Fattura elettronica, serve un impegno collettivo

I dati dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano indicano un percorso avviato, promettente, ma da sostenere.

Sono circa 1,3 miliardi le fatture B2B che vengono scambiate all’anno in Italia (di cui quasi il 6% in formato elettronico) e circa un miliardo quelle B2C, prevalentemente nei settori energia, telefonia e servizi professionali. Questi valori, frutto di calcoli complessi, sono stati presentati dall’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano in occasione del recente convegno “Fare sistema: il vero motore della fatturazione elettronica”.

Nato nel 2006 come spin off dell’Osservatorio B2B, l’Osservatorio sulla Fatturazione Elettronica per il terzo anno ha condotto un’indagine per cercare di capire a che punto siamo in Italia.

Il responsabile scientifico, Alessandro Perego, nel sottolineare che la fattura elettronica non è un problema di conformità alle normative ma un reale beneficio per l’ottimizzazione dei documenti, ha sottolineato che per ciascuna fattura in circolazione si può calcolare benefici potenziali che vanno da 2/3 euro a quasi 80 euro se si adotta un ciclo completo di dematerializzazione della carta tramite la fatturazione elettronica dall’ordine al pagamento. Questi benefici diventano più specifici a seconda del settore di attività, per cui è risultato che nel famaceutico si aggirano in media sui 24 euro, per salire a 73 nel settore degli elettrodomestici.

La ricerca ha individuato quattro regole per cogliere i benefici che derivano dall’impostazione di progetti di fatturazione elettronica.

La prima è di puntare all’integrazione di processo, che può andare dalla sola conservazione del documento all’invio elettronico delle fatture in formato strutturato per arrivare all’integrazione con le fasi di gestione ordini, consegna e pagamento.

Seconda regola è l’accuratezza e qualità del processo: più del 50% degli errori sono fatti nella fase iniziale, per cui è molto importante verificare che i dati siano riportati in modo correttio, perché poi questi errori sono difficilmente eliminabili. E ancora progettare un percorso di adozione graduale: per arrivare a implementare un modello di fatturazione elettronica completo, si può procedere per gradi, avendo però ben chiaro qual è l’obiettivo finale.

Infine, quarta regola, lavorare su un unico processo: il fatto di utilizzare diversi canali di interfaccia verso clienti e fornitori, non impedisce di progettare un unico processo interno ottimizzato che realizzi, ad esempio, una riconciliazione automatica fatture-ordini indipendentemente dal canale utilizzato per inviare le fatture.

Pur sottolineando che la fatturazione elettronica ha ancora un utilizzo limitato in Italia, (contrariamente alla Spagna che è più avanti di noi, per non palare dei paesi del Nord Europa come la Finlandia) Perego ne prevede una forte espansione. Attualmente sono state evidenziate due tipologie di imprese che stanno adottando la fatturazione elettronica. Circa 7.000 sono inserite in filiere che utilizzano formati elettronici strutturati standard (Edi), quasi 35.000 utlizzano formati Edi non standard e 15.000 appartengono a 50 ecosistemi che si creano attorno a portali Web di alcuni leader di filiera. Di queste 60.000 aziende, circa un terzo si scambia con i partner commerciali le fatture in formato elettronico strutturato, e quindi già vicine alla fatturazione elettronica a norma di legge.

Una seconda tipologia di aziende, circa 2.000, fa conservazione sostitutiva delle fatture (attiva, passiva o entrambe) e di queste circa 2/3 sono Pmi.

Il settore, purtroppo, si trova ancora a dover superare una serie di barriere, che si possono riassumere in una scarsa consapevolezza, spesso presso i vertici aziendali, del valore di adottare soluzioni di fatturazione digitale. Per inciso, è stato calcolato che un’adozione diffusa della fatturazione elettronica potrebbe rappresentare per l’Italia un aumento di produttività quantificabile tra i 10 e i 60 miliardi di euro all’anno nel caso dell’utilizzo dell’intero ciclo ordine-pagamento. Nella Pa, per esempio, l’impatto stimato va dai 300.000 euro a 2 miliardi di benefici all’anno.

Altre barriere sono date dalla normativa, che c’è dal 2004 ma deve puntare su una minor complessità e su una maggior omogeneità a livello europeo, e dagli standard, che sono pochi e che devono servire come base su cui lavorare.

Il settore ha inoltre bisogno che tutti gli attori coinvolti si uniscano per fare sistema, instaurando un confronto costruttivo e trovando le strade per collaborare e abbassare le barriere che ancora ci sono.

In merito al quadro normativo, Umberto Zanini, dottore commercialista e revisore contabile, ha osservato che c’è una forte volontà del legislatore a spingere le aziende verso la dematerializzazione della carta, ma il quadro pur completo, è anche troppo complesso, per cui da più parti si richiede una semplificazione della normativa.

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