Banda larga, serve un aggregatore sul territorio

Il divario digitale si supera con una sintesi fra analisi delle necessità finanziarie e del contesto infrastrutturale. Le associazioni territoriali di Confindustria possono essere i soggetti deputati a farla meglio.

Una sintesi di cosa significhi investire in banda larga e di come farlo partendo dal territorio l’ha offerta oggi Gabriele Galateri di Genola.

Intervenendo a Brescia al convegno “SummIt 2010, col ferro e col silicio“, organizzato dall’Associazione Industriale Bresciana e dal Csmt, il Presidente del Comitato Banda Larga di Confindustria ha spiegato che la presenza sul territorio e sui distretti è necessaria, in quanto può far affrontare, insieme, due temi: quello delle infrastrutture abilitanti, mediando fra pubblico e privato, e quello della promozione dei servizi digitali.

«Il digitale non è un’opzione, ma una necessità – ha detto a 01net – e gli utilizzi al momento, specie nelle Pmi, sono elementari. Serve invece svilupparne l’uso nelle fasi di produzione». Ma anche il commercio elettronico non è opzionale: «è in espansione ovunque nel mondo e il sistema Italia non può permettersi di rimanere indietro».

Galateri di Genola ha riassunto le proposte del progetto partito lo scorso anno e che lo vede coinvolto in prima persona, che vertono sia su policy (ne sono state delineate 12), sia su azioni concrete (70). Gli stimoli sono indirizzati a tutti: Governo, cittadini (e qui ha ricordato come la percezione della banda larga livello popolare sia ormai un dato di fatto) e Regioni.

Proprio il fronte regionale, ossia territoriale, anche alla luce dei recenti passi indietro sul fronte governativo relativamente agli incentivi, può essere la chiave di volta per trovare uno sviluppo praticabile.

Per superare il divario digitale e portare la banda larga sul territorio, ha spiegato Galateri di Genola, ci sono due strade: il miglioramento della situazione finanziaria delle aree in cui servono investimenti o quello del contesto.

Nel primo caso le risorse possono essere di natura pubblica (con un modello definito “scozzese“, ossia di un intervento sufficiente a rendere l’investimento produttivo), privata o mista.
Nel secondo si deve optare per infrastrutture di proprietà pubblica o realizzate in concessione.
Ma le forme di intervento non sono mutuamente esclusive.

Per valutarle e sceglierle adeguatamente serve un soggetto aggregatore, che sappia raccogliere le esigenze del territorio e che  promuova l’iniziativa verso le istituzioni, pubbliche e private, sempre del territorio.
E le associazioni territoriali di Confindustria sono per Galateri di Genola pienamente idonee allo scopo.

Il focus regionale, allora è la soluzione: «stiamo realizzando un rapporto focalizzato sulle Regioni – ha detto – approfondendo lo stato dell’arte delle infrastrutture e dei servizi digitali, individuando i casi di successo che possono costituire modelli replicabili. E completata l’analisi di benchmark delle infrastrutture e servizi presenti in ogni Regione potremo consultarci con le associazioni territoriali, coordinate dalle Confindustrie Regionali, per discurere le proposte di policy più idonee per le esigenze delle imprese».

Ha ricordato, poi, come in collaborazione con Aldo Bonomi, vicepresidente per le Politiche territoriali, si sta realizzanto un’iniziativa per l’abbattimento del digital divide nei distretti industriali (insieme ad Assinform, Csit e Asstel). Sono stati individuati dieci distretti campione su cui intervenire, fra cui ha citato quello di Lumezzane, che ha una copertura Adsl del 93%, per trovare collaborazioni pubblico-privato che colmino il divario residuale.

Infine ha sottolineato come Confindustria ritenga fondamentale realizzare entro il 2015 il completo superamento del divario digitale, garantendo una copertura a 20 Mb su tutto il territorio e ultrabroadband per centri urbani e aree a forte concentrazione industriale, completando anche la digitalizzazione della Pa.

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