Dopo aver ridotto di circa 10mila unità il numero dei propri dipendenti e pianificato la vendita di alcuni stabilimenti, Big Blue ha chiuso il 2° trimestre dell’esercizio fiscale in corso con profitti per 445 milioni, rispetto ai 2,1 miliardi di dollari di un anno fa
18 luglio 2002 La debolezza che continua a
caratterizzare le vendite di pc, semiconduttori e data services torna nuovamente
a influire sui risultati finanziari di Ibm. Dopo aver tagliato circa 10mila
posti di lavoro e venduto alcuni stabilimenti, allo scopo di ridurre i propri
costi, il colosso statunitense ha chiuso il secondo trimestre dell’esercizio
fiscale in corso guadagnando tre centesimi per azione, rispetto agli 1,15
dollari di un anno fa. Big Blue, che all’inizio di giugno ha annunciato
l’intenzione di vendere a Hitachi numerosi asset relativi alla produzione di
hard-disk drive per 2,05 miliardi di dollari, ha riportato utili per azione pari
a 84 centesimi, superando seppur di poco le previsioni di Wall Street. Rispetto
ai 2,1 miliardi di dollari, o 1,17 dollari per azione, registrati nel medesimo
periodo dell’esercizio precedente, i profitti di Ibm sono calati fino a
raggiungere quota 445 milioni, o 25 centesimi per azione. Il fatturato,
diminuito del 5,7% (meno rispetto a quanto previsto in precedenza), si è
assestato a quota 19,7 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 20,8 miliardi di
un anno fa. Contrariamente al business dei personal computer e a quello dei
semiconduttori – che nel Q2 2002 hanno perso, rispettivamente, 35 e 943 milioni
di dollari -, la divisione dedicata al software ha incrementato il proprio
fatturato (rispetto al 2001) dell’8%, fino a raggiungere quota 3,3 miliardi. E
John Joyce, Chief Financial Officer di Ibm fa sapere che, nel secondo trimestre
appena conclusosi, la società ha portato a segno 10,6 miliardi di dollari in
contratti per servizi, mentre ve ne sarebbero altri tre, di notevole dimensioni,
in fase di negoziazione.
