E’ la drastica previsione dello studio di Ibm secondo il quale l’advertising sta velocemente cambiando volto
Se per i giornali cartacei l’Economist stima la fine nel 2043 per la pubblicità in Tv il game over è molto più vicino. Lo afferma Ibm Global Business Services che ha presentato un nuovo report dal titolo “The End of Advertising as We Know It”.
La fine della pubblicità come la conosciamo oggi, secondo l’indagine che ha coinvolto 2.400 consumatori e ottanta professionisti del settore, dovrebbe arrivare nel giro di cinque anni. Colpa dei Dvr grazie ai quali il 50% dei possessori di questo tipo di apparecchi (non in Italia, però) guarda i programmi saltando gli spot pubblicitari e soprattutto degli exchange pubblicitari (Google, Yahoo, Aol e anche Microsoft) che entro i prossimi cinque anni conteranno per il 30% dei ricavi attualmente realizzati dai broadcaster.
“Per sopravvivere i broadcaster devono modificare il loro atteggiamento mentale rivolto a un pubblico di massa – scrive il rapporto –, privilegiando un approccio verso i segmenti di consumatori di nicchia, mentre ai distributori tocca il compito di offrire prodotti pubblicitari mirati e interattivi rivolti a un ampio ventaglio di dispositivi multimediali. Le agenzie pubblicitarie dovranno, sperimentando la loro creatività, diventare gli intermediari delle sensazioni e dei bisogni interiori dei consumatori e fare da guida nell’assegnazione dei budget pubblicitari fra le mille proposte. Tutti gli attori del mercato dovranno trovare il modo di adattarsi a un mondo in cui la creatività pubblicitaria viene comprata e venduta secondo schemi liberi contrapposti ai canali tradizionali”.
Quattro sono i fattori che contribuiranno a cambiare lo scenario dell’advertising: il controllo dell’attenzione, la creatività, la misurazione e i repository di pubblicità.
Per quanto riguarda l’attenzione, uno studio di Ibm pubblicato in agosto conferma che l’interesse dei consumatori si è spostato dalla Tv a Internet. I consumatori sono stanchi delle interruzioni pubblicitarie e sono sempre più attenti al modo di interagire, filtrare, distribuire e consumare i contenuti e i messaggi promozionali associati.
Inoltre, sempre più spesso utenti amatoriali e semi-professionali creano contenuti pubblicitari a basso costo che minacciano di aggirare le agenzie creative, mentre publisher e broadcaster stanno allargando sempre più i loro ruoli creativi. Gli inserzionisti pretendono una maggiore responsabilità e sistemi di misurazione più specifici del comportamento dei singoli consumatori sulle varie piattaforme pubblicitarie.
Gli exchange pubblicitari self-service stanno catturando porzioni di fatturato che prima erano indirizzati esclusivamente attraverso transazioni dirette o canali proprietari.
Tutto questo però non sfugge ai professionisti della pubblicità. Oltre la metà degli intervistati ritiene che nei prossimi cinque anni oltre alla crescita di Google e degli altri colossi del Web si assisterà a un calo di fatturato significativo (più del 10%) per lo spot di 30 secondi, mentre quasi il 10% sostiene che la riduzione sarà ancora più consistente (oltre il 25%).
Secondo i due terzi degli intervistati, nei prossimi tre anni il 20% del fatturato pubblicitario si sposterà da formati basati sulle impression a formati basati sull’impatto.





