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Ammagamma e il ruolo democratico dell’intelligenza artificiale

«Con l’intelligenza artificiale oggi indirizziamo bisogni che non si possono più trascurare. Non sostituiamo nulla: ci integriamo nell’esistente per realizzare economie di scala in 10, 12 mesi. Chi fa il nostro lavoro, indirizzando bisogni specifici su manifatturiero e media azienda, ha un grande ruolo in questo momento».

A parlare così con noi è il nuovo amministratore delegato di Ammagamma, David Bevilacqua, vecchia conoscenza del mondo IT nazionale. Su tutte vale l’esperienza che ha avuto come direttore della regione Sud Europa e come ad di Cisco, culmine di un percorso manageriale cui sono seguite la creazione di Yoroi (società di cybersecurity ora nel gruppo Tinexta) e le attività come senior advisor in Jakala.

Poi c’è stato l’incontro con Fabio Ferrari fondatore (nel 2013) di Ammagamma, quando ancora la società modenese si chiamava Energy Way, che lo ha cooptato dapprima come membro del board, poi affidandogli il ruolo di direttore generale, con responsabilità di stesura del piano industriale e ora gli ha lasciato la poltrona di amministratore delegato.

La narrazione dell’intelligenza artificiale

«In Ammagamma – ci dice Bevilacqua – ho trovato una delle poche aziende che aveva una narrazione sull’intelligenza artificiale diversa», che oggi viene attuata con 60 persone (erano 30 prima dell’esplosione della pandemia, quindi solamente un anno fa. Basta con il ricorso alle metafore di umanoidi e androidi: «questa azienda racconta l’intelligenza artificiale per quello che è: matematica applicata».

Oggi, secondo Bevilacqua, per portare l’intelligenza artificiale in produzione bisogna rileggere i processi fisici e transazionali per consentire di abilitare quello che le persone fanno normalmente.

david Bevilacqua

«Facciamo modelli matematici rivisitando i processi dei clienti a seconda degli obiettivi che i clienti stessi ci danno Usiamo i loro dati, aggiungiamo dati nuovi ed efficientiamo le attività».

Ammagamma lo sta facendo con una sessantina di persone, dicevamo, fra figure di produzione, data scientist, data architect, la struttura commerciale e di staff. Una dimensione tipica per una scale up che cresce organicamente, ma che ha clienti che sono sì grandi aziende (Telecom ed Eni: la presenza nel mondo utility è confermata dal fatto che prima Ammagamma si chiamava Energy Way) ma anche tante piccole e medie aziende, anche con 40 milioni di fatturato, conferma Bevilacqua.

Sono aziende del settore manifatturiero e industriale, spiega, che devono trovare forme nuove di efficienza e di ottimizzazione.

Dal data lake al modello matematico

Per queste medie aziende italiane di produzione cosa fa Ammagamma?

Dapprima capisce l’obiettivo che hanno, spiega Bevilacqua. «Abbiamo 70 use case, con cui comprendiamo obiettivo del cliente e lo confrontiamo con i dati disponibili: questo è il primo punto da affrontare. Da qui costruiamo un data lake consistente. Poi aggiungiamo i dati esogeni che non dipendono dall’azienda ma che afferiscono al modello di business. Per esempio, quelli meteo. Dopo scriviamo il modello matematico, lo trasformiamo in software e lo mettiamo sui dispositivi: un plc, un server un cloud».

Questo modello viene poi da Ammagamma manutenuto, allenato, upgradato, integrato, evoluto.

Esempi di use case di Ammagamma sono i controllori predittivi per impianti di depurazione, image analysis per il controllo qualità, la data analysis per la gestione energetica, la pianificazione produttiva ottimizzata, i modelli matematici per il multisito, la robotizzazione dei processi di back office.

A Modena nasce la scuola sperimentale di intelligenza artificiale

Ammagamma e l’IC3 Mattarella di Modena hanno dato vita a Lucy (il nome viene dall’australopiteco dotato di intelligenza), prima scuola italiana sperimentale di intelligenza artificiale per gli istituti secondari di primo grado. 

Obiettivo è educare giovani e adulti a comprendere e utilizzare i dati e le tecnologie di intelligenza artificiale, in modo consapevole e responsabile con attività sperimentali esperienziali.

Il progetto permetterà a studenti e docenti di scoprire le potenzialità delle tecnologie non con un’attività extra ma con un percorso curricolare di apprendimento.

Gli studenti sperimenteranno la teoria nella pratica riscoprendo il valore della dimensione sensoriale nell’esperienza di apprendimento.

Per Pietro Monari, responsabile dei progetti Education di Ammagamma oggi “serve un approccio multidisciplinare per comprendere a fondo l’inteligenza artificiale. Questa è l’ambizione della nostra scuola e la visione educativa di Ammagamma”.

System integrator di se stessi

Il modello di business all’inizio era di stampo consulenziale classico, basato sul proof of concept. «Ora si crea codice, applichiamo un modello da software house, con system integration. Siamo anche system integrator di noi stessi, quando per motivi di dimensionalità l’azienda cliente non lo può avere».

Ammagamma svolge le attività software per creare modelli di intelligenza artificiale con sviluppatori, UX designer, integratori, seguendo un modello che Bevilacqua chiama “modify the shelf”: da una base comune si passa alla customizzazione.

«Adesso abbiamo nove soluzioni codificate (inventario, controllo predittivo) che replichiamo a seconda il modello di customizzazione. Soluzioni per la maggior parte orizzontali e in qualche caso verticali per industria. Soluzioni replicabili».

Ammagamma va dove non c’è il data scientist

Alle grandi imprese non devi spiegare cosa è l’intelligenza artificiale, lo sanno già, asserisce Bevilacqua.

«Le aziende che non sono dotate di data scientist hanno invece bisogno di essere approcciate da Ammagamma, con un lessico che sia comprensibile. Per farlo oggi abbiamo una rete commerciale con un approccio doppio, con grandi clienti e persone sui territori, con responsabilità geografiche».

 

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