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Web Tax, per il Parlamento europeo si può fare

Sarà il Consiglio Ue a stabilire se, come e quando entrerà in vigore la cosiddetta Web Tax. Per il Parlamento europeo, che non ha potere legislativo sulla materia fiscale, ma solamente consultivo, si può fare. E, dice, sarebbe meglio si facesse prima delle prossime elezioni europee, del maggio 2019.

L’assemblea plenaria di Strasburgo, infatti, ha proposto oggi di ampliare il campo di applicazione delle direttive sulla tassazione delle imprese digitali che operano nell’UE.

Il Parlamento ha adottato a maggioranza i suoi due pareri sulle proposte di direttive del Consiglio relative alla tassazione delle imprese con una presenza digitale significativa e alla tassa sui servizi digitali (DST).

La relazione sulla direttiva sulla tassazione delle società con una presenza digitale significativa è stata adottata con 439 voti in favore, 58 voti contrari e 81 astensioni.

La relazione sulla direttiva sulla tassazione dei servizi digitali è stata approvata con 451 voti in favore, 69 voti contrari e 64 astensioni.

Il percorso della Web tax
A marzo 2018 la Commissione europea ha presentato due proposte legislative su una tassazione più equa delle attività digitali nell’UE. La prima proposta (Tassazione delle imprese con una presenza digitale significativa), soluzione privilegiata, mira a riformare le norme sull’imposta sulle società, in modo che gli utili siano registrati e tassati quando le imprese interagiscono con gli utenti attraverso i canali digitali. La seconda proposta (Tassa sui servizi digitali) è un’imposta provvisoria che copre le principali attività digitali che attualmente non sono soggette a tassazione nell’UE.

I deputati hanno aggiunto all’elenco dei servizi che possono essere considerati entrate fiscali la fornitura di “contenuti su un’interfaccia digitale come video, audio, giochi o testi che utilizzano un’interfaccia digitale”, indipendentemente dal fatto che tali contenuti siano di proprietà della società fornitrice o che questa ne abbia acquisito i diritti di distribuzione.

Piattaforme online che vendono contenuti digitali, come Netflix o DAZN, Amazon o Apple, possono quindi essere tassate.

I deputati hanno accettato di ridurre la soglia minima al di sopra della quale i redditi di una società sono soggetti a tassazione.

Le norme si applicheranno a qualsiasi società che generi entrate all’interno dell’UE superiori a 40 milioni di euro durante l’esercizio finanziario in questione, mentre nella proposta della Commissione europea l’importo era di 50 milioni di euro.

Il Parlamemento ritiene la DST (digital services tax in inglese) una misura temporanea.
L’adozione di una direttiva sulla presenza digitale significativa, della base imponibile consolidata comune per le società o di norme analoghe a livello dell’OCSE o delle Nazioni Unite costituirebbe una soluzione permanente, preferibile a tutti gli effetti.

Il relatore sulla tassa sui servizi digitali, il socieldemocratico olandese Paul Tang ha voluto sottolineare che il Parelamento ha “votato in favore di una tassa sui servizi digitali più ambiziosa, tassando anche le entrate derivanti dai servizi di streaming online“.

Per il relatore sulla presenza digitale significativa, il popolare polacco Dariusz Rosati, “Le tasse devono essere pagate quando un’impresa crea il suo valore, indipendentemente dal fatto che si tratti di un’impresa digitale o tradizionale. È giunto il momento di agire“.

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