Ecommerce: l’associazione europea adesso c’è

L’unità d’intenti mostrata dalle associazioni nazionali per il commercio elettronico lo scorso anno ha dato i suoi frutti: una iniziativa comune, per portare competenze e proposte di sviluppo sui tavoli europei.

L’idea era stata lanciata la scorsa estate, in concomitanza con le discussioni in merito alla direttiva europea Consumer Rights, che indirizzava in modo specifico le attività di commercio elettronico in tutta la regione.
Per la prima volta, cercando di promuovere iniziative costruttive che aiutassero a superare gli scogli considerati più ostici nella direttiva, le diverse associazioni nazionali specializzate sul fronte dell’ecommerce avevano iniziato a fare sistema, ponendo le basi per la costituzione di una associazione unitaria europea.

”Associazione che adesso c’è – racconta Roberto Liscia, presidente di Netcomm e convinto sostenitore della necessità di una iniziativa unitaria – . Si chiama Associazione Europea del Commercio Elettronico, ha sede a Bruxelles e nasce per volontà della belga BeCommerce, della danese FDIH, della francese Fevad, che ne ha assunto la presidenza in pectore, dell’olandese Thiuswinkel.org, che ne ha la direzione generale, della norvegese Distansehandel Norge, della svedese Svensk Distanshandel, oltre che, naturalmente, di Netcomm”.

Di fronte alle direttive europee, è la premessa di Liscia ”ci siamo resi conto che mancava una controparte industriale”, mancavano cioè competenze aggregate a livello europeo, mancava una realtà unitaria, in grado di rappresentare gli interessi dell’eCommerce dinnanzi alle istituzioni europee.

Per questo motivo, le sette associazioni si sono unite con l’obiettivo di mettere a fattor comune conoscenze ed esperienze e di indirizzare quattro tematiche chiave.
La prima è quella delle direttive comunitarie: in questo caso l’associazione vuole proporsi come interlocutore di riferimento per lo sviluppo di progetti legislativi europei, lavorando congiuntamente sulla lobby europea e sulle direttive comunitarie, perché è a Bruxelles che prendono vita le leggi sull’eCommerce”.

Il secondo ambito di intervento è rappresentato dalle vendite crossborder.
”In questo caso – prosegue Liscia – la nostra attività si inserisce in quel piano di realizzazione di un mercato unico digitale, sollecitato anche dal Commissario Ue per la Giustizia Viviane Reding, dal quale può nascere una spinta economica capace di incrementare il Pil nella regione di 110 miliardi di euro all’anno”.
Malgrado le potenzialità, ancora oggi le vendite crossborder, vale a dire tra stati, non superano il 9 per cento del totale: l’associazione dunque si propone di promuovere iniziative che facilitino le vendite e la logistica crossborder.

Correlato a questo secondo capitolo di intervento è il terzo focus dell’associazione.
Si parla di pagamenti, in questo caso, e di nuovo l’obiettivo è introdurre elementi di semplificazione.
”Grazie anche all’ingresso della European Banking Association in Netcomm, stiamo lavorando allo sviluppo di una piattaforma europea di pagamento, che abiliti l’utilizzo del proprio home banking per effettuare le transazioni”.
In prospettiva, al momento dell’acquisto l’utente finale dovrebbe poter scegliere tra tre opzioni: pagamento con carta di credito, con PayPal, oppure attraverso l’opzione MyBank attivare le proprie credenziali sul proprio istituto di credito e da lì autorizzare il pagamento.

Sono tutte iniziative che di fatto prevedono un enforcement del concetto di fiducia, di trust. Ed è proprio sulla fiducia che si inserisce il quarto filone di intervento.
”L’associazione si pone l’obiettivo di facilitare i trustmark europei, così da garantire meglio il consumatore che acquista in modalità crossborder, ovvero da un merchant che non risiede nel suo Paese”.
Pensa a una federazione di sigilli Roberto Liscia, sottolineando come proprio questo enforcement potrebbe dare il la per uno sviluppo davvero sostanziale del settore in Europa.
Uno sviluppo sostanziale che potrebbe facilitare la crescita delle piccole e medie imprese e che potrebbe rappresentare, a conti fatti, 315.000 posti di lavoro.

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