Più bachi che farfalle nell’Ict italiana

Il passaggio dall’Ict tradizionale all’era digitale rispecchia una disomogeneità che non caratterizza solo l’Italia. Ma da noi, nel 2010, le Tlc mobili hanno segnato un -3,2%, mentre il down pricing delle tariffe professionali fa parlare di nearshoring.

La fotografia che il Rapporto Assinform 2011 restituisce è quella di un mercato Ict in profonda transizione, con segmenti che perdono velocità e nuove opportunità emergenti. In un processo molto più lento e faticoso di quel che realmente accade in natura, l’immagine utilizzata da Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting, per parlare del mercato Ict è quella di un baco da seta che si trasforma in farfalla «traghettando l’Ict tradizionale, così come la conosciamo, nell’era digitale».

Mercato mondiale dell’Ict (dati 2010)
Ma la crescita a macchie che caratterizza il mercato non è una prerogativa solo italiana. «L’andamento è generalizzato – conferma Capitani -, e vede la dimensione della spesa Ict dell’Asia-Pacifico ormai prossima a quella europea». A colpire è, però, il livello di adozione e diffusione di tecnologia che, nel 2010, in tutto il mondo, ha visto totalizzare la vendita di quasi 1,5 miliardi di telefoni cellulari, di oltre 300 milioni di smartphone e 340 milioni di pc «portando così il parco delle tecnologie installate a crescere ulteriormente».

Dato per scontato che siamo ormai entrati «nella fase della digitalizzazione di massa», quel di cui Capitani invita a prendere atto, citando le riflessioni espresse all’interno del recente Rapporto AgCom 2011, è che «siamo di fronte a una popolazione digitale mondiale di consumatori, cittadini e dipendenti tecnologici costantemente connessi e, per questo, sempre più in grado di interagire e influenzare le interazioni con Pubbliche amministrazioni, imprese e banche».

Intorno a questo rapporto non stupisce, allora, che si stia via, via creando un nuovo ecosistema che, costruito attorno all’utente digitale, fa sì che «a disegnare le strategie della convergenza non siano più i grandi strateghi dei vendor Ict, quanto i nuovi stili di utilizzo e di vita delle tecnologie che, in questo nuovo scenario, sono in grado di imporre un ridisegno dell’innovazione tecnologica e della formazione dell’ecosistema digitale stesso».

Mercato italiano dell’Ict (dati 2010)
Ovviamente, guardando al mercato italiano, la realtà fin qui delineata va ragionevolmente ridimensionata e appiattita a tassi di crescita che, nel 2010, evidenziano un andamento ancora negativo del 2,5%, in cui le Tlc decrescono del 3%, rispetto al -2,3% riportato nel 2009. «E a nulla vale il recupero di quasi dieci punti percentuali registrato dall’It che, sempre in territorio negativo, non regge il confronto con le crescite registrate dagli altri grandi Paesi del mondo, anch’essi lontani da una media omogenea».

Ancora una volta, a pesare sul nostro Paese, sono la mancanza di nuovi progetti «in grado di portare linfa alla domanda» e un infelice processo di down pricing delle tariffe professionali «che ci sta rendendo protagonisti di un fenomeno di nearshoring tale per cui numerose aziende straniere cominciano a trovar economicamente conveniente spostare in Italia i propri processi di produzione». Stando così le cose, il miglior andamento del software e la tenuta dell’hardware grazie al rinnovo del parco e ai tablet pc, non bastano.

In controtendenza rispetto al relativo miglioramento dell’It registrato nel 2010, il tasso di crescita del mercato delle telecomunicazioni (-3%) è andato peggiorando riportando un fenomeno in parte nuovo, secondo il quale, a pagare sono soprattutto le Tlc mobili (-3,2), rispetto al -2,6% riportato dal segmento fisso. In entrambi i casi, la componente che registra il maggior calo è quella dei servizi, «che da due anni a questa parte hanno cominciato a soffrire rispetto alla competizione di prezzo sempre più accesa tra i grandi operatori di Tlc».

E se fin qui abbiamo parlato solo di “bachi”, qualche farfalla c’è. Il riferimento di Capitani è ai 13 milioni di accessi a banda larga «in crescita di quasi il 7%», ma anche al numero di Sim che, nel nostro Paese, hanno superato quota 95 milioni, a fronte di 46 milioni di utenti. «A contribuire a questo genere di crescite – è l’ulteriore conferma – ci hanno pensato gli operatori di telefonia mobile virtuale (Mvno), che hanno raggiunto i 3,7 milioni di utenti ma di cui l’unico interlocutore realmente importante è Poste Italiane».

Mercato italiano (primo trimestre 2011)
In tutto questo, l’andamento del primo trimestre di quest’anno, ha decisamente deluso le aspettative disattendendo il segno positivo anche a fronte del tasso di crescita dell’economia italiana ma in linea con l’andamento dei principali indicatori, che vedono, secondo dati Istat, i consumi e la spesa corrente della Pubblica amministrazione fermi, rispettivamente allo 0,7% e allo 0,1, con investimenti fissi lordi in crescita di solo un punto e mezzo percentuale. «Non stupisce allora un decremento dell’informatica dell’1,3%».

A crescere dello 0,4% è solo la parte software in cui la componente middleware si conferma la più dinamica «in supporto com’è a iniziative di datacenter trasformation e implementazione di architetture cloud, che cominciano sì ad avere una loro consistenza – ammonisce Capitani -, ma anche a erodere terreno alle componenti tradizionali». Come nel primo trimestre del 2010, la parte hardware decresce (-2,1%) evidenziando livelli di vendite superiori al milione di pezzi per tutto il 2011 ma solo per i tablet pc.

«Qui non sarà la componente consumer la più dinamica, quanto quella business, ossia le imprese che cominciano a fare un uso professionale di questo genere si strumenti implementandolo presso la propria forza vendita». Sulla stessa scia, estremamente peggiorativo, rispetto al medesimo periodo dell’esercizio 2010, il 1° Q 2011 evidenzia un -4,2% sul quale pesano gli investimenti nelle infrastrutture a cui si contrappone una crescita di device innovativi che, nei primi tre mesi di quest’anno, hanno riportato una crescita brillante.

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