Responsabilità sociale di impresa, in inglese CSR: è la sfida del momento (e del futuro) con cui dovranno fare i conti tutte le organizzazioni, e il mondo It non fa certo eccezione. Intervistiamo per voi i leader di settore, svelandone strategie, impostazioni e focus d’azione. La tecnologia al servizio di società più eque ed inclusive non è uno slogan privo di contenuti, ma un obbiettivo concreto.
Del resto le aspettative dei cittadini sono elevate e impossibili da ignorare: una ricerca del World Economic Forum realizzata assieme a Ipsos ha svelato che l’86% delle persone intervistate vorrebbe miglioramenti significativi in termini di inclusività ed equità sociale.
01net ha quindi deciso di intervistare le aziende più prestigiose del mercato It, chiedendo loro in che modo è cambiato il loro modello di business per accogliere queste importanti istanze.
Per Cisco, ha risposto alle nostre domande Eleonora Nardini, People & Community Country Lead, Cisco Italia.
La Corporate Social Responsibility sta determinando importanti cambiamenti nel modo di operare e produrre delle organizzazioni. Etica e profittabilità sono ancora temi opposti, oppure possono convivere con successo?
Etica e profittabilità non avrebbero mai dovuto essere considerati temi opposti, anche se è indubbio che in passato ci fosse una sensibilità diversa rispetto all’impatto sociale delle attività delle aziende. Oggi le due cose possono non solo convivere con successo, ma devono farlo: anzi, l’etica è un elemento strategico per il business, fa parte delle scelte di governance che oggi sono sempre più parte integrante del modo di “stare al mondo” delle imprese e delle valutazioni di investitori e consumatori. Etica vuol dire molte cose: trasparenza, rispetto dell’individuo e dei suoi diritti, rispetto del pianeta delle comunità e attenzione all’impatto sociale. Chi non si pone in quest’ottica nel medio e lungo periodo non sarà premiato.
Essere inclusivi e aperti a ogni tipo di minoranza: un’affermazione che, in passato, è stata più dichiarazione di principio che concreta realtà. Quali sono le vostre policy da questo punto di vista?
Parlare di Inclusione in Cisco significa innanzitutto parlare della nostra purpose che è quella di creare un futuro inclusivo per tutti. Questa purpose non è mai stata così rilevante. Sappiamo di avere da una lato una grande opportunità ma anche una grande responsabilità nel colmare il divario di disuguaglianza, intolleranza e ingiustizia che abbiamo ancora nel mondo di oggi. E come organizzazione aiutiamo a colmare questo divario in primis attraverso la tecnologia, ma anche attraverso l’impegno verso la responsabilità sociale che i nostri team portano nelle nostre comunità.
Lo facciamo creando e promuovendo una cultura consapevole che ci consente di alimentare un futuro inclusivo partendo innanzitutto dall’interno. A livello di policy e processi integriamo l’inclusione nel percorso end-to-end dei dipendenti e formiamo i leader su come creare una cultura di appartenenza. Concentriamo i nostri sforzi in queste tre aree di assunzione, sviluppo e coinvolgimento dei dipendenti.
Parlare di Inclusione in Cisco significa innanzitutto parlare della nostra purpose che è quella di creare un futuro inclusivo per tutti.
Abbiamo definito il processo di assunzione con lo scopo di eliminare gli “uncounscious bias” favorendo i vantaggi della diversità. Lo facciamo attraverso tanta formazione sia sui nostri recruiter che leader. Si tratta di una formazione obbligatoria per le interviste per fornire e consentire a tutti gli intervistatori di condurre i colloqui e valutare con una qualità costante ed evitare distorsioni.
Sullo sviluppo incoraggiamo i leader attraverso programmi specifici a sponsorizzare persone lontane da loro quindi “diverse” e ad alto potenziale per il loro avanzamento di carriera, portando nuove abilità e mentalità al loro team.
Infine per l’engagement, attraverso le nostre community – che sono degli spazi dedicati a specifiche tematiche a cui le persone scelgono di aderire – si creano iniziative, connessioni, si costruiscono relazioni e soprattutto ci si fa portavoce della multitudine complessa di persone dei loro valori e bisogni.
Abbiamo circa 79.500 dipendenti nel mondo, in 95 Paesi: se non fossimo inclusivi non potremmo essere noi stessi. Le nostre policy sono molto chiare e comunichiamo i nostri progressi in modo trasparente nel bilancio non finanziario, il Cisco Purpose Report. La diversità è qualcosa da coltivare con cura non soltanto per equità ma anche perché ci permette di guardare alle tecnologie che sviluppiamo da più punti di vista e quindi, in prospettiva, di aiutarci a creare soluzioni concepite in modo inclusivo: per portare avanti la nostra missione, che è appunto creare un futuro più inclusivo per tutti.
Il lavoro che facciamo in questo senso rientra negli scopi di “giustizia sociale” che ci proponiamo. Ad esempio, prendendo come base il dato del 2020 – vogliamo aumentare del 25% entro la fine del nostro anno fiscale 2023 il numero di dipendenti che si identificano come asiatici/neri a tutti i livelli, e aumentarli del 75% ai livelli più elevati, da Vice President in su; vogliamo applicare questi principi anche in ottica di supply chain, infatti chiediamo ai nostri fornitori preferenziali di darci report sulla diversity della loro forza lavoro, e vogliamo favorire la diversity nella comunità tecnologica in generale, ad esempio investendo su start up e fondi venture guidati da persone appartenenti alle più varie comunità. Un lavoro importante lo facciamo anche per aumentare la diversità di genere e parallelamente assicurarci che il pay gap sia richiuso in tutti i Paesi dove operiamo.
Parlare di responsabilità sociale sarebbe impossibile senza riflettere sull’integrazione con le comunità in cui le società operano. Che progetti avete per il nostro Paese?
Per Cisco coltivare un rapporto ricco e aperto con le comunità in cui opera è un elemento che definirei davvero “identitario”. Per i nostri dipendenti è un grande valore e lo è anche per il nostro business perché il nostro obiettivo non è semplicemente “vendere tecnologie”, bensì aiutare le aziende, i Paesi, le persone a ottenere di più e crescere grazie alle tecnologie.
Come azienda consideriamo il “Time to give” – il tempo per dare – un valore aggiunto, tanto da prevedere per ognuno dei nostri lavoratori cinque giorni retribuiti l’anno da dedicare proprio a questo.
L’Italia è al centro di un grande percorso che dal 2016, con il lancio del programma Digitaliani, si è arricchito di tantissime dimensioni: dal far crescere l’ecosistema dell’innovazione tessendo una rete di relazioni, progetti e opportunità con tutti i protagonisti di questo ambito, al moltiplicare l’impegno essenziale per la diffusione delle competenze digitali tra i cittadini, nelle imprese e nella PA attraverso le nostre Cisco Networking Academy. Il tutto lavorando per aiutare il sistema economico a sviluppare un percorso di trasformazione digitale realmente efficace e inclusivo.
A questo aspetto si affianca l’impegno diretto per la società, con le tante iniziative del nostro Civic Council: i nostri dipendenti che mettono a disposizione tempo, competenze ed energie per sostenere iniziative sociali, fare volontariato nei più diversi ambiti, supportare progetti che hanno un impatto immediato sul territorio. E che sono incentivati a farlo, perché come azienda consideriamo il “Time to give” – il tempo per dare – un valore aggiunto, tanto da prevedere per ognuno dei nostri lavoratori cinque giorni retribuiti l’anno da dedicare proprio a questo.
Il welfare aziendale, molto sviluppato nelle nazioni del nord Europa, ha fatto fatica ad affermarsi in modo organico in Italia. Nelle vesti di leader It, in che modo agevolate la vostra forza lavoro?
Cisco ha adottato in Italia l’approccio che la caratterizza a livello globale, legato a un’organizzazione del lavoro che si basa principalmente su obiettivi e valorizza in tutti i modi la flessibilità e l’adattabilità della dimensione professionale perché si armonizzi con la dimensione personale.
Ci ha molto aiutato essere tra i pionieri delle soluzioni di collaboration che oggi abilitano il futuro del lavoro inclusivo, “ibrido” e flessibile che moltissimi hanno scoperto invece solo negli ultimi due anni, anche un po’ forzatamente.
Questa flessibilità fa parte del nostro concetto di welfare, che si estende al benessere integrale della persona e si basa sulla possibilità di creare con ciò che offriamo l’insieme più adatto a sé. Abbiamo una particolare attenzione per le esigenze familiari, ad esempio con congedi specifici per le emergenze familiari o sanitarie o per i caregiver; promuoviamo e riconosciamo anche il diritto a prendersi del tempo, con iniziative come “a day for me” o Birthdays Off che costituiscono degli extra rispetto alle ferie o permessi. Uniamo quindi le opportunità tecnologiche alle scelte di welfare “classiche” per agevolare le nostre persone.
In ultimo, impossibile non parlare di sostenibilità ambientale, anche alla luce della COP26 e della fortissima sensibilità sulle tematiche da parte dell’opinione pubblica. Come avete progettato la vostra roadmap per ridurre la vostra impronta ecologica?
La sostenibilità per noi è un pilastro fondamentale. La nostra roadmap a livello globale è chiara, ambiziosa e pubblica: riguarda sia i nostri impegni di sostenibilità come Cisco – che prevedono come orizzonte generale di diventare una realtà “net zero” per tutti i tipi di emissioni entro il 2040 – sia ciò che facciamo per rendere sostenibile l’ecosistema Ict, ad esempio applicando principi di economia circolare e ponendoci anche qui traguardi specifici che aiutano anche i nostri clienti a adottare lo stesso approccio.
Nel concreto, perseguendo la sostenibilità, riusciamo a ottenere molti altri risultati che fanno bene anche al bilancio.
Per arrivare a essere “net zero” ci siamo posti diversi altri obiettivi intermedi che vanno dall’adozione di energie rinnovabili per l’85% del nostro bisogno entro la fine dell’anno fiscale 2022, obiettivo che l’Italia ha già superato arrivando al 100%; ridurre le emissioni di Scope 3 – che sono legate alla supply chain – del 30% in assoluto rispetto al dato del 2019 entro il 2030; di applicare al 100% dei nostri nuovi prodotti principi di progettazione circolari, ecc.
Riteniamo che questo sia l’unico modo responsabile e necessario di agire: anche perché nel concreto, perseguendo la sostenibilità, riusciamo a ottenere molti altri risultati che fanno bene anche al bilancio. Faccio un esempio molto concreto: con i nostri sistemi di rete riprogettati in ottica di risparmio energetico siamo riusciti a diminuire del 92% i consumi delle infrastrutture di rete con cui un colosso come Deutsche Telekom offre ai suoi clienti i servizi di telefonia mobile. Questo per un’azienda del genere rappresenta anche un enorme potenziale di risparmio economico sulla bolletta energetica.