Parla Simonetta Moreschini, da poche settimane alla guida della Divisione a tutela del Software Originale. In Italia il tasso di pirateria è ancora al 48 per cento e la contraffazione crea problemi alle imprese che vogliono internazionalizzare.

L’occasione è l’annuale appuntamento con Play It Safe, la giornata nella quale Microsoft propone, a livello mondiale, una importante riflessione sui temi legati alla contraffazione del software e alla tutela del software orginale.
Per Simonetta Moreschini, da poche settimane alla guida della Divisione a tutela del Software Originale, il debutto ufficiale nel ruolo.
”Queste giornate riportano l’attenzione su tematiche che in realtà dovrebbero essere sempre attuali”, esordisce la manager, da sei anni in Microsoft dopo 21 in Ibm, ”tanto più in un Paese come l’Italia che ancora viaggia su un tasso di pirateria del 48 per cento, sopra la media di molti altri Paesi europei e purtroppo allineato a geografie come l’Asia Pacific o Latam”.

Un 48 per cento che indica dunque quanto lavoro ci sia ancora da fare, anche se Moreschini riconosce che
la tematica della piracy e della contraffazione ha visto nel tempo una crescita della consapevolezza sia da parte degli operatori sia del mercato.
”I partner stanno comprendendo il valore del software asset management, non solo come verifica dell’installato del cliente, ma come proposizione di valore”, prosegue Moreschini, convinta che riuscire a ottimizzare l’ambiente di un cliente in termini di costi e soluzioni è un elemento di valore per l’operatore di canale.

Prezioso alleato nella difesa del software originale è da tempo il cloud: poter accedere a soluzioni flessibili in un concetto di pay per use è secondo la manager ”una risposta certa a chi cela comportamenti non corretti dietro l’alibi dei costi e consente di tenere sotto controllo anche tutti gli aspetti legati alla gestione delle licenze in azienda, che in modalità tradizionale a volte richiano di sfociare in comportamente anche involontariamente illeciti”.

C’è però un tema che è particolarmente caro a Moreschini: puntare sul software genuino significa innescare una leva virtuosa tanto più importante quanto più per le imprese oggi è fondamentale pensare a progetti di internazionalizzazione.
La manager ricorda che, pur non essendo più in black list, l’Italia è ancora nella watch list della Camera di Commercio Americana, a causa da un lato dei problemi legati alla pirateria, dall’altro ai tema della tutela della proprietà intellettuale.
”Speriamo che la situazione migliori anche con l’entrata in vigore del nuovo regolamento dell’Agcom. Avere una legilazione più chiara sulla proprietà intellettuale e inserire anche il software in questa legislazione è un passo importante”.
A livello europeo, invece, esistono una serie di norme, come quelle già adottate nel settore bancario, che di fatto hanno una funzione di ”moral suasion” non trascurabile.
”Sono convinta che ci stiamo muovendo nella direzione giusta: l’utilizzo del software genuino è elemento di competitività e innovazione di cui il Paese ha bisogno”.

Proprio in occasione di Play It Safe, Microsoft ha rilasciato i risultati di uno studio da lei promosso e condotto da Idc in collaborazione con la National University di Singapore, dal quale emerge che lo scorso anno in tutto il mondo i problemi provocati dal caricamento deliberato di malware su software contraffatto sono costati 500 miliardi di dollari e 364 miliardi di dollari sono stati invece spesi per riemdiare ai danni causati dalle violazioni dei dati.
Il problema è generale e diffuso: riguarda le azienda, ma anche i singoli utenti, per i quali le stime si attestano su 25 miliardi di dollari in costi e 1,2 miliardi di ore dedicate alla gestione delle minacce alla sicurezza e i Governi, il 60 per cento dei quali teme le possibili conseguenze sulla condivisione di dati, privati o strategici che siano. E in questo caso i costi associati potrebbero raggiungere i 50 miliardi di dollari.

A livello di imprese, lo studio evidenzia come due terzi delle perdite aziendali accadono per mano di criminali organizzati e come un ruolo non marginale nell’installazione di software contraffatto spetti ai dipendenti (20%).

Uno dei dati più preoccupanti che emerge dallo studio è che moltissimi pc nuovi vengono forniti agli acquirenti di fatto già infettati con malware proveniente da software contraffatto:
trojan horse, worm, virus, strumenti piratati, rootkit e adware.
Questo significa che queste macchine, se pur acquistate tramite rivenditori e negozi di informatica, rappresentano una minaccia molto seria alla sicurezza: utenti e aziende sono immediatamente vulnerabili.

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