Gioco d’azzardo per l’ecommerce tricolore

Secondo Casaleggio Associati, in Italia, ammonta a poco meno di 19 miliardi di euro il fatturato 2011 delle vendite online, in crescita del 32% rispetto al 2010.

Si aggira attorno ai 19 miliardi di euro il valore stimato nel 2011 dell’ecommerce in Italia che, a dispetto di una congiuntura economica davvero poco favorevole, con un aumento del 32% rispetto al 2010, conferma Internet quale canale di vendita a maggior crescita.

A dirlo è la sesta edizione dello studio Ecommerce in Italia 2012 condotto da Casaleggio Associati, in partnership con Adobe Systems, su un campione di 3mila aziende attive nei dieci settori merceologici considerati da sei anni a questa parte, ossia: alimentare, assicurazioni, casa e arredamento, centri commerciali online, editoria, elettronica di consumo, moda, salute e bellezza, turismo e tempo libero.

Numeri da capogiro per il gioco d’azzardo online
«Grazie al grande sviluppo del gambling, con un’incidenza del 56,9% – conferma Davide Casaleggio, partner di Casaleggio Associati –, proprio il tempo libero rappresenta quasi la metà del mercato considerato, con il gioco d’azzardo online che ha finito per ritagliarsi la quasi totalità dello spazio in questo settore» supportato dall’ingresso, a partire dal 2008 a oggi, di una serie di operatori di rilievo, di cui Poste Italiane è solo l’ultimo della lista.

Si parla dunque di un miliardo di euro in termini di valore per il tempo libero al cui interno la spesa iniziale per i giochi d’azzardo cuba per il 3,9%, mentre le somme rigiocate sfiorano il 48% dell’intera percentuale ascritta a questo specifico segmento indagato.

Così, mentre il secondo settore per importanza, vale a dire il turismo, registra un deciso rallentamento rispetto al 2010 «evidentemente per l’avvenuta saturazione del mercato», i settori che hanno registrato la crescita più significativa rispetto a un anno fa sono anche i siti di ecommerce multiprodotto e l’editoria.

Spinte da un desiderio di internazionalizzazione
Ciò detto, l’ecommerce rappresenta un canale sempre più strategico anche per le aziende italiane che puntano a internazionalizzarsi, tanto che il 67% degli interpellati da Casaleggio Associati risulta presente all’estero, con la Germania che si conferma la più attenta ai prodotti made in Italy appartenenti, soprattutto, ai settori alimentare e moda.

«Peccato – è l’ulteriore precisazione – che un quarto delle realtà nostrane che affermano di vendere online all’estero possiedono un sito in lingua italiana, mentre solo il 5% ha una qualche struttura operativa fuori dai confini nazionali». Ancora una volta – è il consiglio di chi ha già adottato una strategia di internazionalizzazione – su Internet vale la pena di investire in marketing & promozione sia del proprio brand che dei prodotti venduti curando l’ottimizzazione sui motori di ricerca, ma anche aspetti cruciali come la logistica e la spedizione delle merci.

Non per niente, i principali temi da affrontare per portare all’estero le proprie vendite online risultano essere la lingua utilizzata nel sito e i sistemi di pagamento, che cambiano di Paese in Paese mettendo in luce peculiarità che vedono in Spagna l’utilizzo più ampio della carta di credito, mentre in Russia si preferiscono gli e-wallet a fronte dell’addebito diretto su conto corrente che va per la maggiore in Germania e Olanda.

«Vanno poi considerati – è l’ulteriore puntualizzazione di Casaleggio – un sistema di gestione della valuta qualora si venda fuori dalla zona euro, ma anche il servizio di customer service, che determina come il brand viene percepito e il livello di soddisfazione dei clienti, nonché la gestione della dogana e dell’Iva, entrambe connesse a problematiche burocratiche da non sottovalutare».

I social media alleati dell’ecommerce
Il secondo punto approfondito nello Studio Ecommerce in Italia 2012 riguarda l’integrazione del sito aziendale con i social media, Facebook e Twitter in primis per generare ulteriore reddito.

Proprio l’invenzione di Mark Zuckerberg sarebbe ritenuta “molto efficace” dal 23% del campione considerato e “abbastanza efficace” da un altro 42%, tanto che poco più del 72% delle realtà che fanno ecommerce made in Italy risulta presente su un qualsiasi social media con il principale obiettivo di diffondere con il passaparola online i propri contenuti.

«Non a caso – è l’ulteriore aspetto emerso dalla ricerca –, il 54,6% delle aziende possiede una forma di integrazione tra il proprio store su Internet e i social media preferiti, mentre solo poco meno del 14% non opera, a oggi, alcuna forma di integrazione con il proprio sito ecommerce».

Certo è che quel 25,8% di realtà che hanno provveduto a implementare nel proprio store funzionalità come il “Mi piace” di Facebook, il social login e l’utilizzo dell’Open Graph, sono del tutto consapevoli di come l’integrazione dei social network con la propria vetrina per la vendita online possa generare vendite addizionali e di come far circolare un giudizio positivo (ma anche il suo contrario) possa generare o meno vendite addizionali altrimenti impensabili da raggiungere.

«Altrettanto vero – viene, però, fatto notare –, è che replicare le medesime funzionalità che si hanno sul proprio sito Web, spesso non permette di sfruttare le potenzialità del social media, ma anzi fa aumentare i costi di gestione della società, mentre su Twitter il lancio delle nuove brand page, previsto entro quest’anno, potrebbe introdurre nuove funzionalità, tra cui la possibilità di vendere i propri prodotti direttamente su questo social network invece di condividerne solo il contenuto poi acquistabile sul sito dell’azienda».

Il mobile guida il processo di acquisto
Così, se i social media sono al momento utilizzati per comunicare e generare conversazioni attorno al brand e ai suoi prodotti, con la crescente diffusione di smartphone e tablet soprattutto sul mercato di casa nostra, l’utilizzo del mobile sta riformulando le modalità con le quali i clienti si relazionano con la Rete.

«Ancora una volta, la geolocalizzazione si conferma uno dei fattori più importanti nello sviluppo dell’interazione via mobile, tanto che circa la metà delle aziende italiane interpellate – è la logica conclusione – ha introdotto, o sta introducendo, una propria applicazione mobile o un sito di questo tipo».
In tal senso, risultano altrettanto buone le speranze rimesse alla diffusione dei tablet che, utilizzati principalmente nelle fasce orarie definite di “prime time” (solitamente dalle 19 alle 22 di sera), evidenziano un contesto di utilizzo più favorevole allo sviluppo e alla conclusione di un percorso di acquisto online ormai etichettato come “couch commerce”, dal termine inglese couch, che significa divano.

Infine, se uno dei dati messi in luce dal sesto rapporto curato da Casaleggio Associati è che «le risorse umane destinate all’ecommerce sono in aumento nelle aziende di medie dimensioni in cui si cerca di investire per crescere», tra le strategie di differenziazione adottate, il valore e la credibilità del brand si riconfermano, come negli anni passati, i principali fattori sui quali punta il 49% degli interpellati, mentre le politiche di prezzo incidono in maniera minore rispetto al passato con un 22% in decrescita rispetto al 27% riportato un anno fa.

Ancora una volta, tra attività di keyword advertising e Seo «alle quali viene, rispettivamente, assegnato mediamente il 23 e il 17% delle risorse economiche disponibili», la conferma delle aziende italiane è di voler continuare a investire in marketing e promozione (41%) e nel miglioramento della user experience e della usability del proprio sito Web (29%) con una percentuale in diminuzione di tre punti percentuali (passati in un anno dall’8 al 5%) di quelle realtà imprenditoriali che non intendono effettuare investimenti per la propria promozione online.

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