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I big data che servono al marketing sono i raw data

I big data sono dappertutto, come il marketing. Ogni transazione, ogni attività online, ogni film selezionato sulla smart tv, ogni viaggio aereo, ogni battito del cuore è potenzialmente tracciato, costituendo un patrimonio di informazioni a disposizione di software e aziende, per far fare loro marketing.

I big data, infatti, rappresentano un’eccezionale raccolta di informazioni che continua ad auto-generarsi al punto da aver raggiunto dimensioni esorbitanti, quelle degli Zettabyte, che equivalgono a 1 sestilione di byte.

Questa impressionante quantità di dati stimola una rivoluzione nelle abitudini e nelle dinamiche di consumo: effettuando un acquisto online si alimenta un sistema che restituirà all’utente informazioni su prodotti affini a quello scelto, sotto forma di banner.

Online e offline si intrecciano in una realtà, quella attuale, in cui non esiste più una linea di demarcazione fra il mondo digitale e quello reale: ogni azione in rete riverbera come ali di farfalle giganti e mostruose nel mondo reale.

Che siano carrelli immensi e pieni di pacchi spinti da operai in un magazzino, che si tratti di furgoni in doppia fila che rallentano la circolazione in città per mantenere la promessa della consegna più rapida possibile oppure di un ragazzo in bici che sfreccia sotto la pioggia per consegnare una cena, l’epoca digitale ha modificato le logiche quotidiane, le esperienze come individui, i desideri e le emozioni, fino a trasformare le persone in clienti, prospect, profili, “personas”.

Mettiamo oggetti nel carrell virtuale, li togliamo, ci ripensiamo dopo esserci informati attraverso una qualche recensione; mettiamo like ai post; condividiamo i contenuti, anche senza verificarne la fonte. Tutto ciò contribuisce a generare i big data.

Dai dati grezzi al marketing

“All’interno dei big data, però, ci sono soprattutto raw data, ossia i dati sporchi: informazioni che necessitano di un’ulteriore codificazione per essere utilizzate per segmentare il pubblico”, affermano Aldo Agostinelli e Silvio Meazza nel libro People Are Media.

Fra questi, per esempio, ci sono tutte le informazioni sui passaggi delle persone all’interno di un centro commerciale, dove non è chiaro chi stia passando.

Lavorando su tutti i dati a disposizione si possono ricostruire movimenti e mappe, e magari identificare un punto con una persona specifica, grazie a quello che ha comprato e alla carta fedeltà che ha usato o attivato.

Oggi, la tecnologia consente tutto ciò e l’uso dei big data ha principalmente due scopi: migliorare il funzionamento dei passaggi aziendali e potenziare il marketing.

Più informazioni si hanno su un utente di qualsiasi ente e più facilmente si riescono a targettizzare le iniziative di marketing rivolte a lui, aumentando il giro di business.

Come sostiene una ricerca condotta da McKinsey, l’uso dei big data può aumentare i margini operativi delle aziende fino al 60%. Guarda in questa direzione anche un’inchiesta di Gartner, affermando che il 75% delle imprese investirà a breve nei big data per migliorare la customer experience e ottimizzare le attività di marketing.

 

 

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