L’impatto della pandemia di Covid-19 sui conti economici e gli stati patrimoniali delle aziende manifatturiere italiane non ha fermato l’interesse verso le soluzioni di Industria 4.0.
Durante la pandemia, infatti, il 63% delle imprese indagate non solo non ha interrotto i flussi di capitali a supporto dei progetti di Smart Manufacturing, ma li sta accelerando dedicando in media più di 1/3 del factory budget.
È questo il quadro che emerge dal report di Deloitte ‘L’importanza di un approccio ecosistemico alle iniziative di Industry 4.0 – una fotografia del settore manifatturiero italiano’, condotto tramite un sondaggio online a oltre 850 dirigenti di aziende manifatturiere in 11 Paesi a livello mondiale (Italia, Canada, Cina, Francia, Germania, Giappone, India, Messico, Spagna, UK e USA) e su interviste qualitative condotte a oltre 30 executive del comparto.
Le aree di eccellenza italiane in ambito Industria 4.0 secondo Deloitte
A livello italiano, dal report sono emersi tre ambiti specifici dove le nostre aziende eccellono, riuscendo a gestire su ampia scala le iniziative di Industria 4.0 e dimostrando un grado di maturità maggiore rispetto ad altre geografie: l’automatizzazione di magazzini e centri di distribuzione (57%), l’uso di sensori in grado di rilevare la qualità di un prodotto/processo aziendale (53%) e prodotti smart e interconnessi grazie a tecnologie IoT (40%).
L’importanza degli ecosistemi di Smart Manufacturing per Industria 4.0
Inoltre, la maggiore propensione delle aziende a supportare iniziative di Industria 4.0 risente anche di un nuovo approccio che va diffondendosi sempre più: 9 aziende su 10 riconoscono infatti l’importanza di aprirsi a ecosistemi di smart manufacturing.
Principali benefici dell’ecosistema: time-to-market, fatturato e innovazione
Le aziende italiane partecipano a ecosistemi produttivi in ambito smart manufacturing prima di tutto per migliorare il proprio time-to-market (34%), sviluppare nuovi canali o mercati (29%) e migliorare la propria capacità innovativa (26%). Una potenziale riduzione dei costi, sebbene rappresenti un aspetto molto rilevante e generi benefici non trascurabili – specialmente in un contesto quale quello che le aziende stanno attraversando a causa delle conseguenze della pandemia – non è però la determinante principale della costituzione di un ecosistema (14%).
Secondo l’analisi di Deloitte, condotta sulle principali dimensioni di valutazione di un approccio ecosistemico, la maturità dichiarata dalle aziende manifatturiere italiane è quasi sempre inferiore rispetto a quella che le loro azioni e strategie lascerebbero intendere.
Alla richiesta di esaminare lo stato attuale di maturità dei loro ecosistemi, solo tra il 7% e il 47% dei leader aziendali intervistati si è classificato a un livello di maturità di 4 o 5 su 5 per ciascuna delle caratteristiche identificate.
Il divario esistente rispetto all’importanza di ciascuna caratteristica suggerisce che, mentre le aziende hanno sviluppato connessioni esterne a supporto dei loro sforzi in ambito Industry 4.0, queste non sono ancora sufficienti per poter parlare di un totale approccio ecosistemico.
Tipologia di ecosistemi: produttivi, supply chain e talenti
Il modesto livello di maturità delle aziende manifatturiere italiane si riflette anche nella tipologia di ecosistemi che si vanno creando e diffondendosi.
Ad oggi, il 93% delle aziende in Italia ha dichiarato di concentrarsi sullo sviluppo di ecosistemi produttivi, cioè quelli il cui fine ultimo è garantire attraverso l’adozione di opportune soluzioni tecnologiche un ottimale utilizzo della capacità produttiva installata.
Altri ecosistemi, fra cui quelli riconducibili alla supply chain (33%) e ai talenti (27%) sono oggi solo meno ricercati, non meno importanti.
Infine, secondo Deloitte sul fronte della cybersecurity un’azienda manifatturiera italiana su quattro ha evidenziato fra i maggiori ostacoli alla diffusione degli ecosistemi proprio il tema della sicurezza informatica.