Home Editoriale Perché dobbiamo avere un cloud europeo rispettoso dei diritti

Perché dobbiamo avere un cloud europeo rispettoso dei diritti

Il Codice di Condotta del Cispe, Gaia–X e la strategia europea per i dati: la strada per avere un nostro cloud capace di essere competitivo a livello globale.

La recente approvazione del Codice di Condotta del Cispe sulla Protezione dei Dati da parte delle autorità europee indipendenti della protezione dei dati e in conformità con il GDPR rappresenta un passaggio fondamentale a livello continentale.

Offrendo agli utenti la scelta sistematica di archiviare e trattare i dati esclusivamente in Europa, ma anche garantendo di non riutilizzare i dati dei clienti, il Codice CISPE rafforza le basi della sovranità digitale europea.

Sono stati inoltre presentati elementi essenziali per risolvere il problema più ampio della dipendenza europea dalle tecnologie dai servizi stranieri, aggravata dalla scarsità degli investimenti destinati a sostenere la politica industriale continentale.

Alban Schmutz è VP Strategic Development & Public Affairs di OVHcloud, Chairman del CISPE e Membro Fondatore di GAIA-X

Una sfida epocale che l’UE vuole affrontare attraverso una strategia ambiziosa, la “Strategia europea per i dati”, che mira a differenziarsi dal contesto internazionale caratterizzato da una sostanziale assenza di un sistema di governance globale, ma anche a raggiungere una serie di obiettivi di sviluppo in ambito tecnologico, di cui le linee programmatiche di transizione digitale contenute nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) previsto dal Governo italiano rappresentano un ottimo esempio.

Tra questi obiettivi c’è, a livello nazionale e continentale, il supporto alla competitività delle imprese, realizzato anche attraverso politiche chiare ed armonizzate di tutela della riservatezza e della sicurezza delle informazioni e la possibilità di ricorrere a fornitori di servizi in un mercato realmente concorrenziale.

In tal senso il Cispe garantisce agli utenti la scelta di poter selezionare servizi che consentono di archiviare i dati esclusivamente all’interno dello Spazio economico europeo, promuovendo così anche le migliori pratiche di protezione dei dati, che vedono in GAIA-X il progetto più ambizioso di sovranità digitale.

Questo costituisce pertanto un elemento essenziale per il progetto GAIA-X e la sua ambizione di rafforzare la sovranità digitale in Europa.

L’iniziativa GAIA-X nasce proprio per soddisfare le esigenze di tutela e di apertura del mercato, mirando a creare “spazi” dedicati agli utenti che vogliono condividere i loro dati aziendali, attraverso un’ontologia comune riguardo ai dati che vengono condivisi – ossia un’organizzazione comune su come identificare, fruire o interrogare i dati – e garantendo altresì l’interoperabilità tra i differenti fornitori.

Ciascuno di questi utenti potrà partecipare allo spazio dati appoggiandosi al proprio o ai propri provider di servizi cloud, avendo però la certezza di poter contare su soluzioni interoperabili e di poter contare su un’organizzazione, GAIA-X appunto, che favorisce l’interoperabilità e la portabilità dei dati tra le varie soluzioni. Quest’ultima è davvero fondamentale, in quanto permette di evitare il lock-in con un unico fornitore, ma al contrario consente una reale scelta sul mercato.

La condivisione di questa visione e dei valori intrinsecamente europei che ne costituiscono le fondamenta, ha spinto OVHcloud a essere tra i fondatori di GAIA-X, in quanto fermamente convinta della necessità di un cloud più vicino alle esigenze delle aziende e delle persone, che rispetti maggiormente i loro diritti e le loro preferenze, fornendo loro gli strumenti di cui hanno bisogno e lasciando completa libertà di scelta – anche quando si tratta di dismettere il servizio e portare i dati fuori dall’infrastruttura di OVHcloud.

Cloud come bene comune per uno sviluppo senza precedenti

Quando si parla di mercato del cloud continentale e di sovranità digitale europea la posta in gioco è enorme. Come ricordato dal nostro CEO di OVHcloud Michel Paulin nel recente incontro tenutosi presso l’Ambasciata francese a Roma e che ha visto coinvolti alcuni dei maggiori protagonisti del panorama digitale italiano, si stima che, entro il 2030, il mercato del cloud potrebbe valere tra i 300 e i 500 miliardi di euro – quasi 9 volte il suo valore nel 2020 – e portare alla creazione di oltre 500.000 nuovi posti di lavoro in Europa. D’altro canto, in assenza di decisioni di rilievo che si inseriscano nel solco tracciato dal codice di condotta del Cispe e dalle politiche di GAIA-X, l’Europa potrebbe perdere fino alla metà del proprio impatto economico e sociale su questo mercato.

Per questo motivo appare ancora più cruciale che si realizzi lo scenario preconizzato da KPMG nel rapporto “The European Cloud market: key challenges for Europe” presentato lo scorso aprile, in cui il cloud è considerato – alla stregua di altri servizi fondamentali – un vero e proprio bene comune, principalmente guidato dall’interoperabilità volontaria dei servizi, da ecosistemi comuni a livello settoriale e dall’accelerazione  del multicloud, così da consentire la crescita di un ecosistema europeo con maggiori vantaggi per i consumatori – con la fine del lock-in – e maggiori possibilità di sviluppo per gli attori europei operanti nel settore.

Oggi più che mai il cloud non è solo questione di tecnologia o tecnica, ma di governance che deve essere compresa a livello globale sia dalle aziende sia dalle istituzioni politiche, perché da qui passa il futuro non solo delle aziende europee ma di tutti i cittadini del nostro continente.

 

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