Come si lavora sui bandi pubblici

Non si può affermare di essere un esperto in gare per la Pa, se non dopo almeno un paio di anni di battaglie sul campo. L’esperienza raccontata da Computer Sharing

Esperti di gare per la Pubblica amministrazione non ci si improvvisa. È questa la conclusione che risulta dalla chiacchierata con Francesco Lorusso e Luca Garavaglia, rispettivamente presidente e responsabile commerciale di Computer Sharing, azienda divisa tra Milano e Roma per cui il 35% circa del fatturato totale proviene dalla Pa. Il tema è talmente complesso che richiede una notevole esperienza aziendale e la necessità di dedicarci un vero e proprio team di risorse. Nel caso di Computer Sharing è composto da tre persone, il 10% del totale delle risorse dell’area commerciale. A complicare le cose è anche l’assenza di una formazione specifica. Chi si voglia occupare di gare pubbliche, infatti, deve combinare gli skill commerciali con la capacità di comprendere il “burocratese” tipico dei bandi pubblici e di preparare la documentazione richiesta nei tempi previsti, non soltanto tecnica. «Chi è abituato a lavorare con il privato – sentenzia Lorusso – ci metterà almeno due anni a imparare le tecniche di acquisto della Pa».

Partecipare
non vuol dire vincere

Una volta stabilito che la partecipazione a gare pubbliche può essere una buona opportunità per far crescere il business (e non è assolutamente detto che il gioco valga la candela), si può partire con alcune procedure classiche per preparare la partecipazione ricordandosi che, come dice Lorusso, «partecipare non è vincere». Per venire a conoscenza dei bandi attivati si può far ricorso a portali specifici che ne eseguono il monitoring. Anche se questi portali richiedono un abbonamento annuale a pagamento, ci sentiamo di affermare che sono soldi ben spesi visto che sarebbe praticamente impossibile per un operatore svolgere l’attività di monitoring al suo interno data la marea di riviste, bollettini e quotidiani che si dovrebbero tenere d’occhio. La presenza di questi servizi on line a pagamento, di fatto, mette tutti gli operatori sullo stesso piano e «non c’è alcun vantaggio a sapere del bando prima dei concorrenti – spiega Garavaglia – dato che la documentazione da produrre e le procedure da mettere in atto sono abbastanza corpose e cambiano da bando a bando. Inoltre, si può partire soltanto nel momento in cui si entra in possesso del capitolato». Successivamente alla pubblicazione del bando, e del relativo capitolato, parte l’attività, standard, che porta alla prequalifica. Entro un mese, l’azienda che vuole partecipare alla gara deve produrre la documentazione finanziaria richiesta (bilanci, dimensione dell’azienda, profilo ecc.) e un numero minimo di referenze «che siano strettamente inerenti a progetti simili – puntualizza Garavaglia – e che, in caso di vincita, devono essere dimostrate oggettivamente». Inoltre, è necessario appoggiarsi a una banca o a una finanziaria per poter contare su una fideiussione e versare gli anticipi richiesti dal bando a titolo di garanzia. Successivamente, deve entrare in moto l’attività di valutazione dei vendor a cui appoggiarsi. «La valutazione tempestiva dei vendor è determinante – spiega Garavaglia – in primo luogo per tastare il terreno circa il loro interesse a partecipare, magari in partnership, e, soprattutto, per bruciare sul tempo gli altri operatori interessati alla gara».

Raggruppamento
di impresa

Così si inizia a delineare la proposta, in accordo con i partner tecnologici, vendor, distributori, ma anche semplici operatori, nell’ottica, sempre più diffusa, del raggruppamento di impresa «ormai necessario vista l’entità delle gare – afferma Garavaglia – poiché è difficile che un operatore da solo possa soddisfare tutti i requisiti». La soluzione proposta, inoltre, deve essere il più possibile vicina a ciò che viene richiesto dal capitolato, non è consigliabile far viaggiare la fantasia sperando che qualche proposta creativa possa fare breccia nel cuore della commissione giudicante. «I bandi sono scritti nei modi più disparati – racconta Garavaglia -, capita spesso che non siano sufficientemente chiari o che ci siano degli errori, per mancanza di competenza da parte dell’ente committente. In questo caso, ci si deve mettere in contatto con la persona di riferimento per chiarirne le intenzioni. Generalmente, comunque, i bandi sono scritti secondo i desiderata del cliente». Ovvero, pensa male chi immagina che i bandi siano studiati apposta per agevolare un concorrente rispetto all’altro. D’altronde, successivamente alla pubblicazione del bando è sempre possibile presentare ricorso. «Il bando ideale, in buona sostanza – spiega sempre Garavaglia – deve essere il più chiaro possibile e, soprattutto nella valutazione del punteggio, non ci devono essere fraintendimenti». Purtroppo, è un dato di fatto che, nella valutazione del punteggio, il prezzo conti ancora per almeno il 40%, «anche se la percentuale è inferiore agli anni passati» ricorda il presidente Lorusso. Il 60% della valutazione, invece, è qualitativa ed è distribuita su un numero di parametri che può andare da una decina a una ventina. Tra queste la verifica periodica dei livelli di servizio è ormai sempre contemplata. L’ultimo tassello della proposizione riguarda l’offerta economica. In questo caso bisogna essere dei veri strateghi. Non è detto, infatti, che il prezzo più basso porti alla vittoria sicura. «è importante trovare un equilibrio tra un prezzo concorrenziale e una soluzione competitiva e non è affatto semplice – afferma Garavaglia – anche perché la differenza tra il vincitore e gli esclusi si gioca su un pugno di particolari». Successivamente alla presentazione dell’offerta, nel giro di un mesetto gli operatori vengono convocati in assemblea pubblica per la comunicazione del punteggio qualitativo ed economico. «In quella sede si comprende già chi vincerà».
Dopo la pubblicazione ufficiale dei risultati e la proclamazione del vincitore, parte la fase dei ricorsi.
«Da affrontare soltanto se ne vale la pena – puntualizza Garavaglia -. Il ricorso, infatti, ha un costo, ci si deve affidare a un avvocato specializzato in ricorsi al Tar e, anche se si pensa di aver ragione, ci si deve rassegnare al caso». Le udienze al Tar, infatti, durano qualche minuto ed è possibile, anche per la parte che si difende, presentare delle memorie aggiuntive il giorno stesso dell’udienza. I giudici, dunque, dovrebbero essere competenti negli ambiti più disparati e, inoltre, prendono visione della documentazione al momento dell’udienza. «Vale la pena fare ricorso se c’è un errore evidente nella assegnazione dei punteggi – conclude Garavaglia -, altrimenti il gioco non vale la candela».

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