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Internet italiana, l’effetto Sanremo analizzato dal MIX

Nel caso non ve ne siate accorti, l’edizione di quest’anno del Festival di Sanremo ha registrato picchi di audience che riportano al periodo aureo di Pippo Baudo&Co.

Avendo assunto, nostro malgrado, il ruolo di osservatori dei comportamenti degli italiani che guardano la TV (sia quella “lineare” fatta di televisori, parabole, ripetitori e satelliti, sia quella “online” via Internet) non potevamo trascurare le cinque serate del festival di Sanrempo che hanno trattenuto davanti alla TV una buona percentuale di spettatori fino a notte fonda.

E invece, niente. Le tracce del passaggio di Sanremo sul traffico Internet del periodo appena concluso sono quasi impercettibili.

Ha lasciato più segni (non solo nell’amor proprio degli juventini) la partita Verona-Juventus di sabato 8 febbraio, che le cinque serate di Amadeus.

Anche passando al microscopio le ore del festival, come nella seconda figura qui sotto (dove i cinque giorni sono confrontati con la media dei sette giorni delle altre tre settimane del periodo), non si vedono picchi di qualche interesse.

Ci risulta, sì, che Netflix abbia registrato il suo minimo di traffico proprio quel giorno, ma stiamo comunque parlando di “zero-virgola”.

Possiamo avanzare una teoria, quella delle due Italie: da una parte ci sarebbero gli “internettiani”, fruitori di film, serie tv, eventi sportivi e YouTube, che distribuiscono il loro consumo di media online su tutto l’arco della giornata e su dispositivi diversi (smartphone, tablet, computer, smart TV), dall’altra c’è l’Italia tradizionale, che apprezza non solo Diodato o Achille Lauro, ma anche Rita Pavone e i Ricchi e Poveri, ma si tiene lontana dai nuovi media (secondo le statistiche c’è ancora un terzo di italiani che ritiene Internet inutile).

Magari le due Italie sono presenti all’interno della stessa famiglia, ma in stanze diverse.

È appena uscita un’interessante indagine di mercato di Limelight Networks (operatore di Content Distribution Networks, certamente interessata ai comportamenti dei fruitori di contenuti multimediali online): “The State of Online Video 2019”.

Come tutti gli studi statistici, va preso con le molle. Ad esempio, il campione di intervistati dovrebbe essere intorno a 500 persone per l’Italia, selezionate tra quelle che guardano video online.

Ci sono comunque numeri interessanti, specie se si vanno a confrontare i diversi paesi analizzati (Francia, Germania, India, Italia, Giappone, Singapore, Corea del Sud, Gran Bretagna e Stati Uniti).

Nel complesso siamo passati da poco più di 4 ore di contenuti video online alla settimana fruiti nel 2016, a 5,75 nel 2017, 6,75 nel 2018, per assestarci a 6,8 ore nel 2019. Gli americani e gli indiani sono i maggiori consumatori, intorno a 8,5 ore, seguiti da Singapore e, sorpresa, dall’Italia (7.35), che è anche il paese con la maggiore crescita rispetto all’anno precedente. Se siete curiosi di sapere quali Paesi non passano molto tempo a guardare video online: Giappone (4,8), Germania (5,52) e Francia (6,65) sono i più “virtuosi”.

Sempre in termini globali, i maggiori fruitori sono i giovani dai 18 ai 25 anni (il survey è stato somministrato solo ai maggiorenni), che sono 1,6 ore sopra la media (8,40), e c’è addirittura quasi un 30% che consuma più di 10 ore di video alla settimana; all’altro estremo gli over 60, con un 1,5 ore sotto la media (5,30).

Gli uomini guardano video una buona mezz’ora in più delle donne (e non ci addentriamo nel terreno minato delle questioni di genere).

Contenuti broadcast, Italia prima

Ritornando alle specificità di casa nostra e prendendo in considerazione anche i contenuti video in modalità broadcast (satellite, DTT o cavo) che vengono fruiti dagli stessi soggetti dell’indagine di mercato, viene fuori che l’Italia è al primo posto, con quasi 9 ore alla settimana, davanti a USA (8.67) e Gran Bretagna (8.02) rispetto a una media globale di poco più di 7 ore.

Ovviamente questo campione statistico non comprende quei consumatori che non usano affatto l’online e che, forse, nel nostro paese non sono proprio pochini. Gli americani, gli italiani e gli indiani passano una media di più di 2 ore al giorno a guardare video, sia online sia broadcast, all’altro estremo i giapponesi che sono sotto 1,5 ore.

Solo in India e a Singapore i contenuti online sono diventati preponderanti, per gli stessi Stati Uniti la fruizione è ancora parimenti distribuita tra online e TV lineare.

Infine, in Italia il 27% non ha abbonamenti a servizi di streaming, un 33% ne ha uno e il 40% più di uno, più o meno in linea con le medie globali. D’altra parte, il 50% di quel campione intervistato sottoscrive un abbonamento a un servizio di broadcast (satellite o cavo).

Di questi, però, oltre il 40% dichiara che cancellerà l’abbonamento se i prezzi continueranno a salire e il 30% che terminerà l’abbonamento quando tutti i contenuti che gli interessano saranno disponibili online. Tempi duri per i broadcaster.

Leggi il nostro articolo sui dati dello streaming italiano

Leggi i precedenti report del MIX

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