L’Aspic invita gli Asp ad associarsi

L’Asp Industry Consortium raggruppa in Italia una trentina di Application Server Provider e rassicura il trade. Asp non significa disintermediazione del canale, che può invece usufruire di nuove possibilità di business a livello di consulenza e servizio. E agli Asp lancia un invito: non fate tutto

Se siete attivi nel settore Asp e avete qualche dubbio… associatevi! L’appello viene dalla Aspic (Asp Industry Consortium) da un anno attiva anche in Italia. Una trentina di aziende ha già aderito al programma, che vede tra gli obiettivi la divulgazione e l’abbattimento di qualsiasi “barriera” che possa ostacolare la diffusione del modello operativo legato a ciò che gli Asp rappresentano.
Di fatto ci sono diverse abitudini, tutte italiane, che hanno contribuito a rallentare la diffusione del modello Asp. La lista degli errori inizia dall’abitudine di voler fare tutto da soli.
“Il livello di investimento è altissimo – spiega Andrea Ferravante, il quale oltre a occuparsi di Aspic ricopre l’incarico di direttore marketing in Always On Networks – ed è importante che si collabori a ogni livello”. Per questo il modello Asp non è, e non sarà, sinonimo di disintermediazione del canale, perché proprio quest’ultimo potrà sfruttare nuove sacche di business a livello di consulenza e servizio. E al canale è rivolto l’appello di associarsi al consorzio Aspic (il costo varia dai 2.500 a 15mila dollari, a seconda del fatturato dell’azienda) che ha come impegno anche quello di definire delle griglie contrattualistiche per definire degli standard sulla fornitura di questo genere di servizio. Spiega Giampaolo Minetti, anch’egli implicato nella gestione del consorzio: “Altre barriere che stanno ostacolando l’Asp sono legate all’assenza di un modello di pricing”. Come valutare i costi e le spese: a numero di utenti? A tempo di uso della connessione? A mole di dati trasmessi? L’importante è trovare uno standard. Così come sarà seguita questa strada anche per gli aspetti legali e di sicurezza. E poi, un altro consiglio:”Riscrivete e non adattate le applicazioni. Il rischio è quello di offrire prodotti non all’altezza”.
I manager dell’Aspic sono stati “presi a prestito” dalle aziende associate e ognuno ha un suo compito ben specifico. Quello di Alberto Fioravanti, amministratore di eFluxa e qui con incarico di responsabile ricerche, è legato alla diffusione di dati formulati attraverso interviste nazionali e internazionali. La prima riguarda la percezione e la tendenza delle aziende ad adottare il modello Asp. Le risposte non sembrano essere del tutto omogenee. Se da una parte il 70% (e in particolare il 63% italiane) delle aziende intervistate (il panel internazionale comprendeva 1.983 risposte) diceva di aver ben presente che cosa volesse dire l’offerta Asp, il 50% di queste dice di non aver per niente preso in considerazione l’adozione di questa offerta anche perché il 25% afferma di non trovare un’offerta tagliata su misura per la propria gestione aziendale.
Al di là di questa analisi, comunque, Ferravante si sente di esprimere un proprio giudizio sulla diffusione dell’Asp in Italia: “Se calcoliamo i clienti effettivi delle società che fanno parte della nostra associazione, mi sento di dire che circa 2.000 aziende italiane stanno già richiedendo collaborazione in questa modalità e queste sono per lo più delle Pmi”. Pmi o grandi imprese, il dubbio su quale sia il target più affine all’Asp rimane. Così come forse nessuno avrebbe mai scommesso che sono le applicazioni di accounting le più richieste in “affitto” esterno. Anche i manager dell’Aspic riconoscono: “Noi avremmo detto che sarebbero andate per la maggiore le applicazioni di Crm o di collaborative processing o ancora di human resources. E invece il 70% richiede la contabilità”. Seguono l’e-commerce, il Crm e le office productivity suite.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome