Jovane: «Microsoft non teme la concorrenza»

Il nuovo amministratore delegato della filiale italiana del gigante di Redmond spiega a Top Trade Informatica le strategie della società

Fantastico! È la sua espressione preferita e, immaginiamo, non abbia mancato di ripeterla quando lo scorso mese di luglio gli hanno consegnato le chiavi della filiale italiana di Microsoft. Il profilo di Pietro Scott Jovane è incredibilmente tagliato su misura per incarnare alla perfezione il volto nuovo del colosso di Redmond. Ha 39 anni, dunque, Jovane anche di fatto oltre che di nome, la sua formazione professionale è un mix di finanza e Internet (anche se lui ama definirsi un professionista del numero), il suo Dna scaturisce dall’unione tra la fantasia partenopea e il rigore scozzese. Stupisce, dunque, ma solo fino a un certo punto, il fatto che proprio lui sia stato scelto per un simile ruolo, dopo una carriera fulminea e a distanza di soli cinque anni dal suo ingresso in Microsoft come Cfo. Per salutare la sua solenne investitura, nel corso di un’affollata conferenza milanese, si è scomodato Umberto Paolucci, che Microsoft Italia l’ha fondata 23 anni fa e che oggi è il vice president di Microsoft Corporation e il senior chairman di Microsoft Emea. «Sono particolarmente felice di sapere alla guida della filiale italiana un giovane manager quale Pietro Scott Jovane – ha annunciato Paolucci -. Pietro, non ancora quarantenne, porta con sé una straordinaria miscellanea di esperienze, sia d’azienda sia di business».

Una benedizione in piena regola per un carico di aspettative e di responsabilità non indifferente… È pronto per la sfida?
 Quando mi hanno comunicato della nomina, la prima cosa che ho pensato è stata “questo è il più bel lavoro che una persona come me possa sognare di fare”, ci sono stati momenti di grande entusiasmo poi ovviamente è subentrato un grande senso di responsabilità che però non mi spaventa, è uno stimolo. Nella nostra filiale lavorano tante persone giovani che contano su una guida salda e affidabile per i prossimi anni, io farò del mio meglio. Devo dire che in questo sono molto aiutato da tutto lo staff che collabora con me e da tutti i miei colleghi che mi sostengono e mi trasferiscono fiducia. La presenza di Umberto Paolucci, che ha un suo ufficio qui in Italia, è poi per me una garanzia.

Proprio Paolucci ha parlato di lei come di un manager destinato a grandi successi…
Ne sono onorato. Lui è il mio mentore, è la persona che ha fondato Microsoft in Italia e ora ha un ruolo importantissimo per tutta l’azienda. Persone come lui e Marco Comastri hanno segnato molto la mia carriera.

La sua nomina arriva a solo un anno di distanza da quella di Mario Derba, cosa rappresenta un cambiamento così repentino?
Cambiare amministratore delegato non implica necessariamente uno stravolgimento delle strategie. Anzi, il mio auspicio è quello di agire in virtuosa continuità con quanto Mario stava facendo. Ora Derba ha davanti a sé una nuova sfida, Microsoft ha infatti deciso di sfruttare il suo prezioso background a livello enterprise per sviluppare progetti in Europa occidentale. Credo invece che la mia scelta sia frutto dell’attenzione che la nostra azienda pone ai mutamenti del mercato. Di fronte a sfide come quella del software come servizio, della consumerizzazione e della nuova era del Web il mio backgroud ha fatto sì che la mia figura fosse più pertinente.

Proprio l’evoluzione del software come servizio sembra in effetti una delle sfide più impellenti per voi…
Direi di sì, il perché è presto detto. La tecnologia oggi sta entrando in azienda a una velocità tre volte superiore rispetto al passato e soprattutto con logiche completamente differenti. La disponibilità di una banda sempre più larga sta infatti portando molte aziende a non basarsi più solo sulla logica dell’acquisto tradizionale di computer e server. Molte attività che fino a oggi venivano erogate o svolte solo attraverso server o personal computer, adesso, nella maggior parte dei casi, possono essere erogate attraverso l’integrazione tra software e Web. Dunque, il nuovo scenario è quello di un’azienda che, attraverso l’uso del software, accede a una gamma completa di servizi, dalla produttività individuale alla gestione dei processi. Non solo, è cambiata anche la percezione dell’informatica nelle imprese. Prima erano i sistemi informativi a dispensare la tecnologia, adesso sono gli stessi utenti a chiedere di usare strumenti quali la messaggistica istantanea. L’It è molto più pervasiva. I lavoratori si aspettano di trovare in ufficio gli stessi strumenti che usano abitualmente a casa.

Su un tema così cruciale Google vi sta sfidando su vari fronti. Il lancio del browser Chrome è solo l’ultimo indizio in questo senso. Quale sarà la vostra ricetta per resistere a una simile concorrenza?
Se penso a Microsoft nel tempo, si è sempre trovata ad affrontare sfidanti molto temibili che la mettevano nel mirino proprio per la sua capacità di essere leader e di interpretare le innovazioni tecnologiche. Devo dire che il fatto che ancora oggi esista questo tipo di concorrenza è assolutamente un bene e non ci stupisce. Oggi la grande sfida è proprio sul Web che è diventato un must. Uno strumento che continua ad aumentare e arricchire le sue dimensioni e con esse le opportunità di business. Se questo è vero è normale che oggi il browser sia diventato il centro di una piattaforma di lavoro. Oggi i contenuti sul Web li creiamo noi. Se penso alla beta 2 di Internet Explorer 8, che abbiamo rilasciato molto prima di Google Chrome, Microsoft si è mossa ancora una volta bene e in anticipo. Si tratta, infatti, di una soluzione che facilita e supporta al meglio la navigazione nella Rete di nuova generazione, dai social network ai blog, passando per le mappe, i servizi online… Fondamentale è poi l’attenzione che stiamo prestando all’aspetto della privacy. Un utente deve poter scegliere che tipo di rapporto e che tipo di dati intende scambiare e offrire al provider.

Perché in Italia la pirateria legata al software è così diffusa? Quale ruolo avranno i vostri partner di canale nella lotta a questa piaga?
Il fenomeno è diffusissimo e devo dire che spesso il cliente finale non sa nemmeno di avere una copia pirata di un software. Acquista a poco prezzo un computer e non si domanda troppo il perché di un simile ribasso. Devo dire che negli ultimi anni la pesante percentuale del 51% di software non originale è scesa al 49% ma noi, come Microsoft, non abbiamo ancora fatto abbastanza per dialogare con i clienti, i partner e il sistema Paese. Non ci siamo impegnati abbastanza per far capire che non è solo un problema di conto economico e di legalità. Bisogna puntare maggiormente sulla positività e sugli infiniti valori aggiunti che offre un software originale. Ovvio che in questo senso il valore e il rapporto diretto che i partner sono in grado di offrire ai clienti finali ha per noi un’importanza enorme.

A questo proposito che cosa pensa del nostro canale distributivo?
Per quanto riguarda Microsoft devo dire che le cose vanno molto bene. Se però si entra nel dettaglio della questione vedo un modello distributivo in difficoltà. Penso che ognuno degli attori in campo abbia ora la necessità di focalizzarsi su due o tre sfide al massimo che intende affrontare nei prossimi anni. Ora si deve pensare a un nuovo modo di fare business. Il partner di canale (il distributore, il system integrator, la software house, il Var…) deve essere agile come la tecnologia che offre e diventare sempre più un service provider. Il nostro compito è proprio quello di appoggiare queste realtà nel puntare su soluzioni non più residenti presso l’utente finale, ma su servizi affidabili sempre più ricchi, affidabili, sicuri. È un’evoluzione complessa, ma ricca di prospettive e di valore.

Due sfide fondamentali per Microsoft in Italia?
È fondamentale che le piccole e medie imprese crescano, innovino e investano su nuovi business. L’azienda cresce anche e soprattutto con la tecnologia. Questo messaggio deve diventare un post-it per ogni imprenditore. Seconda sfida è poi la Pubblica Amministrazione. La Pa ha speso molto in tecnologia, ma i cittadini non la percepiscono. Su questo versante bisogna continuare a investire. Vedi il protocollo d’intesa che abbiamo firmato con il ministro Renato Brunetta per lo sviluppo di soluzioni tecnologiche nel settore scolastico.

Perché i sistemi open source hanno così grande successo, saranno lo standard per il futuro?
I sistemi open sono molto importanti a livello di server e nelle suite di produttività personale o di gruppo, ovvero nei back-end delle aziende e in alcuni desktop. Se vado a guardare le performance di Microsoft in questi due settori devo dire che l’open source ha avuto un grande successo, ma noi siamo ancora avanti e andiamo più forte. Ovvio che l’open source rappresenti però un grande stimolo di cui dobbiamo tener conto. Non possiamo, per esempio, non contemplare il fatto che i nostri prodotti debbano puntare sull’interoperabilità. Abbiamo avviato ottimi rapporti di collaborazione con realtà come Novell, i clienti devono avere la possibilità di scegliere il meglio per loro.

Un’ultima curiosità, ma a che punto siamo con la pubblicità sui social network?
L’advertising online è una certezza per il futuro. Tra il 2000 e il 2004 non c’era correlazione tra il desiderio di spingersi sul Web e la capacità reale di supportare un simile fenomeno da parte della tecnologia. Oggi un cliente visita anche 1.500 siti al mese, dubito che tv o giornali possano vantare simili numeri. A oggi l’advertising funziona molto bene sulle pagine tradizionali, sui quotidiani online, sui motori di ricerca. Per i social network il discorso è ancora diverso, bisogna studiare la strategia giusta e il giusto contatto con gli utenti. Solo adesso strumenti come Facebook possono dire di contare su un tipo di audience elevata e stabile, non c’è dubbio che a fronte di una simile certezza a brevissimo la pubblicità saprà adattarsi al meglio a questi strumenti.

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