Big Data e Risorse Umane: da 3 a 5 anni per trasformare i dati in motore strategico

I consigli di Cornerstone OnDemand per introdurre un sistema di Talent Analytics per i Big Data nelle Risorse Umane. Nuovi strumenti e nuove professioni per trasformare in un patrimonio a supporto di recruiting e gestione del personale tutti i dati dispersi all’interno e all’esterno dell’azienda.

I Big Data sono sempre più spesso presenti anche nelle aziende e possono, se utilizzati in modo corretto, favorirne il successo. Nelle Risorse Umane, in particolare nell’area del Gestione dei Talenti, i Big data stanno creando una varietà di scenari che possono offrire supporto strategico di vasta portata ai direttori del personale.

Per comprendere meglio premesse e prospettive, abbiamo raccolto questa testimonianza da Franco Gementi, Regional Sales Manager di Cornerstone OnDemand .

Qualche numero
Esattamente, quanti dati si nascondono dietro un Exa byte, un Peta byte o un Zetta byte?
“Per farsi un’idea, basti pensare che se tutti i dati oggi archiviati fossero disponibili sottoforma di lettere alfabetiche messe una di fianco all’altra su una serie di pagine immaginarie, sarebbe possibile coprire l’intera superficie di Russia, Mongolia e Kazakistan, più o meno 21 miliardi di chilometri quadrati, oltre un ottavo dell’intera superficie terrestre“.
Ogni anno, questa quantità di dati cresce in modo esponenziale. Secondo Eric Schmidt, CEO di Google, nel solo 2009 sono stati generati più dati di quanti ne siano stati prodotti dalla nascita del genere umano al 2008. Secondo IBM, ogni giorno vengono prodotti 2,5 quintilioni di byte di dati (1 trilione di Gbyte). Ciò significa che il 90% dei dati esistenti oggi è stato generato negli ultimi due anni e che nel 2020, la quantità di dati sarà venti volte maggiore.
Molte aziende, tuttavia, non sembrano sapere cosa fare di tutti questi dati. Uno studio condotto da Coleman Parks Research su un campione di 800 information manager di diverse aziende in Europa ha rivelato che il 52% delle aziende non ha idea di come utilizzare i Big Data e che il 21% non ha nemmeno pianificato di iniziare a farlo. Tuttavia, tre quarti delle aziende intervistate ritiene che questo aspetto diventerà sempre più importante nei prossimi tre anni.
La sfida maggiore relativamente ai Big Data sta nelle infinite possibilità che essi offrono. Secondo Gartner, fino al 2015, l’85% delle aziende top 500 di tutto il mondo non sarà in grado di trarre alcun vantaggio economico dalla disponibilità di questi dati.


Cosa sono veramente i Big Data?

Per Big Data nelle aziende si intendono di norma i dati presenti nei sistemi ERP (che tradizionalmente comprendono anche i dati delle Risorse Umane), cioè tutti i dati accumulati dalla gestione e amministrazione di un’azienda, nonché i dati che derivano da attività sui social network, e-mail e dispositivi mobili utilizzati dai dipendenti.
Tuttavia, questi dati, che comprendono anche immagini, foto, video e podcast non possono essere utilizzati come informazioni. E’ possibile trarre informazioni utilizzabili solo a determinate condizioni e solo frammenti di essi possono essere utilizzati per l’analisi dei Big Data. Al contempo, la quantità dei dati e la loro ridondanza cresce ogni secondo. Anche nelle Risorse Umane la mole di dati è talmente ampia che non è più possibile trattarla con i metodi tradizionali“.
Altra sfida posta dai Big Data riguarda la necessità di hardware sempre più efficiente per la loro elaborazione e di una grande quantità di tool, software, database e altre tecnologie, in mancanza delle quali nemmeno i migliori esperti possono fare nulla. Secondo Gartner, l’investimento in hardware, software e servizi richiesto dai Big Data conterà in futuro per il 45% degli investimenti IT.


I Big Data nell’area Risorse Umane

Oggi, gran parte delle attività delle Risorse Umane è rivolta al reclutamento e alla qualificazione del personale e Recruiting e Gestione dei Talenti sono le due aree che possono trarre maggior vantaggio dai Big Data. Josh Bersin, manager e fondatore di Bersin by Deloitte, istituto di ricerca specializzato in temi legati alle Risorse Umane, definisce l’utilizzo appropriato dei Big Data nelle risorse Umane come Talent Analytics.
Sono diverse le tipologie di dati generati esclusivamente dai dipartimenti delle Risorse Umane che possono essere utilizzati per progetti che prevedano l’impiego di Big Data e che possono essere collegati fra loro in molteplici combinazioni. Si tratta di dati relativi al percorso professionale seniority, impieghi precedenti, promozioni, esperienza pratica, datori di lavori precedenti), dati sulle prestazioni (valutazione delle prestazioni in relazione a fattori quali raggiungimento degli obiettivi, progetti realizzati, riconoscimenti ottenuti, promozioni, prestazioni personali), skill e capacità (titoli di studio, corsi di formazione interni ed esterni, autovalutazioni, partecipazione a programmi executive), dati sulla retribuzione (storico, bonus, riconoscimenti, premi produzione), dati sul coinvolgimento dei dipendenti, dati da attività social (post sul blog aziendale, documenti su intranet aziendali, suggerimenti e commenti forniti dai dipendenti, valutazione di e da altri dipendenti), altri corsi di formazione/sviluppo dei dipendenti (corsi frequentati, target, costo dei corsi, periodo di frequenza) e altri dati sulla persona (dati sul reclutamento non inclusi nei database del sistema ERP/ HR).


E’ necessario iniziare il prima possibile

La strada per un’efficace applicazione dei Big Data nelle aziende non è ancora molto chiara: il problema sta nel fatto che spesso nei vari dipartimenti, incluse le Risorse Umane, non si conosce il motivo per il quale i dati debbano essere raccolti, quanti dati sia necessario raccogliere e quali vantaggi ne possano derivare. Molte aziende organizzano i dati disponibili in modo strutturato, ma questo non funziona con i dati sui social network e sul web in generale.
Fino a oggi, tuttavia, non sono stati fatti molti progressi soprattutto perché molti dipartimenti HR non dispongono delle le risorse finanziarie necessarie per rivolgersi agli esperti
“.
Per trattare i Big Data, dunque, è necessario disporre di un team interdisciplinare, relazionarsi con altri team dedicati alle analitycs, in particolare interni al dipartimento IT, nonchè con il management aziendale. La creazione delle competenze è un processo lungo che passa da diversi livelli di maturità; pertanto, è necessario che le aziende inizino il più presto possibile il loro viaggio nei Big Data e quindi nelle Talent Analytics.
Secondo Bersin, occorrono dai tre ai cinque anni per trasformare l’attuale concezione delle Risorse Umane in una funzione strategica e a valore aggiunto supportata dalle HR analytics. I responsabili delle risorse umane devono lavorare a stretto contatto con gli esperti nella gestione dei dati e con lo staff di sviluppo, che tradizionalmente appartengono al dipartimento IT“.


Il maturity level model

Bersin by Deloitte, ha recentemente delineato un modello di livelli di maturità che descrive lo sviluppo di un sistema di Talent Analytics per i Big Data nelle Risorse Umane che dovrebbe aiutare le organizzazioni a ottenere informazioni su tutti i livelli di maturità delle varie attività che portano a un sistema di Talent Analytics.

Nel complesso, questo processo di maturità che va da Livello 1 al Livello 4, dura circa 7 anni.

Livello 1: Reattivo– Reporting operativo

Reporting operativo sulla misurazione dell’efficienza e l’osservazione delle specifiche, integrazione ed esplorazione dei dati e sviluppo di un data dictionary

Livello 2: Proattivo– Reporting esteso

Reporting operativo per il Benchmarking e il Decision-making, analisi e dashboard multidimensionale.
Livello 3: analytics strategiche
Segmentazione, analytics statistiche, sviluppo di un “modello umano”, analisi causa/effetto di soluzioni realizzabili.

Livello 4: analytics predittive

Sviluppo di modelli predittivi, pianificazione dello scenario, analisi dei rischi e riduzione dei danni, integrazione nella pianificazione strategica.


Colmare il gap

Secondo uno studio realizzato azienda americana EMC nel 2011, le maggiori barriere all’applicazione dei big data in ambito HR sono: la mancanza di competenze necessarie per applicarli (32%), budget o risorse (32%), organizzazione interna (14%), tecnologie necessarie (10%).
A oggi, sono ancora tante le aziende HR che si affidano a provider esterni. In particolare le figure richieste sono due: quella del Data Scientist, che avrà competenze di matematica, IT, gestione di database etc. e quella del Big Data Developer, anch’egli dotato di background scientifico e che, nello specifico, si occuperà dell’analisi, del processing e dello storage dei big data stessi. Queste due profili, tuttora piuttosto difficili da reperire sul mercato, lavoreranno a stretto contatto“.

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