Home Interviste L'ecosistema di WeAreProject è garanzia di affidabilità e competenza

L’ecosistema di WeAreProject è garanzia di affidabilità e competenza

Di tante aziende IT nate durante il boom degli Anni ’90 è rimasto solo il ricordo. Vittime di limiti propri, di un mercato spesso più grande di loro o di aspettative poco reali, nella migliore delle ipotesi sono state acquisite prima di scomparire del tutto. Altre invece hanno saputo mettere in campo le competenze adeguate per crescere secondo una visione molto più realistica e concreta. «Siamo sul mercato ormai da oltre trent’anni, con una crescita regolare e organica – sottolinea Valeria Mauri, marketing director di  WeAreProject -. Nel 2020, l’investimento  di H.I.G. Capital ha sicuramente contribuito ad accelerare questo processo e così alcuni mesi fa abbiamo deciso di rilanciare il nostro marchio, con una nuova insegna».

Diventata nel frattempo un Gruppo con più di 380 milioni di euro di fatturato e più di 650 dipendenti al servizio di oltre 7.500 clienti, l’originaria Project è così diventata un importante punto di riferimento su tutto il territorio nazionale. L’attenta selezione di competenze e dimensione territoriale ha infatti portato a un’offerta completa e integrata, in grado di servire clienti sparsi per la Penisola. Oggi, nell’organigramma del system integrator fanno parte 3P Technologies per sistemi audio video multimediali, Ates Informatica, per espandere le competenze storiche dell’azienda al Triveneto, Converge con una sede dedicata a Roma per rispondere alle esigenze della PA, Personal Data per coprire il mondo Citrix e la virtualizzazione in generale, Project Adriatica al servizio anche del mondo rugged, Sinthera nel mondo cloud con specializzazione sui container e infine Extraordy, focalizzata e verticale sulle tecnologie Red Hat, in qualità di struttura per la formazione ufficiale su queste tecnologie.

«Questo dà l’idea di come sia articolato, distribuito e integrato il nostro ecosistema – aggiunge Valeria Mauri -. Ci teniamo però in modo particolare a conservare l’imprenditorialità di ciascuna azienda.

Un’organizzazione non necessariamente facile da gestire, concepita però per garantire al cliente la massima copertura possibile sulle competenze, con le necessarie garanzie del caso su disponibilità del servizio soprattutto affidabilità nel tempo.

Massimo Brugnoli, Cybersecurity & Ai B.U. Manager di Project
Massimo Brugnoli, business developer manager di Project Informatica

La sicurezza IT a fattor comune

Anche perché su uno dei pilastri della strategia WeAreProject, la sicurezza IT, la missione non è certamente tra le più facili «È sicuramente un compito impegnativo, dove interveniamo in tutte le aree critiche: digital workspace, datacenter, workload in cloud, network e…utenti. Insomma, il perimetro in tutta la sua estensione e complessitàinterviene Massimo Brugnoli, Cybersecurity & Ai B.U. Manager di Project Informatica -. C’è purtroppo ancora un grande lavoro di evangelizzazione da fare, per noi fondamentale perché parliamo di un tema veramente trasversale e impossibile da sottovalutare».

Almeno all’apparenza, parole scontate. Molto più vicino alla realtà di quanto si possa ancora credere. «Quando parliamo con le grandi aziende, è più facile siano loro a chiederci di seguirli in un percorso già indirizzato e frutto di analisi condivise, ma quando ci si muove nell’universo  PMI troppo spesso, per via della mancanza di consapevolezza, l’argomento è ancora vissuto come un male necessario, che si sintetizza nell’ idea che la cybersecurity sia un costo dal quale svicolare appena possibile».

Prima ancora di parlare di offerta, quindi oggi il tessuto imprenditoriale italiano ha bisogno di una vera e proprie evangelizzazione. Per convincere sulla necessità, e sull’utilità, di considerare la cyber security un investimento a lungo termine, con un posto fisso nei bilanci. «Un attacco oggi può essere così devastante da mettere in discussione il futuro dell’azienda – avverte Brugnoli -. Più realtà di quanto si possa credere, si sono trovate costrette a chiudere i battenti, e non so quanti imprenditori siano coscienti di questo».

Agli onori della cronaca, salgono infatti gli attacchi clamorosi alle grandi aziende. Da qui, la tendenza spesso diffusa di considerarsi un obiettivo troppo piccolo. Tutte le altre invece, e non sono poche, passano praticamente nel silenzio, salvo a volte ritrovarsi al capolinea.

«Prima ancora di system integrator dobbiamo essere buoni advisor – rilancia Brugnoli -. Non è nostra abitudine proporre prodotti che, magari per assecondare qualche vendor, non risultino in linea con le necessità. Il nostro obiettivo è trovare per ogni singola realtà la soluzione realmente più adatta che, con il minore impatto possibile sul business, dimostri utilità e grande efficacia».

System integrator, un lavoro di fiducia

Soprattutto per il mondo PMI, la soluzione più adatta in genere è affidarsi proprio a un servizio esterno. Ancora di più, di fronte a uno dei problemi oggi più sentiti dal mondo delle imprese. «Il ragionamento si intreccia con l’ormai annosa questione dello skill shortage. Se parliamo di cybersecurity, un talento sarà facilmente più attratto da un’azienda del settore, che garantirà percorsi di crescita e aggiornamenti professionali, invece di ritrovarsi a fare l’analista di sicurezza in un’organizzazione che ha tutt’altro scopo. Il rischio grosso è sprecare tempo e danaro nel formare figure pronte ad andarsene alla prima occasione».

Per questo è importante l’attenzione rivolta da WeAreProject all’affidabilità, Intesa come garanzia di dedicare tutte le risorse del caso alla questione, per assicurare al cliente la massima qualità del servizio e soprattutto poterne garantire la copertura nel tempo. «Un altro aspetto spesso trascurato è proprio l’update delle competenze. Nella security anche un teorico fuoriclasse, se non ha tempo e modo di restare aggiornato, lo rimane per poco. Aspetti invece parte integrante della nostra attività, così come lo scouting continuo di nuove tecnologie».

A conferma delle parole, le partnership con i fornitori IT sopra quota cento e soprattutto il 40% di questi con certificazioni ai massimi livelli, indice della volontà di cercare il prodotto su misura per ciascun cliente. Tutte realtà attentamente selezionate non solo per la qualità dei prodotti, ma anche per la disponibilità e le garanzie di poterlo supportare nel tempo.

La fiducia è quindi un tassello essenziale della strategia WeAreProject, un biglietto da visita considerato più efficace di tante campagne di marketing. Al momento, i risultati confermano la validità della scelta. «Il 98% dei clienti tornano tra noi e per buona parte credo sia per le garanzie dimostrate nei servizi gestiti – sottolinea Valeria Mauri -. Inoltre, sono distribuiti in diversi mercati. Se la maggior parte, il 51% riguarda l’industria, contiamo anche un 5% nel settore telco, un 28% nella PA e il 16% tra banche e assicurazioni. Inoltre, il 97% del fatturato ha origine diretta, non è intermediato».

Visione concreta WeAreProject sull’intelligenza artificiale

Cifre sicuramente da esibire con un giustificato orgoglio, ma anche da difendere con un impegno costante. Lo sguardo WeAreProject deve quindi essere necessariamente rivolto in avanti, senza tuttavia distogliere l’attenzione dalla realtà. Dove di parla di novità, oggi è praticamente impossibile chiamarsi fuori dall’argomento più attualità. «Non intendiamo parlare di intelligenza artificiale come concetto astratto, per metterlo sotto forma di piccole salse in ogni virgola di un discorso – assicura Brugnoli -. Siamo impegnati invece prima di tutto a creare la conoscenza interna per sviluppare progetti nostri su due direttrici. Da una parte permettere ai nostri clienti di portare innovazione nelle aree di business, dall’altra di aumentare le performance e l’efficacia dei servizi esistenti».

In pratica, significa studiare e applicare il potenziale dell’intelligenza artificiale solo dove possa tornare veramente utile. A partire da sé stessi; vale a dire, sviluppando una soluzione al servizio dei processi interni. «Mi ricorda i primi tempi in cui si parlava di cloud, dove si inseriva in ogni discorso e non necessariamente a ragion veduta. Oggi si parla tanto di IA, ma di fatto spesso non si contestualizza e ci si riferisce sovente a prodotti già esistenti, pacchettizzati, che ne inglobino una parte.

Sarà un’innovazione molto importante, ma per noi significa nuove opportunità, pensare in modo futuristico. Il nostro ruolo ci impone di ascoltare prima i clienti, con le loro interazioni umane e necessità operative, per condividere poi gli scenari più corretti offerti da una digital innovation AI-centrica, con cui migliorare i processi e alimentare il business. »

Una strategia perfettamente allineata al proprio modello imprenditoriale. Quello di un Gruppo, WeAreProject, poco interessato a concludere una vendita nel minor tempo possibile, ma più orientato ad avviare un dialogo per comprendere a fondo la realtà cliente e capire esattamente ciò ci cui possa aver bisogno. La prospettiva di legare le proprie fortune sulla fiducia a lungo termine del cliente, rispetto a incassi immediati ma con meno prospettive.

«A maggior ragione quando si parla di argomenti delicati come cybersecurity o intelligenza artificiale, non intendiamo forzare un acquisto e non abbiamo timore di sconsigliarlo fino al momento in cui non verrà ritenuta una soluzione realmente utile a un cliente».

In un futuro neppure tanto lontano, l’intelligenza artificiale sarà sicuramente all’ordine del giorno, e al servizio di mansioni cruciali, a partire dalla cybersecurity. Per un’azienda come WeAreProject però, futuro non significherà solo capire come sfruttarla a dovere. Come per tantissime altre realtà, sarà fondamentale riuscire ad attirare talenti, indispensabili per garantire innovazione al proprio interno prima ancora di proporla ai clienti, e soprattutto continuità.

«Ultimamente siamo molto concentrati anche nel rendere più attrattiva la percezione della nostra azienda nei confronti delle nuove generazioni – conclude Valeria Mauri-. Stiamo esaminando accordi con realtà senza scopo di lucro che ci aiutino a essere consapevoli anche della nostra responsabilità educativa. Percorsi di autovalutazione utili per capire come siamo percepiti e agire di conseguenza per migliorare l’attrattività».

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome

Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato sulle novità tecnologiche
css.php