto al 2006 (+1,9%); tuttavia, si è assistito a una decelerazione molto più forte per le importazioni (+2,6% contro il 12,2% di un anno fa). Più nel dettaglio, sul fronte dell’export i risultati ottenuti dall’industria tessile da una parte e dell’abbigliamento dall’altra sono stati del tutto antitetici. Nel primo caso, dopo il recupero del 2006, si è assistito a un sensibile peggioramento (-4,5%), soprattutto a causa delle difficoltà incontrate sui mercati Ue (new comer in particolare) e nei paesi dell’area dollaro (Nafta e Asia), dove si sono fatti sentire gli effetti dell’euro forte. La riduzione della capacità di assorbimento di filati e tessuti Made in Italy di queste piazze è stata infatti compensata solo in parte da risultati positivi ottenuti in alcuni contesti euro-mediterranei (come Nord Africa e Turchia).

Terzo anno positivo per l’export della moda
Le esportazioni di abbigliamento-moda hanno invece ottenuto lo scorso anno i risultati migliori (+6,3%) della storia recente. Si è trattato del terzo anno di export positivo e in accelerazione; ciò ha consentito alle vendite estere del macro-settore di riportarsi abbondantemente sopra la soglia dei 17,2 miliardi, un livello “nominale” superiore al picco raggiunto nel 2001, prima cioè dell’inizio della lunga fase recessiva. Notizie positive sullo stato di salute dei comparti a valle della filiera giungono anche dalle inchieste campionarie interne effettuate da Smi, che segnalano come gli sforzi sul fronte dell’innovazione di prodotto abbiano consentito, per la maggioranza dei prodotti in portafoglio, di muovere al rialzo i listini all’export.

Cina sempre più dominante nelle importazioni
In termini di aree di sbocco, un contributo determinante è giunto lo scorso anno dai mercati non-Ue “vicini” (es. Russia), ma anche in ambito europeo si sono ottenuti buoni risultati. Cina e Hong Kong hanno confermato di poter essere anche un’ “opportunità” per le aziende italiane (l’area si è mantenuta in crescita e si configura ormai come l’ottavo mercato di sbocco per il Made in Italy). E’ però sul mercato all’importazione che si conferma il ruolo dominante della Cina che ha coperto, da sola, oltre un quarto dell’import totale (a valore) di abbigliamento, sottraendo ulteriori ambiti ai fornitori est-europei. Il gigante asiatico ha aumentato sensibilmente anche la propria capacità competitiva in ambito tessile, spiazzando praticamente tutti i tradizionali fornitori e arrivando a controllare il 18% circa del mercato all’import.

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