Il consumatore non cammina più da solo

Allo Iab forum il vice president di Forrester research cita l’inno del Liverpool per spiegare come cambia il rapporto con i brand

Jaap Favier, vice president & research director Forrester research, nel suo intervento al convegno inaugurale del Iab forum di Milano parte dalla finale di Champions League dello scorso anno (Milan-Liverpool 2-1) per spiegare come sta cambiando il mondo della pubblicità nell’era di Internet.


Mostra il filmato della curva del Liverpool che canta “Will never walk alone” (“Non camminerai mai solo”, l’inno della squadra) per spiegare come una squadra non di Londra con uno stadio da 45.000 posti è riuscita a creare online una community che va molto oltre i confini cittadini.


Ma non solo. “Will never walk alone” è una frase che si adatta perfettamente al consumatore attuale che non è più isolato di fronte alle aziende, ma riesce con maggiore facilità a fare gruppo acquisendo informazioni alle quali prima non poteva vere accesso.


“Di queste lavatrici ho saputo molto di più da un certo Jim frequentando un forum specializzato che dalla home page dell’azienda e dalle sue banali e costosissime campagne” aveva detto David Weinberger nel precedente intervento. Un affermazione che si collega al discorso di Favier il quale ricorda come la fidelizzazione ai marchi sia in calo, che la pubblicità parla ma non ascolta e che l’advertising è sempre meno il driver delle vendite. Oggi prima di acquistare ci si informa in rete dove blog e critici, che formano il 20% degli utenti in rete, hanno un forte potere di influenza presso gli altri consumatori.


Vista la situazione, si chiede Favier, bisogna giocare in attacco o in difesa? La risposta sta negli esempi citati con la campagna di Dove (un sapone) che ha presentato in rete un filmato scaricato due milioni di volte e allestito un sito plurilingue (http://www.perlabellezzaautentica.it/)  non si discute certo della saponetta, ma di bellezza nelle sue varie forme. Quella di Dove è una best practice nella quale sono i consumatori a creare valore, mentre l’altra faccia della medaglia è data da Wall Mart che ha pensato bene di creare un blog dove un paio di persone visitavano i punti vendita della catena più grande del mondo per fare vedere come erano belli i negozi e come era felice la gente che acquistava e ci lavorava. C’è voluto poco perché il blogger di turno scoprisse che dietro il sito c’era l’agenzia di pr di Wall Mart facendo quindi scoppiare la rivolta degli utenti.

E poi c’è la Hsbc, una banca, che ha voluto fare la furba e durante il periodo estivo ha abolito un servizio per gli studenti. Tanto in quel periodo erano sulle spiagge non attaccati alla rete. Errore. In breve la protesta è montata sul Web e il sagace istituto di credito ha dovuto fare marcia indietro. Ma gli esempio sono anche italiani. Favier ha raccontato di un albergo romano che per un solo giudizio negativo su un sito molto frequentato in due mesi ha perso il 30% del fatturato. Fenomeno passeggero, “Tutto questo svanirà come una bolla” dicono alcuni Ceo. Senza sapere che la memoria di Google è molto lunga e che in giro ci sono sempre di più persone come Bob, 27 anni, utente di Internet, che dice: ”Non voglio subire la pubblicità delle marche, ma voglio che loro diventino mie amiche”.
Si rifiuta una proposta di amicizia?

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome