Le belle promesse delle Internet start up

Xamlon e JotSpot, due casi di nuove realtà che provano a riproporre (riveduto e corretto, in ottica sviluppo) il business delle dotcom.

8 ottobre 2004

A San Francisco si sono dati convegno i “reduci” delle dotcom. L’occasione per farlo è stata la Web 2.0 Conference, un incontro-raduno fatto da chi è stato protagonista (e ha ancora voce in capitolo per essere ascoltato) della new economy.


I convenuti, per dare un senso alla cosa, non hanno perso troppo tempo con i “come eravamo”, ma si sono espressi su quello che sarà il futuro di Internet e del nuovo business che ci si crea attorno, prendendo come punto di partenza il fittizio compleanno della Internet-revolution: 10 anni.


Gente come Joe Krause, Jeff Bezos con lo scaffale di Amazon appresso, Marc Andreessen, con la “scimmia” di Netscape che non gli è ancora scesa dalla spalla e, soprattutto Mark Cuban hanno espresso le loro idee. La loro lettera, però, non ha avuto il credito che ebbe anni addietro. Tanto che il più ascoltato è stato il proprio l’ultimo, che ora fa il proprietario della squadra di basket Nba, Dallas Mavericks.


Cuban è un esempio per tutti, proprio per la sua capacità, conclamata dai fatti, di saper uscirne in tempo.


Già la franchigia Nba se l’è comprata vendendo la propria creatura Web (Broadcast.com a Yahoo) quando era all’apice della valutazione.


Cuban viene ritenuto un segugio di startup.


Il caso di Mamma.com esemplifica.


A marzo il suo interessamento a quello che si definiva come “nuovo Google”, o anche “la madre di tutti i motori di ricerca”, che voleva fornire un motore di search per i servizi di marketing online, catalizzò l’attenzione. Cuban ci investì qualche soldo.


Ma a luglio ci ha ripensato e ha portato via il suo 6,3%, indispettito dai troppi fondi privati accorsi a sostenere l’intrapresa. Risultato: il titolo di mamma.com crolla del 15%.


Ora quei soldini li ha messi un Icerocket, che però viene definito dal vulcanico presidente dei Mavs “il mio giocattolo”. E se si dovesse rompere?


Comunque, il clima che ruota attorno alle startup Web non è ovunque così influenzato dall’entertainment.


C’è anche chi prova a fare cose serie. Di Vivisimo, con il motore di ricerca Clusty, si è già detto su queste pagine.


Negli ultimi giorni sono assurte alla ribalta un altro paio di realtà.


La prima è Xamlon. Creata da Paul Colton, un ingegnere software e imprenditore, Xamlon ha rilasciato, nei giorni scorsi, un kit per sviluppare velocemente interfacce per applicazioni Web. La novità imprenditoriale di questa startup è data dal fatto che Colton ha creato l’Sdk ispirandosi alle specifiche tecniche rese note da Microsoft quando presentò il progetto Avalon, ovvero lo strumento per gestire le interfacce Web che sarà contenuto nella nuova versione del suo sistema operativo, Longhorn.


Colton prese i cosiddetti blueprint con cui Microsoft un anno fa alla Professional Developer Conference spiegò cosa voleva costruire e ne fece il proprio progetto di sviluppo.


E ora che Microsoft ha deciso di rinviare Longhorn al 2006, Colton ha due anni di vantaggio su un prodotto su cui Microsoft pone una grande valenza strategica.


In più c’è che Xamlon si adatta a versioni di Windows anche anteriori a quelle per cui Microsoft vuole far funzionare Avalon.


Insomma, ecco una startup concreta.


La seconda è JotSpot, ed è stata creata dai cofondatori di Excite.com, Joe Kraus e Graham Spencer.


Fine di JotSpot è quello di istituire il principio “wiki” nel campo dello sviluppo delle applicazioni Web, mettendo a disposizione un template online. Un punto di incontro, insomma, in cui persone diverse possono contribuire a progetti di sviluppo, utilizzando un’interfaccia comune.


Si tratta, insomma, di un portale per i progetti software su cui possono costituirsi gruppi di lavoro virtuali: ogni pagina di JotSpot avrà una casella di posta in cui chi ci ha lavorato potrà tenere traccia delle corrispondenze avute sui progetti in corso.


Insomma, un agorà per la creazione di applicazioni Web che farà anche uso di documenti Office, via Soap.


Una cosa in cui i venture capitalist Mayfield e Redpoint ci hanno messo più di 5 milioni di dollari. Insomma, non un giocattolo in mano a Cuban…

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