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Italiane con la valigia: come e perché aprire un’impresa all’estero

In questi ultimi giorni vi abbiamo raccontato storie di aziende che hanno aperto o stanno aprendo attività all’estero.
Diversi sono i motivi che possono spingere un’azienda ad aprire le proprie attività in un altro Paese: espansione del proprio mercato di riferimento, collegamento con enti di ricerca, ricerca di nuove partnership, diverse opportunità fiscali e contributive.

In ogni caso, il punto chiave è sempre lo stesso: da dove si comincia?
Molto banalmente, il primo passo è quello di effettuare un’analisi accurata delle motivazioni alla base del processo di apertura verso i mercati esteri, prendendo in corretta considerazione gli aspetti socio economici, quelli giuridici, quelli fiscali, questi ultimi indispensabili anche per stabilire la forma giuridica da dare alla nuova impresa.
Sostanzialmente, tre sono le declinazioni possibili:

  • Ufficio di Rappresentanza
  • Stabile organizzazione
  • Società partecipata estera

L’ufficio di rappresentanza

L’ufficio di rappresentanza è di fatto la forma “più leggera” di apertura verso i mercati esteri, quella che impone meno costi e meno obblighi civilistici: in genere è sufficiente una registrazione alla Camera di Commercio locale. Per questo motivo di solito questo è il punto di partenza, cui possono far seguito azioni successive con un cambio anche radicale di forma giuridica.
Attenzione però: è importante informarsi bene su questo punto, dal momento che in alcuni Paesi non è possibile aprire alcuna attività se non vi è presente un socio locale.
È la forma più leggera anche dal punto di vista fiscale da momento che in molti Paesi, esattamente come accade in Italia, l’ufficio di rappresentanza non è soggetto a tassazione, che si applica invece nel caso della stabile organizzazione.
Possono fungere da uffici di rappresentanza i magazzini, i depositi, anche i punti di vendita come gli showroom cui sono affidate attività di promozione, mentre la vendita viene sempre esercitata direttamente dalla casa madre.

La stabile organizzazione

La stabile organizzazione si configura quando si costituisce una sede fissa di affari di una impresa italiana o quando questa abbia in territorio estero propri dipendenti che possano concludere contratti commerciali in suo nome e per suo conto.
La stabile organizzazione non è giuridicamente autonoma rispetto alla casa madre, non necessita quindi di capitale sociale e non è detto che sottostia all’obbligo di redazione di bilancio. Dispone però di Partita Iva o codice fiscale o analogo titolo identificativo in base alla legislazione vigente nel Paese ospite, viene tassata in base ai redditi prodotti e di fatto ai fini fiscali si configura come soggetto residente nello Stato estero.
Le tasse pagate all’estero vengono poi scomputate dal reddito della casa madre, nella cui contabilità confluiscono tutte le registrazioni contabili della stabile organizzazione.
In caso di perdite, queste possono essere portate in deduzione dal reddito imponibile italiano, con un recupero immediato. La casa madre ha inoltre la possibilità di distribuire fondi in dotazione alle stabili organizzazione, senza che questi siano soggetti a ritenuta da parte dello Stato ospite.

La società controllata

Infine, la terza formula, quella più completa, è la società controllata, che ha una personalità giuridica separata rispetto alla casa madre, deve essere dotata di capitale sociale, in una misura congruente rispetto a quanto previsto dalle legislazioni vigenti nei Paesi in cui se ne decide l’insediamento.
Alla società controllata viene fatto obbligo di disporre di organi gestionali e decisionali. In questo caso, bisogna fare attenzione all’ottemperanza rispetto alle normative italiane: è indispensabile che per la società controllata non si configuri il sospetto di esterovestizione, vale a dire di localizzazione fittizia in un altro Paese, soprattutto se con regimi fiscali più favorevoli rispetto a quello italiano. In questo caso, lo Stato italiano ha la facoltà di non riconoscere la società controllata e di conseguenza di non riconoscerne neppure il regime fiscale di assoggettamento.
In ogni caso, si fa riferimento alla disciplina della CFC Controlled Foreign Corporations.

Alcuni contatti utili

Per quanto riguarda tutti gli aspetti burocratici, indispensabili sono poi i contatti con gli Enti, gli Istituti e gli Uffici preposti ad accompagnare un’azienda nel suo viaggio all’estero.

  • Camera di Commercio Internazionale [http://www.iccitalia.org/] – rappresenta le aziende di tutto il mondo e ha per obiettivo promuovere gli investimenti, l’apertura dei mercati di beni e servizi e la libera circolazione dei capitali
  • Istituto nazionale per il Commercio con l’Estero [http://www.ice.gov.it/] – nato nel 1926, chiuso nel 2011 e ricostituito nello stesso anno come “ICE –Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane“, con l’obiettivo di supportare le esportazioni e gli investimenti italiani nel mondo e di favorire gli investimenti esteri in Italia.
  • Ministero degli Esteri [http://www.esteri.it/mae/it/]
  • Sace – Servizi Assicurativi per il Commercio Estero [http://www.sace.it] gruppo assicurativo-finanziario attivo nell’assicurazione del credito, nella protezione degli investimenti, nelle garanzie finanziarie, nelle cauzioni e nel factoring, partecipata da Cassa Depositi e Prestiti. Segue le aziende italiane nelle transazioni internazionali e negli investimenti all’estero.
  • Simest – Società italiana per le imprese all’estero [http://www.simest.it] – Partecipata da Cassa Depositi e Prestiti, assiste le aziende italiane che investono all’estero.
  • YOR [http://www.yor.it/home] – Agenzia che si occupa non solo di visti consolari, ma anche della vidimazione e legalizzazione di documenti presso tutte le ambasciate e i consolati presenti in Italia.
Altre referenze utili

Storie di aziende italiane che aprono all’estero

Servizi e iniziative a supporto delle aziende che vogliono operare all’estero

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