Apple, o l’abitudine al silenzio

Mentre la società ufficialmente celebra il milione di iPhone 3G S venduti, ufficiosamente ritornano le voci sulla salute di Jobs. E gli analisti si domandano quanto la segretezza vada d’accordo con la correttezza.

Mentre le note ufficiali celebrano la vendita di un milione di iPhone 3G S nel primo week end di disponibilità effettiva del dispositivo, le note ufficiose parlano del rientro al lavoro di Steve Jobs.

Un rientro atteso, soprattutto dopo la rivelazione del reale motivo dell’assenza per motivi di salute del manager.
Nessuno squilibrio ormonale, come le note ufficiali avevano sostenuto all’inizio dell’anno, ma un trapianto di fegato, al quale Jobs è stato sottoposto due mesi fa.
E di nuovo la riluttanza a rispondere alle domande sull’effettivo stato di salute del Ceo.
Apple si trincera dietro la necessità e la volontà di tutelare la privacy di Jobs, “fingendo” di ignorare che non di curiosità morbosa si tratta, ma di informazioni cosiddette “sensitive”, in grado di influenzare l’andamento del titolo in Borsa e la fiducia degli investitori.

Di questo aspetto avevamo parlato all’epoca, evidenziando come in una azienda che ha costruito il proprio successo su una sorta di culto della personalità del proprio capo, certe informazioni assumono valenza strategica, soprattutto laddove sembra non esserci un successore altrettanto carismatico.

Le medesime considerazioni emergono di fatto oggi e un’analisi piuttosto dura in merito la offre il New York Times.
Il quotidiano newyorkese sottolinea come poche aziende, al pari di Apple, sono state e sono così riservate in merito ai loro affari interni e così punitive nei confronti di chi per colpa o dolo li lascia trasparire. Si ricordano le azioni legali intraprese da Apple contro i blog colpevoli di lasciar filtrare indiscrezioni sui prodotti in uscita, e i licenziamenti in tronco dei dipendenti colpevoli di non aver osservato tutte le severissime norme di sicurezza, che includono, stando ai racconti dei “fuoriusciti”, innumerevoli autorizzazioni e autenticazioni prima di raggiungere la propria postazione, teli neri per coprire i prototipi, videocamere e luci rosse di emergenza per scoraggiare i non addetti al progetto.

Una segretezza che molti analisti e il Nyt giudicano comprensibile quando si tratta di nuovi prodotti, che spesso rappresentano una sorpresa per gli stessi dipendenti, al momento del loro annuncio, ma meno giustificabile quando si tratta di affari interni, di gestione, di management.
E’ la cultura della segretezza che viene messa sotto accusa, una riservatezza che oggi sembra più che mai in stridente contrasto con l’abitudine di altre corporation al dialogare con i propri dipendenti, clienti, utenti, investitori dalle pagine di blog, di Facebook o di Twitter.

Gli esperti di marketing storcono il naso: la società non comunica, dichiara lapidario Gene Munster di Piper Jaffray. Soprattutto stigmatizzano l’abitudine della società di rilasciare informazioni inesatte, al solo scopo di confondere le acque. Come quando Apple si dichiarò contraria a rilasciare un iPod a basso costo senza schermo, per poi tirar fuori dal cilindro lo Shuffle.

La situazione, oggi, è un po’ più complicata. Qualcuno comincia a sollevare il dubbio che Apple, tacendo le informazioni sullo stato di salute di Jobs, abbia in realtà violato alcune leggi vigenti, che impongono alle aziende quotate il rilascio di informazioni sul benessere del loro Ceo. Qualcuno parla di escamotage: il trapianto sarebbe avvenuto quando già il manager si trovava in congedo per motivi di salute, dunque l’ufficializzazione non sarebbe stata necessaria.
In genere i pareri sono piuttosto severi. Mistruth è la parola ricorrente. Inganno. E l’inganno sarebbe avvenuto non ora, ma a gennaio, quando l’azienda parlò di squilibri ormonali. Inganno deliberato, che viola le regole di trasparenza che anche Apple dovrebbe rispettare.

Su una cosa c’è accordo unanime: se la segretezza può aggiungere un po’ “pepe” all’annuncio dei nuovi prodotti, altrettanto non giova in altri ambiti. La mancanza di trasparenza si sta trasformando in cattiva reputazione per la casa della Mela.

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