La perdita dei crediti costa 270 miliardi all’Europa

L’Italia peggiora nel 2009 la sua classifica nell’indice di rischio sui pagamenti elaborato da Intrum Justitia: le fatture insolute valgono in media il 2,5% del fatturato delle aziende

Debitori inseguiti dalle imprese come Paperino dal salumiere? L’indice di rischio sui metodi di pagamento in Europa è salito a quota 154 nel 2009 (da 150 nel 2008), dove cento rappresenta una situazione ideale di rischio zero e duecento un caso di emergenza. Eppure, come ha rilevato la ricerca annuale di Intrum Justitia (gruppo svedese di recupero crediti), l’European Payment Index, il 65% delle imprese aspetta in media 85 giorni prima di affidare le fatture insolute a una società specializzata, mentre il 35% non si rivolge ad aiuti esterni. Questi ritardi, però, costano cari; per esempio, 25 miliardi di euro per rintracciare i debitori, giacché solo la metà delle fatture è pagata regolarmente. La perdita dei crediti ha raggiunto i 270 miliardi, mediamente il 2,4% del fatturato delle aziende.

Gli estremi della classifica
L’indice elaborato da Intrum si riferisce al primo trimestre 2009, su aziende di varie dimensioni (il 42% con meno di 19 dipendenti) in 25 paesi europei. I servizi e l’industria sono i settori maggiormente rappresentati nel campione, perché valgono quasi il 70% della torta. L’obiettivo è misurare il pericolo d’incorrere in problemi finanziari a causa di ritardi o perdite dei crediti. I paesi più a rischio – come già nel 2008 – sono Grecia, Repubblica Ceca e Portogallo; quest’ultimo possiede un indice di 184 contro la media europea di 154. La nazione più virtuosa si conferma la Finlandia (125), seguita a ruota dalla Svezia.

L’Italia peggiora
L’Italia occupa una posizione poco lusinghiera nella classifica del 2009; nella penultima fascia (tra 160 e 169) con Spagna, Polonia, Ungheria e Lettonia. Il tempo medio di pagamento delle fatture supera i 90 giorni, contro il dato europeo di 57 (Finlandia 23, Germania 42, Francia 59, Spagna 98). L’Italia conta normalmente 34 giorni di ritardo (19 a livello europeo), oltre i 60 previsti dai contratti nel nostro paese; la perdita dei crediti vale mediamente il 2,5% del fatturato delle aziende. La ricerca evidenzia quanto sia oneroso controbilanciare i crediti non riscossi: considerando un margine del 2%, un’impresa deve vendere prodotti aggiuntivi per 25mila euro, per riempire un buco di 500 euro.

Negli ultimi sei anni, l’Italia ha peggiorato la sua classifica nell’indice di ben dieci punti. Il movimento da gambero emerge nel confronto con i principali partner economici: Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna, che mostrano indici rispettivamente di 150, 153, 155 e 166, variabili da +3 a +7 punti rispetto allo scorso anno. Dunque solo la Spagna sta soffrendo più del nostro paese che, però, primeggia nel ritardo dei pagamenti con 34 giorni (Spagna 31 e Germania 17) e nella perdita sui crediti: 2,5% del fatturato, contro percentuali variabili tra 2,1 e 2,4 per gli altri paesi.

Più rischi nei prossimi mesi
Gli imprenditori italiani sono pessimisti per il futuro: il 70% di quelli intervistati ritiene che i rischi aumenteranno nei prossimi mesi. Il 69% ha dichiarato che i pagamenti ritardati sono cresciuti nel 2009, proprio a causa della crisi finanziaria; secondo il 93% delle aziende, le fatture insolute riguardano debitori che si trovano in difficoltà economiche. Anche i pagamenti ritardati intenzionali, segnala la ricerca Intrum, costituiscono una piaga per le imprese, avendo raggiunto il 60% delle risposte a livello europeo. A riprova che i debiti non dipendono solo dalla crisi, ma anche dalle abitudini (spesso riprovevoli) dei clienti.

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