FBI contro pirati: chiusi Megaupload, Megavideo e Mediaporn

Chiusi i siti, in manette fondatori e responsabili della loro gestione. Pesanti le implicazioni penali. La protesta di Anonymous.

Non erano passate nemmeno 24 ore dalla protesta online contro PIPA e SOPA, i due disegni di legge americani per la tutela della proprietà intellettuale, che l’Amministrazione statunitense ha fatto sentire la sua voce, chiudendo Megaupload.com, Mediavideo e Mediaporn e mettendo in stato di arresto i fondatori e diversi dipendenti con l’accusa di violazione del diritto d’autore.
E nonostante le note ufficiali smentiscano qualsiasi relazione diretta tra le discussioni in corso al Senato e al Congresso, sembra evidente che l’operazione condotta dall’Fbi rientri nel quadro dell’inasprimento delle misure nei confronti di pirateria musicale e cinematografica.

Arrestato Kim Dotcom, all’anagrafe Kim Schmitz, 37 anni, di nazionalità tedesca ma residente in Nuova Zelanda, così come Finn Batato, marketing manager, Mathias Ortmann, Bram van der Kolk.

L’operazione condotta nella giornata di ieri di fatto è il compimento di un complesso lavoro di investigazione iniziato lo scorso anno e per il quale l’FBI ha richiesto la collaborazione della polizia neozelandese.
Sequestrati beni in denaro e auto di lusso, mentre le prime fonti ufficiali sui capi di accusa parlano di danni per almeno 500 milioni di dollari nei confronti di diversi titolari di diritti di proprietà intellettuale.
Una cifra quest’ultima, secondo qualche voce trapelata dal Dipartimento di Giustizia americano, talmente bassa da lasciar presagire un prossimo inasprimento della valutazione di base.

Pesanti i riflessi penali.
Se ritenuti colpevoli, per i fondatori di Megauopload, che finora poteva contare su una base di 150 milioni di utenti registrati e di 50 milioni di visite al giorno, tanto da risultare tra i primi 15 siti più frequentati al mondo, il rischio è una pena fino a 20 anni di reclusione per associazione e istigazione a delinquere e 5 anni per ogni violazione denunciata.
Fonte di proventi per Megaupload erano da un lato gli abbonamenti da parte degli utenti, disposti a pagare una cifra mensile o annuale per poter usufruire di download a più elevata velocità, e inserzioni pubblicitarie pubblicate sulle pagine dei siti.

Pochi minuti dopo la diffusione delle notizia della chiusura dei siti e dell’arresto dei responsabili, il gruppo di hackers Anonymous ha fatto sentire la sua voce, con attacchi mirati ai siti dei dipartimenti federali, in particolare a quello del Dipartimento di Giustizia, e a quello delle major, in particolare a quello di Universal Music.

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