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Impresa 4.0: cosa c’è scritto nel libro bianco

Dopo gli incentivi è il momento di spingere l’acceleratore su competenze e lavoro. È questo il recente messaggio del ministro Calenda il quale non ha nascosto qualche ritardo del piano Impresa 4.0 sul fronte del venture capital che non hanno funzionato come avrebbero dovuto e dei competence center, 4-5 poli di eccellenza che mettano insieme industria e università.

Il bando ancora non è partito. “Dovremmo riuscire a tirare fuori il decreto ministeriale entro novembre – ha detto il ministro. Questo sarà il lavoro più complicato di tutti, su questo tema l’attenzione da ora in poi sarà davvero alta“.

Le professionalità per Impresa 4.0

Il tema dei competence center si sposa con quello delle professionalità richiesta dall’Impresa 4.0, il nuovo del piano Calenda, che è l’oggetto del “Libro Bianco su lavoro e competeze in Impresa 4.0” realizzato da Fim-Cisl e Adapt, il centro studi sull’evoluzione del mondo del lavoro fondato nel 2009 da Marco Biagi il docente universitario poi assassinato dalle Nuove Brigate Rosse.

L’impegno del sindacato su questi temi non è nuovo visto che con Adapt aveva già realizzato un libro verde sui competence center.

Ora torna sul tema con un lavoro che nella prima parte prende in esame la 4.0, definita l’industria che non esiste, per poi affrontare il contesto delle imprese metalmeccaniche, il ritardo italiano, i primi risultati del piano del governo e le criticità del mercato del lavoro e del sistema formativo italiano.

Con riferimento al numero di laureati – spiega il documento – l’Italia si ferma al 18% della popolazione rispetto alla media Ocse del 38% e i tassi di occupazione dei laureati tra i 25 e i 34 (64%) sono addirittura inferiori rispetto a quelli dei diplomati (68%) a riprova della distanza tra sistemi formativi e mercato del lavoro. I percorsi formativi specializzanti, come gli Istituti tecnici superiori sono ormai una realtà riconosciuta nel territorio italiano ma il numero di studenti iscritti ai corsi sono inferiori di cento volte rispetto a quelli tedeschi e di cinquanta volte rispetto a quelli spagnoli”.

La critica ai competence center

Da questi dati parte la critica al modello di competence center proposto da governo che non convince Adapt e il sindacato. Secondo il documento i competence center (che resta la strada preferibile) devono partire da singole aree tematiche di specializzazione e di produzione che diventano una sorta di hub di riferimento per tutti i soggetti che a livello non solo nazionale ma globale si occupano del tema. L’idea però è di affiancare ai competence center su base provinciale “laboratori territoriali per l’innovazione ai quali partecipino tutti gli stakeholder rilevanti nel processo di transizione verso Industria 4.0 e che si affianchino ai Competence Center. Potranno farne parte università, centri di ricerca, autorità pubbliche, parti sociali, agenzie per il lavoro, centri per l’impiego ecc. con l’obiettivo di guidare e coordinare l’innovazione nel territorio”.

Il documento sottolinea l’importanza dei fondi interprofessionaliil vero tassello mancante per un effettivo raccordo tra le politiche industriali e di sviluppo e un moderno sistema di relazioni industriali”.

L’idea è di assegnare fondi competenze non solo nella formazione degli adulti ma anche nella integrazione scuola-università-lavoro e nella ricollocazione dei lavoratori in esubero. “Oltre ad un maggior sviluppo di percorsi formativi allineati ai fabbisogni di competenze richiesti da Industria 4.0, i fondi interprofessionali potrebbero esercitare ruolo di supporto e copertura finanziare ad attività di certificazione delle competenze trasferite ai lavoratori mediante forme di apprendimento formale, informale e non formale. Inoltre potrebbero partecipare mediante cofinanziamento ad attività di alfabetizzazione digitale della popolazione lavorativa che non possiede tali competenze”.

L’apprendistato

Ce n’è anche per l’apprendistato, di terzo livello, “vero punto di incontro possibile tra università e mondo delle imprese“. Oltre alla semplificazione delle modalità di attivazione dell’apprendistato di terzo livello, una misura necessaria per la diffusione di questo istituto potrebbe essere quella di un azzeramento dei contributi (contribuzione figurativa) dovuti da imprese e lavoratori. Il documento torna sulle reti di impresa che devono essere potenziate pensando ad agevolazioni fiscali.

Bisogna poi favorire l’evoluzione dei modelli organizzativi con incentivi per nuovi modelli di organizzazione del lavoro basati su high performance work practice e partecipazione dei lavoratori. Il documento propone poi la valorizzazione del lavoro di ricerca in azienda ramite alcune misure, per esempio che il lavoro di ricerca sia svolto anche in forma indipendente e senza vincolo di subordinazione e infine propone patti di solidarietà intergenerazionale con percorsi di alternanza generazionale attraverso patti di solidarietà, progetti ponte o staffetta generazionale.

Questi istituti contrattuali prevedono nuovi inserimenti a fronte della disponibilità di dipendenti anziani a trasformare, in vista della pensione, il proprio contratto da full time in part time.

 

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