Le conversazioni in italiano in Rete inerenti 13 mercati di consumo monitorate da Freedata Labs con la piattaforma di Web listening Alterian Sm2 dimostrando che la comunicazione su prodotti e brand non compete più alle sole aziende.
Intenzionata a porre all’attenzione delle strutture marketing delle aziende produttrici di beni di consumo nuovi stimoli provenienti dal Web 2.0, Freedata Labs ha reso nota buona parte dei risultati ottenuti rilevando, dal 1° luglio 2010 al 31 gennaio di quest’anno, le conversazioni in lingua italiana su pannolini per bambini, shampoo, detersivi per lavatrici, yogurt, gelati, birra, vodka, jeans, abbigliamento intimo, borse, telefonia mobile, city car e assicurazioni, pubblicate online su siti mainstream e di news, forum, blog, social media, microblog, wiki e photo/video sharing.
Ne è venuta fuori una nuova dimensione di marketing, la talkability, che stando alla definizione di Raffaella Piccarreta, ricercatrice dell’Università Bocconi presso la quale il lavoro di Freedata è stato presentato, «denota la capacità di un prodotto, brand, azienda, di generare su Internet contenuti che la riguardano». In tal senso, l’analisi di Social intelligence che ne deriva, e che combina contenuto testuale proveniente dal Web con misure quantitative declinate per canale, poggia sull’utilizzo della piattaforma internazionale di Web listening Alterian Sm2 che, in 7 mesi, ha generato oltre 700mila risultati.
«Una banca dati enorme – sottolinea Valeria Severini (nella foto), Ceo di Freedata – dalla quale siamo partiti per mixare i 13 mercati monitorati e i relativi canali digitali indispensabili per ragionare nella comunità Web». Ne è venuto fuori che oltre 5mila buzz mensili interessano gli smartphone analizzati nel mercato della telefonia mobile, mentre meno di 300 conversazioni al mese avvengono in merito a yogurt, shampoo, gelati e vodka. «Ma se il mondo del fashion è caratterizzato da un deciso incremento della comunicazione generato dalle aziende, il 60% dei risultati relativi ai prodotti di largo consumo proviene dai forum, dove si condividono spontaneamente esperienze d’uso e d’acquisto».
Così, se del mondo beverage se ne parla prettamente sui social network e le city car hanno il loro punto di forza nei blog specializzati in auto, è nel mondo della telefonia mobile e, in seconda battuta, delle assicurazioni, che l’incidenza di tutti i canali digital si fa più evidente. A interessare Freedata è, però, la correlazione possibile per classi di prodotto tra i diversi canali considerati, «la stessa che, nel caso degli smartphone – afferma Severini – evidenzia come le anticipazioni di prodotto vengono date ai blogger, si spostano verso i forum per poi continuare a essere comunicate via mainstrem».
Al suo opposto, è nei pannolini per bambini che si verifica, secondo le rilevazioni di Freedata, la correlazione maggiormente negativa tra mainstream & news vs blog & forum. «Questo – spiega l’interlocutrice – significa che le donne parlano dei prodotti utilizzati su canali digitali deputati a questo genere di conversazione mentre le aziende comunicano lanci di prodotto utilizzando tutt’altra tipologia di canale». In tal senso, dall’analisi dell’indice di concentrazione dei contenuti per canale (utile per comprendere se nei mercati monitorati vi è una dispersione di informazioni o se esistono community o luoghi digitali dove questi si concentrano), a risultare vincente è senz’altro il forum che, specialistico già di suo, tende a concentrarsi più degli altri.
Applicata al marketing del Web 2.0 la teoria del Big 5 (volta a delineare, in termini di apertura a esperienze nuove, coscienziosità, amabilità, stabilità emotiva ed estroversione, profili di personalità associabili a determinate scelte, non solo in ambito consumo), quel che si evince dall’analisi condotta da Freedata Labs, sono talking style di cui i brand dovrebbero tener conto. «Scoprire che chi utilizza il canale digitale del mainstream denota una grande apertura alle nuove esperienze, mentre la stabilità emotiva caratterizza le conversazioni all’interno dei forum, permette di tarare meglio gli stili di comunicazione utilizzati dalle aziende per promuovere i propri prodotti rispetto a quanto realmente utilizzato dagli utenti nel Web per discutere e confrontarsi sugli stessi argomenti».





